A giugno l’indice dei prezzi al consumo statunitense ha raggiunto il 5,4%; anche la sua versione “core” ha toccato il 4,5%, segnando il record dal 1991
Le componenti maggiormente responsabili dell’aumento dei prezzi non indicano l’avvio di una spirale salari-prezzi, anche se alcune avvisaglie sono visibili nella ristorazione
Per la presidente della Fed di San Francisco, Mary Daly, il tapering potrebbe scattare già entro fine anno; ma parlare di rialzi dei tassi è ancora “prematuro”
A livello generale, il confronto con i prezzi del giugno 2020 è influenzato dal pronunciato raffreddamento che aveva caratterizzato i primi mesi della pandemia. E’ il cosiddetto base-effect: l’inflazione sale oltre misura su base annua perché, nell’anno precedente, si era verificato un rallentamento anomalo. L’ampiezza di questo fenomeno ha raggiunto il suo massimo a maggio, ma è rimasta significativa anche per il mese di giugno.
Inflazione Usa, i fattori transitori
Se si entra nel dettaglio delle componenti responsabili dell’aumento dei prezzi al consumo a giugno a emergere è, innanzitutto, il contributo dei prezzi energetici e in particolare della benzina (+54,1% sull’anno). Se si esclude l’energia, il cui andamento è legato a doppio filo alla ripresa della domanda post-lockdown, a giugno il grande protagonista dell’inflazione è stato il mercato automobili usate, in accelerazione del 10,5% su base mensile e del 45,2% sull’anno.
Anche su questo settore incide la fase transitoria della ripartenza. Il boom della domanda di auto usate è stato provocato, infatti, dalle grandi compagnie di noleggio come Alamo e Enterprise, le quali avevano affrontato le difficoltà dell’anno scorso vendendo parte delle rispettive flotte. Ora che la richiesta dei trasporti è tornata a crescere, queste società si stanno rivolgendo al mercato dell’usato per ripristinare il proprio parco macchine.
Nel frattempo, anche i veicoli nuovi hanno accelerato il ritmo dei prezzi, con una variazione mensile del 2% a giugno seguita agli incrementi dell’1,6% e 0,5% registrati rispettivamente a maggio e aprile. Sulla produzione delle auto nuove continua a pesare la carenza sul mercato dei semiconduttori, componenti essenziali per tutte le applicazioni elettroniche. Su questo fronte la crisi potrebbe durare ancora alcuni mesi, per poi allentarsi progressivamente con l’adeguamento dell’offerta da parte dei produttori di chip.
Il fatto che il surriscaldamento dell’inflazione americana sia dovuto, in particolare, a forti aumenti localizzati in poche categorie viene ben rappresentato dall’indice dei prezzi al consumo mediano, elaborato dalla Fed di Cleveland. Questo indicatore esclude le componenti che hanno registrato nel mese le variazioni più pronunciate: la Fed lo reputa ancor più rappresentativo dei trend di fondo di quanto non lo sia l’indice “core”. Il median CPI è rallentato su base mensile dal +0,3% di maggio al +0,2% del mese scorso, con una variazione annua del 2,2% (lo scorso gennaio era al 2,1%).
Inflazione Usa, gli elementi di lungo periodo
Per individuare gli elementi che potrebbero indicare un aumento di lungo periodo lo sguardo andrà a posarsi sulle componenti più influenzate dalle dinamiche salariali. Nello scenario che da tempo preoccupa gli economisti, infatti, la domanda di lavoro da parte delle imprese americane non trova una pronta disponibilità. La necessità di offrire retribuzioni più alte per colmare questi vuoti, a quel punto, si potrebbe trasmettere sul prezzo di prodotti e servizi.
In quest’ottica, il costo degli alimenti “fuori casa”, categoria che include i prezzi della ristorazione, potrebbe essere considerato un primo rincaro imputabile al mercato del lavoro. Non si tratta, infatti, di un settore che aveva sperimentato un calo dei prezzi nei primi mesi della pandemia. L’incremento annuo è stato del 4,2% a giugno (+6,2% nel solo comparto fast food), mentre il costo degli alimenti per il consumo domestico è salito solo dello 0,9. I rincari nella ristorazione discendono con maggiore probabilità dalle difficoltà nel reperimento del personale da parte delle imprese.
Anche l’aumento dei prezzi relativo agli affitti probabilmente non si rivelerà transitorio. Il costo delle locazioni è salito costantemente da dicembre e a giugno l’incremento annuo ha toccato il 2,6%.
La reazione della Fed e l’avvicinamento del tapering
L’aumento dell’inflazione a giugno “era atteso” e il trend potrebbe durare ancora per un paio di mesi, ha dichiarato la presidente della Fed di San Francisco, Mary Daly, uno dei componenti “colomba” del Federal open market committee. “Non vedo come ciò che sta accadendo nel mercato delle auto usate, o nei prezzi delle compagnie aeree o nel turismo più in generale” possa estendersi agli altri settori, ha dichiarato Daly in un’intervista alla Cnbc andata in onda martedì, “è tutto questo che facendo davvero salire i numeri dell’inflazione”.
Secondo Daly, parlare oggi di rialzi dei tassi è ancora “prematuro”, ma non lo è per l’avvio del tapering, ossia per la riduzione del volume di acquisti di titoli da parte della Fed – che ogni mese acquista 120 miliardi di dollari in Treasuries e mortgage-backed securities.
“E’ opportuno iniziare a parlare di riduzione degli acquisti di asset, riducendo alcune delle politiche accomodanti che abbiamo fornito all’economia”, ha dichiarato Daly, “la mia personale visione è che saremo probabilmente in una buona posizione per fare il tapering entro fine anno o all’inizio del prossimo”.