Stando a un nuovo report di S&P Global Ratings, più di due aziende italiane valutate su cinque hanno un outlook negativo e potrebbero quindi rischiare il declassamento
Imprese italiane sotto la lente di S&P Global Ratings: outlook negativo per il 42% delle aziende valutate
Per vedere i ricavi delle aziende tornare ai livelli del 2019 bisognerà attendere il 2022 (2023 nello scenario più pessimistico)
Secondo gli esperti di S&P, il sostegno dello Stato alle imprese sul fronte dei finanziamenti è stato “determinante”. Ma l’agenzia di rating non esclude un possibile aumento significativo dei default una volta terminato il sostegno statale
Su 43 aziende italiane valutate, il 42% presenta attualmente un outlook negativo, risultando quindi esposto a un potenziale downgrade. Un dato sicuramente poco incoraggiante ma in linea con la media europea. A svelarlo è l’analisi annuale condotta sulle aziende italiane da S&P Global Ratings. Il rischio declassamento, precisa il report, riflette sia gli effetti dello shock pandemico che le debolezze idiosincratiche (specifiche, ndr) delle singole aziende. “Nel 2020 – ricorda l’agenzia – abbiamo intrapreso azioni di rating negativo su 18 società principalmente a causa della pandemia”.
Guardando ai ricavi, per tornare ai valori pre-covid bisognerà aspettare ancora qualche anno. Più precisamente, a detta degli esperti di S&P, i livelli del 2019 si rivedranno solo a metà del 2022, con una crescita annua media dei ricavi leggermente superiore al Pil. Tuttavia, nello scenario più pessimistico, al quale l’agenzia assegna una probabilità del 40%, sarà necessario attendere fino al 2023. Sempre a metà del 2022, la leva finanziaria e la redditività dovrebbero tornare ai livelli de 2019 (a metà del 2023 nello scenario negativo). Inoltre, è interessante notare come rispetto alle società investment-grade, quelle speculative-grade mostrino un deterioramento più pronunciato della leva finanziaria ma al contempo una maggiore velocità di recupero.
Per quanto riguarda gli investimenti da parte delle imprese, è atteso un calo medio del 12% nel 2020, con un recupero progressivo nel biennio successivo. Una media che, precisa S&P, nasconde grandi differenze tra le imprese, in quanto quelle con bilanci solidi hanno continuato a investire nel 2020. “La fiducia delle imprese gioca un ruolo chiave nel capex (capital expenditure, ndr), e nello scenario negativo prevediamo un rimbalzo più lento nel 2021. Ci aspettiamo che i nuovi incentivi fiscali del governo italiano stimoleranno gli investimenti in digitalizzazione e sostenibilità nel 2021-2022” scrivono gli esperti.
Infine, S&P giudica “determinante” il sostegno dello Stato alle imprese in termini sul fronte dei finanziamenti (prestiti con garanzia statale e moratorie sul debito). Un sostegno (esteso fino alla metà del 2021) che ha permesso di evitare una crisi di liquidità, in particolare per le piccole imprese. Ma l’agenzia di rating avverte: “monitoreremo la situazione per vedere se, una volta terminato il sostegno statale, i default delle aziende aumenteranno in modo significativo”.
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