Secondo alcune cifre ufficiose, sarebbero necessari altri 10 miliardi, che porterebbero il conto complessivo del provvedimento a scavalcare la soglia dei 40 miliardi
A complicare i conti anche il capitolo lavoro, che punterebbe a superare a sua volta i 10 miliardi (contro i sei miliardi di partenza)
Il rebus dei ristori continua a intricarsi, mentre le nuove chiusure in vista complicano un quadro già difficile sul fronte delle risorse e dell’impianto del decreto atteso. Una situazione rimasta congelata a lungo dalla crisi di governo e che, ancora oggi, fatica a trovare soluzione. E i 32 miliardi di extra deficit approvati dal Consiglio dei ministri nel mese di gennaio potrebbero oggi non bastare.
Secondo le cifre ufficiose raccolte da Il Sole 24 Ore, mancherebbero all’appello almeno 10 miliardi, che porterebbero il conto complessivo del provvedimento a superare la soglia dei 40 miliardi. La sfida, spiega il quotidiano economico-finanziario, è tra le risorse a disposizione e l’arco temporale da coprire. L’esecutivo Draghi intenderebbe infatti chiudere il cerchio delle misure emergenziali dispiegate nel 2020, compensando chi è rimasto escluso dal sistema dei codici Ateco e dal calcolo delle perdite legate al mese di aprile. Ma le ipotesi circolate finora sui ristori calibrati su base annua richiederebbero una copertura più consistente, spingendo le discussioni verso un nuovo scostamento di bilancio.
Certo, resta il problema tempistiche, considerando che un ampliamento delle risorse imporrebbe un ulteriore slittamento di circa 10 giorni dell’approdo del testo definitivo sul tavolo del Consiglio dei ministri, dopo il rinvio –
già annunciato – alla prossima settimana. Ma a rendere difficili i conti (e la coperta troppo corta) sono non solo i 10-12 miliardi di euro preventivati per elargire i contributi a fondo perduto a favore di commercianti, autonomi e partite Iva, ma anche il capitolo lavoro, che punterebbe a superare a sua volta i 10 miliardi (contro i sei miliardi di partenza).
Liquidità per famiglie e imprese: a che punto siamo
Mentre continuano le discussioni e la ricerca di soluzioni alternative, arrivano anche i conti sulle misure a sostegno della liquidità dispiegate fino ad ora. Stando ai dati raccolti dalla task force composta da Mef, Mise, Abi, Banca d’Italia, Mediocredito Centrale e Sace, al 26 febbraio sono pervenute oltre 2,7 milioni di domande di moratoria, su prestiti per circa 293 miliardi di euro. Le cifre dispiegate dall’istituto guidato da Ignazio Visco, in particolare, rivelano come circa il 95% delle domande o delle comunicazioni relative alle moratorie sia stato già accolto dalle banche, il 4% è stato rigettato, mentre la parte restante è in corso di esame.
Andando a districare la matassa, il 43% delle domande provengono da società non finanziarie per prestiti per 188 miliardi. Quanto alle piccole e medie imprese, invece, le richieste ai sensi del decreto “cura Italia” ammontano a 1,3 milioni, per prestiti e linee di credito pari a 153 miliardi. Le domande delle famiglie, inoltre, equivalgono a prestiti per 95 miliardi. Gli istituti di credito hanno registrato oltre 200mila domande di sospensione delle rate del mutuo sulla prima casa (per un importo medio sui 94mila euro), mentre Abi e Assofin hanno raccolto 576mila adesioni di moratoria da parte delle famiglie per 27 miliardi di prestiti.
Seguono le richieste pervenute al Fondo di garanzia tra il 17 marzo 2020 e il 9 marzo 2021 che, stando ai dati di Mise e Mediocredito Centrale, ammontano a 1.785.632 per un valore di 144,4 miliardi di euro. Di queste, 1.102.398 riguardano i prestiti fino a 300mila euro con una copertura al 100%, per un importo finanziato che si aggira sui 21,5 miliardi di euro. Chiudono il cerchio i finanziamenti garantiti nell’ambito di “Garanzia Italia” di Sace. Si parla di un totale di 1.626 operazioni per 21,9 miliardi di euro. Di questi, circa 8,8 miliardi sono relativi alle prime nove operazioni garantite con la procedura ordinaria del decreto liquidità, relativa alle imprese di grandi dimensioni con oltre 5.000 dipendenti e un fatturato superiore agli 1,5 miliardi di euro.
Secondo alcune cifre ufficiose, sarebbero necessari altri 10 miliardi, che porterebbero il conto complessivo del provvedimento a scavalcare la soglia dei 40 miliardiA complicare i conti anche il capitolo lavoro, che punterebbe a superare a sua volta i 10 miliardi (contro i sei miliardi di partenza)
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