Un nuovo lockdown durante le festività comporterebbe per negozi e pubblici esercizi un’ulteriore perdita per 10 miliardi di euro, di cui tre miliardi di consumi in bar, ristoranti e altre attività di somministrazione e sette miliardi in acquisti di beni e prodotti
I quattro decreti ristori, nel frattempo, hanno impegnato 18 miliardi di euro di risorse, tra cassa integrazione, rinvio delle scadenze fiscali, finanziamento dei crediti di imposta, garanzie per il credito e la liquidità, e contributi a fondo perduto per le imprese
De Luise: “Per le nostre aziende la priorità è lavorare e tutte sono in grado di garantire la massima sicurezza. Ma se l’andamento epidemiologico dovesse riportare a un nuovo lockdown, lo si faccia con chiarezza e non si lascino le imprese nell’incertezza”
De Luise: “Non si lascino le imprese nell’incertezza”
“Il covid-19 è una tragedia di dimensioni inimmaginabili – interviene Patrizia De Luise, presidente nazionale di Confesercenti – Per combatterlo e sconfiggerlo, sarà indispensabile che ciascuno di noi faccia la propria parte. Tutti ci siamo trovati all’improvviso più fragili e più soli, con una grande incertezza e preoccupazione verso il futuro. Un senso di vuoto, di impotenza, ma anche un grande impegno per fare tutto il possibile per garantire il ritorno alla normalità”. “I rumor di queste ultime ore”, aggiunge, “ci preoccupano tantissimo”. “Per le nostre imprese la priorità è lavorare e tutte sono in grado di garantire la massima sicurezza. Ma se l’andamento epidemiologico dovesse riportare a un nuovo lockdown, lo si faccia con chiarezza e non si lascino le imprese nell’incertezza”.
Lockdown nei giorni festivi? A rischio 10 miliardi di euro
Secondo De Luise, infatti, chiusure “totali” tra il 23 dicembre e il 6 gennaio rappresenterebbero un “duro colpo” per le pmi e comporterebbero per negozi e pubblici esercizi un ulteriore buco da 10 miliardi di euro, di cui tre miliardi di consumi in bar, ristoranti e altre attività di somministrazione e sette miliardi in acquisti di beni e prodotti. Nel complesso, spiega, si rischierebbe di spingere la perdita di spesa da -4,7 miliardi a -14 miliardi, acuendo la contrazione annua di un ulteriore 1,4% (in aggiunta al -10,5% del 2019). Intanto, infatti, l’impatto atteso della pandemia sulle pmi tricolori resta a tinte fosche. Stando alle stime, a fine anno il 32% degli esercizi commerciali e il 42,4% delle imprese di alloggio e ristorazione registrerebbero perdite di fatturato superiori al 50%. Nel settore del commercio e del turismo restano a rischio chiusura circa 150mila attività, di cui 70mila negozi e 80mila aziende operative nei comparti dell’alloggio e della ristorazione. “Di fronte a queste perdite”, interviene Vittorio Messina, presidente di Assoturismo Confesercenti, “servono investimenti destinati alle imprese per traghettarle alla fine della pandemia. Il decreto ristori porta in sé alcune importanti novità a sostegno del settore, ma non bastano. Occorre una nuova immissione di liquidità nel comparto e abbandonare la logica dei codici Ateco”.
Decreti ristori: impegnati 18 miliardi di euro di risorse
I quattro decreti ristori, nel frattempo, hanno infatti impegnato complessivamente 18 miliardi di euro di risorse, tra cassa integrazione, rinvio delle scadenze fiscali, finanziamento dei crediti di imposta, garanzie per il credito e la liquidità e contributi a fondo perduto per le imprese. “Troppo pochi per ripianare le perdite innescate dall’emergenza, soprattutto in caso di un nuovo stop durante le feste”, denuncia Confesercenti. Per non dimenticare poi i tempi di adozione e di implementazione delle misure, altro punto critico della risposta italiana nel contesto europeo. “Le procedure per richiedere i contributi sono risultate spesso complicate, le scelte tecniche frammentarie, finendo per dare l’impressione di difficoltà insormontabili soprattutto ai piccoli imprenditori”, aggiunge l’associazione. “L’Europa si è mossa con rapidità. La sospensione dei vincoli di bilancio ha permesso di utilizzare ulteriori risorse. Quelle iniettate nel nostro sistema sono state importanti, ma rispetto ad altri paesi i tempi di adozione e implementazione delle misure sono stati insoddisfacenti”, precisa De Luise, sottolineando come questa situazione abbia contribuito a diffondere, soprattutto tra le imprese di minori dimensioni, “una sensazione di abbandono”.
“L’Italia riparta da una riforma del sistema fiscale”
Resta infine viva la questione dell’eccessiva pressione fiscale che grava su famiglie e imprese italiane: nel 2020, precisa Confesercenti, il peso delle entrate sul prodotto interno lordo italiano crescerà dello 0,5% rispetto al 2019, mentre la pressione contributiva potrebbe registrare un incremento dello 0,8%. “Una pronta uscita dalla più profonda recessione mai sperimentata dalla Repubblica italiana non può dunque prescindere da un intervento di riforma del sistema fiscale”, spiega l’associazione. Per farlo, conclude, sarebbe necessario introdurre per le pmi del commercio e del turismo (che hanno registrato perdite del fatturato superiori o pari al 50% rispetto allo scorso anno) un regime di fiscalità di vantaggio, che preveda detrazioni straordinarie “per complessivi 3,5 miliardi di euro su ognuna delle dichiarazioni fiscali del 2021 e del 2022”. In questo modo, alle aziende colpite dall’emergenza pandemica sarebbe implicitamente riconosciuto un ristoro “in divenire” fino a 10mila euro annui.