Il ministro dell’economia Martin Guzman fa sapere che l’intesa “garantirà una significativa riduzione del fardello di debito del Paese”. Inoltre “consentirà ai membri dei tre gruppi di creditori di sostenere la proposta di ristrutturazione del debito argentino e di concedere al paese una significativa riduzione degli interessi”.
L’analista Benjamin Gedan del Wilson Center di Washington plaude al superamento di “un’impasse davvero disastrosa che avrebbe potuto escludere l’Argentina dai mercati del credito potenzialmente per anni. Questa disputa prolungata avrebbe lasciato l’Argentina ancora una volta isolata finanziariamente sarebbe stato lo scenario peggiore per tutti i soggetti coinvolti”. Del resto ridurre il servizio del debito per il paese era una priorità politica per il presidente Fernandez, più incline alle trattative con i creditori esteri rispetto alla ex presidente (ora vice) Cristina Kirchner. L’Argentina è in recessione dalla crisi valutaria del 2018, ingabbiata in una spirale inflazionistica a due cifre. E deve 44 miliardi di dollari al Fondo monetario internazionale. Quest’ultimo intanto ha fatto sapere che i debiti del Paese sono insostenibili e ha previsto una contrazione economica di quasi il 10% quest’anno.
Il ritorno del Paese sui mercati del debito nel 2016 era stato accolto con favore. Ma i guai non sono finiti. Buenos Aires potrebbe ora dover affrontare i colloqui con l’Fmi sulla ristrutturazione del piano di salvataggio in essere. E le richieste, dall’altra parte, potrebbero essere sempre le stesse: approvare riforme economiche impopolari nel paese, contrastate dai peronisti al potere.