La Juventus ha ottenuto un’importante pronuncia sull’uso dei marchi riprodotti in figurine digitali immesse sul mercato come non fungible token (NFT) da una società non autorizzata. Il tribunale di Roma ha infatti inibito la produzione, commercializzazione, promozione e offerta in vendita, diretta o indiretta, in qualsiasi modo e forma, degli NFT e dei contenuti digitali contenenti i marchi JUVE e JUVENTUS e il marchio figurativo costituito dalla maglia a strisce verticali bianco e nere con due stelle sul petto (ordinanza del 20.07.2022). Nell’immagine ditale commercializzata la maglia era indossata da un ex calciatore che in passato aveva militato nella squadra di calcio. Ma mentre l’ex calciatore aveva ceduto i diritti di sfruttamento della propria immagine alla società poi condannata lo stesso non era accaduto per la Juventus che si è quindi dichiarata all’oscuro della vicenda.
La violazione contestata dalla Juventus ha assunto una connotazione ancora più significativa poiché la società calcistica cura un’intensa attività di merchandising in vari settori come abbigliamento, accessori e giochi sia sul web sia tramite punti vendita in diverse città in Italia con l’utilizzo dei suoi marchi registrati. Pertanto, l’uso ai fini commerciali dei propri marchi riprodotti sulle figurine digitali non autorizzate, immediatamente riconducibili alla squadra, poteva generare una confusione nel pubblico così indotto a individuare un collegamento tra le figurine digitali e la loro provenienza dalla stessa Juventus o da imprese ad essa economicamente collegate. È stata quindi rilevata dai giudici una violazione della legge sul diritto d’autore. Infatti, nella registrazione dei marchi fatta dalla società di calcio era stato espressamente indicato che la registrazione riguardava anche prodotti inerenti pubblicazioni elettroniche scaricabili.
In considerazione della circostanza poi che gli NFT erano commercializzati dalla società condannata non solo direttamente ma anche grazie alle rivendite successive effettuate dagli acquirenti nel mercato secondario è stato imposto dal tribunale anche il ritiro dal commercio e la rimozione da ogni sito internet e da ogni pagina internet direttamente e/o indirettamente controllati dalla stessa società degli NFT e dei contenuti digitali ad essi associati o prodotti in genere. Ciò in quanto su tali ulteriori transazioni la società percepiva una commissione a titolo di royalty, secondo lo schema tipico delle transazioni che riguardano gli NFT. Ai provvedimenti inibitori si è accompagnata anche una penale per il ritardo nell’esecuzione dei provvedimenti inibitori o di violazione degli stessi, di 500 euro per ogni giorno di ritardo o per ogni violazione.
Il tema degli NFT e dei contenuti digitali ad essi abbinati, commercializzati senza autorizzazione del titolare, rappresenta uno dei rischi maggiori collegati all’acquisto di NFT. Questo fenomeno sta interessando gran parte dei beni collezionabili nativi digitali o convertiti in digitale immessi sul mercato.
Nel settore dell’arte sono stati già registrati alcuni casi di NFT ritirati dalla vendita dopo il diniego alla commercializzazione da parte dell’artista o dell’archivio correlato. Uno dei primi e più noti casi in tal senso ha riguardato il disegno “Free comb with pagoda” di Jean Michel Basquiat il cui NFT a fine aprile del 2021 è stato ritirato dal mercato una volta che l’archivio ha contestato che nessuna licenza o diritto era stato ceduto al collezionista che lo aveva messo in vendita.