La tassazione del collezionista d’arte
La vendita di opere d’arte può generare delle plusvalenze tassabili in capo al collezionista. Per plusvalenza si intende la differenza positiva tra il provento della vendita e il costo di acquisto dell’opera.
Ai fini della verifica della tassazione possono sinteticamente rilevare tre elementi:
- le caratteristiche del soggetto che effettua la vendita delle opere d’arte. Dal punto di vista fiscale i collezionisti vengono distinti in tre categorie: mercante d’arte, speculatore occasionale e collezionista puro;
- l’intento che anima la vendita: profitto, speculazione o semplice dismissione patrimoniale;
- il tempo intercorso tra l’acquisto e la vendita dell’opera: breve, medio e lungo termine.
Si renderà dunque necessario effettuare un’indagine caso per caso perché non è immediata la verifica di questi elementi soprattutto con riferimento all’intento che anima la vendita. Nelle situazioni più incerte il collezionista può avanzare una richiesta di interpello all’Agenzia delle Entrate per avere una interpretazione della normativa fiscale applicabile al suo caso rimanendo comunque libero di adeguarsi o meno alla risposta. In ogni caso è essenziale l’aspetto documentale che costituirà il supporto per giungere ad un corretto inquadramento dell’operazione.
A questo punto occorre distinguere i comportamenti che caratterizzano il mercante d’arte, lo speculatore occasionale e il collezionista puro per poi applicare il corretto trattamento fiscale alle plusvalenze realizzate.
Il mercante d’arte con continui acquisti e vendite di opere d’arte esercita di fatto un’attività commerciale finalizzata a generare profitti. In tal caso l’attività è esercitata con abitualità e professionalità. E’ irrilevante che ricorra una organizzazione con persone o mezzi. L’elemento temporale è di breve periodo nel senso che le vendite si susseguono agli acquisti. Le vendite delle opere vengono dunque tassate come reddito di impresa al netto delle spese inerenti.
Si rende dovuta l’Iva sulle vendite. Si applica l’Irap se ricorre l’autonoma organizzazione.
In questa ipotesi il collezionista-mercante dovrebbe quindi identificarsi fiscalmente come un operatore economico (con partita Iva e presentando la dichiarazione dei redditi). In caso contrario rischia di essere accertato con applicazione di sanzioni e interessi oltre alle imposte non dichiarate e nei casi più gravi è passibile di una responsabilità penale.
Lo speculatore occasionale è una persona fisica che effettua isolate operazioni di acquisto e rivendita di opere d’arte. Ai fini fiscali l’attività dello speculatore occasionale è considerata come un’attività commerciale non esercitata abitualmente.
Gli acquisti in questo caso sono considerati come finalizzati al successivo realizzo mediante la vendita dell’opera oppure sono compiuti atti preparatori tesi alla valorizzazione dell’opera prima della rivendita. Vi è dunque una correlazione tra l’acquisto e la successiva rivendita. L’intento è quello di lucro o la speculazione.
Le operazioni di acquisto e rivendita sono saltuarie e avvengo nel breve-medio termine.
La vendita dell’opera viene tassata con le regole dei redditi diversi al netto delle spese inerenti.
Non si rende dovuta l’Iva perché manca il requisito dell’abitualità dell’attività.
Non si rende dovuta l’Irap perché manca il requisito dell’autonoma organizzazione.
Il collezionista d’arte puro, infine, non possiede nessuna delle caratteristiche viste per le altre due categorie esaminate ai fini della tassazione. Viene considerato come un “custode” delle opere ed è mosso dalla passione per l’arte. Il suo fine è quello appunto di creare una collezione.
La dismissione delle opere può avvenire tendenzialmente per acquistare altri lavori di qualità superiore o per mutamenti nella ricerca artistica o ancora per ragioni economiche o per l’impossibilità di continuare nell’intento (ad es. per malattia, divorzio, pianificazione successoria).
Tra gli acquisti e le successive rivendite normalmente intercorre un lungo lasso di tempo.
Le vendite realizzate in questo caso non sono soggette a tassazione e ciò soprattutto nei casi in cui sia dismessa una collezione ereditata o ricevuta per donazione in quanto è implicita in tali casi l’assenza di lucro.
Alcuni esempi pratici tratti dai casi giudiziari più recenti possono aiutare a comprendere le situazioni in cui i collezionisti si contrappongono all’Agenzia delle Entrate. Alla base ci sono comportamenti da evitare e quelli da seguire. Tenendo conto degli elementi che i giudici hanno considerato dirimenti per inquadrare il collezionista nella corretta categoria di appartenenza.