La Juventus capitalizza 765 milioni di euro, con un prezzo delle azioni di circa il 75% inferiore ai massimi raggiunti nel 2019
Gaziano: “L’ultimo bilancio continua a mostrare che il piano di rilancio del club bianconero è ancora lontano dall’essere visibile e i conti restano in fuorigioco”
Negli ultimi anni investire sul pallone in modo sistematico ha significato “dare un calcio” ai propri risparmi. Basti pensare al Manchester United che, nonostante vanti una capitalizzazione record da 2,26 miliardi di euro, ha conosciuto un -25% di performance borsistica in cinque anni. Per il Borussia Dortmund si parla del -58,5%, mentre per lo scozzese Celtic del -18%. Guardando all’Italia, al 5 ottobre 2022 la Juventus capitalizza 765 milioni di euro, con un prezzo delle azioni di circa il 75% inferiore ai massimi raggiunti nel 2019. Salvatore Gaziano, direttore investimenti di SoldiExpert Scf, spiega a We Wealth perché il titolo bianconero potrebbe non essere appetibile in questo momento. Svelando anche quali sono (e che performance restituiscono) i principali fondi d’investimento specializzati nello sport.
“Circa un anno fa la Juventus aveva dovuto procedere a un aumento di capitale di quasi 400 milioni di euro al fine di coprire l’indebitamento aumentato anche per effetto della pandemia e dell’accresciuto fabbisogno finanziario”, racconta Gaziano. “Ma l’ultimo bilancio continua a mostrare che il piano di rilancio del club bianconero è ancora lontano dall’essere visibile e i conti restano in fuorigioco”. Al 30 giugno 2022, ricorda infatti l’esperto, le perdite hanno raggiunto i 254 milioni di euro, l’indebitamento i 153 milioni, mentre il patrimonio netto risulta pari a 169 milioni di euro.
“Le previsioni della società indicano per l’anno in corso una forte riduzione delle perdite ma comunque non è ipotizzabile il raggiungimento del break-even”, avverte Gaziano. “I costi restano infatti molto alti, intorno ai 680 milioni di euro di cui circa la metà solo per gli ingaggi del personale tesserato, a fronte di ricavi complessivi di 443 milioni di euro che comprendono la maggior parte di introiti legati ai diritti televisivi (170 milioni di euro)”. Numeri che, unitamente all’andamento in campionato e in Champions, non renderebbero la società “particolarmente appetibile” secondo Gaziano, considerando anche “che sul mercato la forte discesa delle quotazioni ha aumentato lo sconto di società con bilanci più in ordine e risultati meno aleatori di quelli di una squadra di calcio”.
Investire nel calcio: le performance dei principali titoli
Guardando poi alle performance dei principali titoli del pallone, Gaziano ricorda come per un certo periodo di tempo sia esistito un indice (lo Stoxx Europe Football Index) che tracciava l’andamento di un paniere di poco più di 20 società calcistiche quotate. Ma “il suo provider ha smesso due anni fa di tracciarlo anche perché l’andamento si era rivelato abbastanza catastrofico rispetto all’indice azionario europeo globale”. Oltre a Manchester United, Borussia Dortmund e Celtic citati in apertura, anche la Roma (che ha completato proprio nelle scorse settimane il delisting dopo l’ingresso della famiglia Friedkin e che si era quotata a Piazza Affari nel maggio del 2000, preceduta nel 1998 dalla Lazio con Sergio Cragnotti) ha perso poco meno dell’80% in circa un ventennio.
“Investire sulle società calcistiche non si è rivelato un grande affare quasi per nessuno (tranne fiammate speculative molto brevi da cavalcare), è un settore evidentemente molto rischioso e volatile e ci sono sicuramente altri settori più tradizionali a cui un investitore può guardare con maggiori probabilità nel tempo di ottenere profitti”, osserva Gaziano. “La grande scommessa sui titoli delle società calcistiche è stata fino a qualche anno fa quella collegata allo sfruttamento dei diritti televisivi e di streaming, ma a guardare i bilanci dei club calcistici la sfida non è riuscita perché – per quanto aumentati – i costi fissi sono lievitati, soprattutto quelli legati al parco giocatori”. Oggi, continua l’esperto, molti club stanno puntando sempre più sulla parte immobiliare, stadi di proprietà e centri commerciali collegati “ma sembra più un ripiego se non una speculazione” e “non certo la soluzione definitiva alla quadratura dei bilanci”.
I fondi che puntano sullo sport: da Allianz a Uzès Gestion
Negli ultimi anni sono nati intanto alcuni fondi tematici dedicati allo sport (più che al calcio). È il caso per esempio di Allianz Sport et Bien-être di Allianz o di Uzès Sport di Uzès Gestion. “Il fondo Uzès Sport si era ben comportato nel 2021 (+23%) ma nel 2022 è in discesa del 28% circa, peggio dell’indice azionario mondiale”, precisa l’esperto. Fra i primi 10 titoli in portafoglio non risulta alcuna società calcistica quanto piuttosto società legate allo sportswear (Adidas, Puma, Lululemon) o all’attrezzatura (Shimano, Callaway Golf). “Fra i fondi d’investimento aveva fatto notizia alcuni anni fa l’ingresso importante proprio nel capitale della Juventus di una società di gestione inglese, Lindsell Train, che per diverso tempo ha brillato per performance grazie a scelte spesso forti e concentrate”, conclude Gaziano. “Negli ultimi anni la stella del fondo si è un po’ appannata e la partecipazione nella Juventus si è diluita attualmente al 6,954% del capitale (secondo i dati Consob) dopo essere arrivata all’11,9%. Nel 2021, tra l’altro, i gestori della società avevano contestato duramente il progetto della Superlega europea (poi accantonato) che era stato invece accarezzato dal presidente della Juventus Andrea Agnelli”.