Secondo l’Amministrazione finanziaria la tassazione della pensione tedesca avviene in Italia
E questo perché il contribuente è residente fiscalmente nel Bel paese
Il caso
Un contribuente italiano ha chiesto chiarimenti in merito al regime fiscale applicabile alle somme percepite da un istituto assicurativo tedesco, sotto forma di rendita periodica, a partire dal 1° novembre 2006, in corrispondenza della cessazione dell’attività lavorativa. Il soggetto riferisce di essere stato fiscalmente residente in Germania fino al periodo di imposta 2018 e di essere fiscalmente residente in Italia dal periodo di imposta 2019. A partire dal 1° novembre 2006, riceve dall’istituto di previdenza tedesco Alfa una rendita periodica per effetto di versamenti volontari, eseguiti e rimasti a carico del proprio datore di lavoro, che hanno avuto inizio nel 1993 e sono terminati nel 2006, in corrispondenza con la cessazione della propria attività lavorativa. Fino al 2018, questa rendita, erogata direttamente dall’istituto previdenziale estero, è stata tassata in Germania, come reddito da pensione, mediante applicazione delle ritenute fiscali previste dalla legislazione tributaria tedesca. Dal 1° gennaio 2019, per effetto della comunicazione del trasferimento della residenza fiscale in Italia, l’istituto previdenziale non ha più operato alcuna ritenuta fiscale. E quindi il contribuente chiede di conoscere, anche ai fini delle convenzioni internazionali, il corretto trattamento fiscale delle somme percepite in forma di rendita periodica dal suddetto istituto di previdenza.
Risposta
L’Agenzia delle entrate specifica come, nel caso di specie il datore di lavoro dell’istante, al fine di assicurare ai propri dipendenti una prestazione privata di previdenza professionale, ha sottoscritto per accettazione un piano previdenziale predisposto dall’istituto previdenziale privato Alfa, indicando i propri dipendenti come beneficiari delle prestazioni. Il diritto alla rendita era condizionato, fra l’altro, al compimento del 60° anno di età e al versamento di premi e/o contributi per almeno dieci anni. Questi sono stati versati dal datore di lavoro, in esecuzione del suddetto piano previdenziale, e sono rimasti a carico esclusivo di quest’ultimo che li ha portati in deduzione dal proprio reddito. Relativamente alle modalità di investimento dei premi/contributi da parte dell’istituto di previdenza, dal piano generale di previdenza risulta che l’investimento, se non assume la forma di un prestito alla medesima azienda datrice di lavoro, deve riguardare esclusivamente modalità garantite da un rendimento minimo.
La rendita, erogata direttamente dall’istituto previdenziale, fino al 2018 è stata tassata in Germania, come reddito da pensione. In tale contesto, la natura di pensione privata integrativa della rendita in esame porta l’Amministrazione fiscale a ritenere che la stessa sia riconducibile, secondo l’ordinamento tributario italiano, ai redditi di cui all’articolo 49, comma 2, lettera a), del Tuir, che equipara ai redditi di lavoro dipendente “le pensioni di ogni genere e gli assegni ad esse equiparati”. Per quanto riguarda le modalità di tassazione, tenuto conto che le somme in questione sono percepite in forma di rendita periodica, trova applicazione il regime di tassazione ordinaria per scaglioni di reddito. Queste, pertanto, in mancanza di sostituto d’imposta, devono essere indicate, nella dichiarazione dei redditi, all’interno del quadro relativo ai redditi di lavoro dipendente. Nel caso in esame, inoltre assume rilievo la Convenzione tra Italia e Germania per evitare le doppie imposizioni, firmata a Bonn il 18 ottobre 1989 e ratificata con legge 24 novembre 1992, n. 459, il cui articolo 18 prevede che le pensioni e le altre remunerazioni analoghe non a carattere pubblico, erogate in relazione ad un cessato impiego, devono essere assoggettate ad imposizione esclusiva nello Stato di residenza del contribuente.