La recente risposta 463 dell’Agenzia delle entrate in materia di monitoraggio fiscale offre lo spunto per delineare l’attuale contesto normativo e fiscale delle polizze vita unit-linked emesse da compagnie non residenti in Italia, in regime di libera prestazione di servizi.
Nel corso degli ultimi 10 anni, le unit-linked estere sono state soggette a numerosi interventi di natura fiscale e regolamentare che hanno creato un puzzle a volte di difficile interpretazione per uno strumento di pianificazione patrimoniale e successoria sempre più utilizzato dai cosiddetti High Net worth individual (Hnwi).
Le polizze bi-optate
A cominciare dalla possibilità per le compagnie estere, introdotta nel 2011, di optare per l’applicazione dell’imposta sostitutiva sui redditi di capitale estera direttamente o tramite un rappresentante fiscale residente in Italia e la possibilità di assolvere l’imposta di bollo in maniera virtuale. Da qui il termine “bi-optate”, sovente utilizzato per le polizze emesse dalle compagnie estere che hanno adottato tale scelta.
Il vantaggio per il sottoscrittore delle polizze bi-optate sembrava essere finalmente quello di evitare il monitoraggio fiscale in dichiarazione (Modello Rw); purtroppo, nonostante le aspettative, ancora oggi l’Agenzia permette con certezza l’esonero da Rw solo se viene conferito a un intermediario residente l’incarico di riscossione di tutti i flussi connessi con l’investimento, con il disinvestimento e il pagamento dei proventi derivanti dalle polizze assicurative a contenuto finanziario; in tal senso gli intermediari finanziari, in particolare le società fiduciarie, hanno da tempo adottato lo schema del “Masi”, ovvero del mandato senza intestazione fiduciaria.
Il cortocircuito tra Rw, Crs e intermediari
Tuttavia, tale schema, con l’entrata in vigore dello scambio di informazioni automatico in ambito internazionale (Dac1 e Crs), sta creando problemi ai contraenti delle polizze, per via di un cortocircuito che si è creato tra Rw, Crs e intermediari residenti. Infatti il contraente è già “segnalato” in anagrafe tributaria dall’intermediario residente e legittimamente non compila l’Rw, mentre la compagnia, trattandosi pur sempre di un investimento estero, invia le informazioni all’Agenzia delle entrate attraverso i canali di cooperazione internazionale attraverso l’autorità fiscale estera. A quel punto l’Agenzia incrocia il dato ricevuto con la dichiarazione del contraente non trovando l’investimento estero, e chiede quindi chiarimenti. Il contraente deve quindi scrivere all’Agenzia spiegando che non era obbligato a fare l’Rw, avendo spesso a che fare con funzionari locali poco esperti della materia.
Sul punto sarebbe forse giunto il momento per un “restyling” del Modello Rw (e non solo a motivo delle polizze estere), al fine di evitare queste sempre più frequenti situazioni di “falsi positivi” che si sono creati con l’entrata in vigore dello scambio di informazioni automatico.
A livello tributario ci si domanda sull’utilità di un Modello Rw che è sempre più svuotato di significato quando la stessa informazione viene già fornita dal fisco estero.
Le novità introdotte dalla Legge di Stabilità del 2015
Proseguendo con le novità, la Legge di Stabilità del 2015 ha poi introdotto la tassazione dei capitali erogati in dipendenza di polizze assicurative sulla vita per il caso morte (mantenendo l’esenzione solo per il solo capitale erogato a copertura del rischio demografico). Fino a tale modifica, infatti, i capitali erogati erano totalmente esenti ai fini Irpef in caso di decesso dell’assicurato, oltre che esenti da imposte di successione.
La voce dell’Ivass
Arrivando a epoche più recenti, anche l’Istituto di Vigilanza sulle Assicurazioni (Ivass) ha fatto sentire la sua voce in campo fiscale con il provvedimento n. 111 del 13/07/2021, che arriva a ricomprendere le imprese assicurative estere che operano in Italia in regime di libera prestazione di servizi tra i destinatari degli obblighi di monitoraggio fiscale di cui al Dl n. 167/90, al pari degli altri intermediari residenti.
In pratica si tratta, per la compagnia estera, di segnalare i movimenti di capitale dall’Italia verso l’estero o viceversa, relativi al contratto assicurativo.
Tale obbligo appare già di per sé ridondante, considerato che normalmente i trasferimenti di capitale dall’Italia verso l’estero o viceversa (tranne il trasporto al seguito di contante) avvengono già attraverso il canale bancario, e sono quindi già segnalati dall’intermediario residente.
Se lo scopo era invece quello di attrarre a monitorare i movimenti estero su estero che sfuggono al circuito degli intermediari residenti (es. polizza lussemburghese alimentata con fondi situati su conto svizzero) è evidente che sia il provvedimento che l’art. 1 del Dl n. 167/90 nulla prevedono al riguardo.
La pronuncia dell’Agenzia delle entrate 463/2022
L’Agenzia delle entrate, con la risposta n. 463 del 21 settembre 2022 ha supportato la legittimità del provvedimento Ivass n. 111, ricordando che è stato previsto che rientrino nella categoria degli intermediari bancari e finanziari, sottoposti a obblighi di antiriciclaggio e monitoraggio fiscale, anche «gli intermediari bancari e finanziari di cui al presente comma aventi sede legale e amministrazione centrale in un altro Stato membro, stabiliti senza succursale sul territorio della Repubblica italiana».
La risposta afferma però che “… sono tenute agli obblighi di monitoraggio di cui all’articolo 1 del decreto legge n. 167 del 1990, tutte le imprese di assicurazione che operano in regime di libera prestazione di servizi in Italia indipendentemente dalla circostanza che la compagnia abbia esercitato l’opzione di cui all’articolo 26-ter, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973.”.
In altre parole l’Agenzia ritiene che l’assoggettamento dei redditi di capitale a imposta sostitutiva da parte dell’intermediario finanziario estero, non sia sufficiente a esonerare l’intermediario finanziario dagli obblighi di comunicazione di cui all’articolo 1 del decreto legge n. 167 del 1990.
Sul punto, stranamente l’Agenzia dimentica che nel lontano 2012, con circolare n. 41, aveva affermato che “l’applicazione delle imposte da parte delle imprese di assicurazione estere comporta l’esonero dagli obblighi di rilevazione previsti dall’articolo 1 del decreto legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito dalla legge 4 agosto 1990, n. 227 (cosiddetto “monitoraggio fiscale”) per le operazioni di trasferimento dall’estero delle relative somme”.
L’Agenzia, con la risposta 463 in commento, ritiene ora che “.. nella misura in cui in tali operazioni di trasferimento da e verso l’estero non intervenga un intermediario finanziario residente in grado di monitorare (rectius, tracciare) i flussi in entrata/in uscita al/dal circuito bancario e finanziario italiano, tali segnalazioni sono dovute nonostante sui relativi redditi di capitale l’impresa di assicurazione estera applichi l’imposta sostitutiva”.
Ci si domanda nuovamente in concreto quale sia l’ambito di applicazione di tale nuovo obbligo per le compagnie bi-optate e non, considerato che i premi vengono sempre pagati attraverso un intermediario residente (obbligato al monitoraggio). E se il premio venisse pagato in natura, ad es. mediante trasferimento titoli, oppure con fondi esteri, la disciplina del monitoraggio comunque non si applicherebbe.
Futuri nuovi obblighi in arrivo?
Da ultimo, a completare il già complicato quadro fiscale-regolamentare, l’Ivass pare sia in procinto di introdurre ulteriori obblighi e limitazioni a carico delle imprese assicurative estere operanti in Italia: si è infatti conclusa a giugno la consultazione del documento n. 3 dell’11 marzo 2022, con il quale l’Istituto di Vigilanza ha sottoposto agli operatori uno Schema di regolamento che ha l’obiettivo introdurre una nuova disciplina dei contratti unit e index linked. Con tale Schema di regolamento l’Istituto sembra volere applicare alle polizze emesse da compagnie estere operanti in Italia sostanzialmente lo stesso trattamento delle polizze italiane, con una palesata intenzione di operare un cosiddetto level playing field tra operatori italiani e di altri Stati membri che collochino prodotti linked nel mercato domestico.
Pare proprio sia giunto il momento di provvedere a una razionalizzazione del corpus normativo e regolamentare in materia, soprattutto in materia fiscale, con l’obiettivo di alleggerire il quadro degli obblighi formali cui sono tenuti i contribuenti (e le compagnie) allorquando decidano di effettuare investimenti di tale tipo, evitando inutili e ridondanti duplicazioni di adempimenti.