Il mercato dei green bond ha superato i 250 miliardi di dollari nel 2019, equivalenti a circa il 3,5% del totale delle emissioni obbligazionarie globali
Le “etichette verdi” vengono oggi applicate a singoli progetti, le cui riduzioni di Co2 potrebbero venire compensate da una crescita delle emissioni nel resto dell’azienda
Timmermans: “L’Unione europea venderà 225 miliardi di euro di green bond”
Non è tutto “green” quello che luccica. Secondo il report Green bonds and carbon emission: a proposal to rate corporate issuers della Bank for international settlements, non esistono prove evidenti che l’emissione di obbligazioni verdi sia associata anche a una parallela contrazione delle emissioni di carbonio a livello aziendale. Nello specifico, spiegano gli autori Frank Packer e Torsten Ehlers, le “etichette verdi” vengono oggi applicate a singoli progetti, le cui riduzioni di Co2 potrebbero venire compensate da una crescita delle emissioni nel resto dell’azienda. Ma andiamo per gradi.
L’interesse per la finanza sostenibile negli ultimi anni ha conosciuto una rapida escalation. Stando all’analisi,
il mercato dei green bond ha superato i 250 miliardi di dollari nel 2019, equivalenti a circa il 3,5% del totale delle emissioni obbligazionarie globali (7,15 trilioni di dollari). Le istituzioni private, in questo contesto, hanno sviluppato certificazioni e standard che assegnano alle emittenti un’etichetta verde qualora i singoli progetti siano ritenuti sufficientemente in linea con i
Green bond principles dell’International capital market association, considerando fattori come l’utilizzo dei proventi per attività ecosostenibili, la gestione degli stessi in modo trasparente, tracciabile e verificabile, e l’ammissibilità del progetto. Ma un importante passo in avanti è stato compiuto nel 2019 dal Technical expert group, che il sei marzo ha pubblicato una proposta a livello europeo sui
Green bond standard nell’ambito del Piano d’azione della
Commissione europea a sostegno della crescita sostenibile. Questo standard, spiegano i ricercatori, “prevede criteri di ammissibilità dettagliati per i progetti verdi e richiede l’autorizzazione ufficiale e la supervisione di revisori terzi”, assicurando in questo modo “un elevato livello di coerenza e di credibilità” e consentendo a “un’ampia gamma di imprese di emettere
green bond e avviare progetti verdi”.
Ma gli investitori non devono credere che l’emissione di obbligazioni verdi sia in ogni caso indicativa di aziende che registrano basse
emissioni di carbonio o in diminuzione. La Bank for international settlements ha distinto le emissioni in tre categorie: le emissioni dirette (definite “scope 1”), le emissioni indirette legate all’energia acquistata (“scope 2”) e le emissioni indirette legate alla supply chain (“scope 3”). Considerando la distribuzione dell’intensità di emissione di carbonio (tonnellate di Co2 per milione di dollari di entrate) su un campione di 16mila imprese quotate nel 2018, è emerso che il 2% aveva emesso obbligazioni verdi. Ciononostante, per gli scope 1 e gli scope 1-2 una porzione maggiore di emittenti di obbligazioni verdi registra un’intensità di emissione di carbonio di oltre 100 tonnellate di Co2 per milione di dollari di entrate, mentre per gli scope 1-3 le aziende con la più alta intensità di carbonio comprendono quote uguali di emittenti di obbligazioni verdi.
Fonte: Bank for international settlements
I ricercatori hanno poi calcolato l’intensità delle emissioni di carbonio delle imprese prima e dopo l’emissione del loro primo
green bond, sia per lo scope 1 che per lo scope 1-3. Quello che è emerso è che se l’intensità di carbonio si è contratta nei due anni successivi all’emissione, successivamente ha ripreso ad aumentare.
Circa il 60% delle emittenti di green bond ha evidenziato in particolare una riduzione delle intensità di emissioni dirette di carbonio dopo tre anni e un calo di solo il 30% se si considerano le emissioni indirette legate all’energia acquistata e alla supply chain. “Poiché questi risultati non sono statisticamente significativi, non esiste un modello chiaro per stabilire se l’emissione di
green bond abbia portato a un incremento o a una riduzione delle intensità di carbonio delle loro emittenti”, si legge nello studio. “I risultati non implicano che i progetti finanziati dai
green bond non abbiano prodotto i benefici ambientali promessi, ma indicano semplicemente che l’emissione di obbligazioni verdi non ha portato a un livello significativamente inferiore dell’intensità di carbonio a livello d’impresa”. Bisogna però tenere conto anche della tipologia di azienda. “La maggior parte delle imprese con intensità di carbonio molto elevate in tutti gli ambiti sono produttori di energia”, spiegano i ricercatori. Sull’altro fronte si posizionano invece
le imprese finanziarie, specialmente le banche, più attive nell’emissione di
green bond e con le minori intensità di emissioni di carbonio.
In definitiva, la soluzione possibile secondo la Bank for international settlements sarebbe quella di costituire un sistema di rating “green” a livello aziendale, che permetterebbe di raggiungere tre obiettivi fondamentali: darebbe alle società un incentivo in più per contribuire al raggiungimento degli obiettivi climatici, accompagnerebbe gli investitori nei loro processi decisionali e permetterebbe agli investitori e ad altre parti interessate (come le autorità di regolamentazione e i responsabili politici) di verificare i progressi delle aziende e i traguardi raggiunti in termini di mitigazione del clima.
Ue, Timmermans: è l’ora dei green bond
Intanto, il vicepresidente esecutivo della Commissione europea Frans Timmermans ha affermato in un’intervista rilasciata a Bloomberg Tv che la crescente domanda di obbligazioni verdi rappresenta oggi un’opportunità per l’Europa, che dovrebbe iniziare a vendere fino a 225 miliardi di euro di titoli. I proventi, si legge su Bloomberg, saranno utilizzati per contrarre le emissioni di carbonio e rendere l’Europa il primo continente climaticamente neutro al mondo.
Le parole di Timmermans arrivano dopo che la Commissione ha proposto una contrazione di almeno il 55% delle emissioni di carbonio dell’Unione europea entro il 2030. “L’European green deal è il nostro modello per la trasformazione – ha dichiarato Ursula von der Leyen nel suo primo discorso annuale sullo stato dell’Unione da presidente della Commissione europea – Al centro c’è la nostra missione: diventare il primo continente climaticamente neutro entro il 2050. Non ci arriveremo con lo status quo: dobbiamo andare più veloci e fare le cose meglio”.
Il mercato dei green bond ha superato i 250 miliardi di dollari nel 2019, equivalenti a circa il 3,5% del totale delle emissioni obbligazionarie globaliLe “etichette verdi” vengono oggi applicate a singoli progetti, le cui riduzioni di Co2 potrebbero venire compensate da una crescita delle emissioni…