L’ultimo rapporto Consob sulle scelte d’investimento delle famiglie italiane ha confermato come la gran parte degli investitori italiani sia avverso al rischio e assai sospettoso nei confronti degli intermediari finanziari
Il fatto di avere un consulente, per gli italiani, non è affatto indicativo di una fiducia convinta nei suoi confronti: in metà dei casi o ne hanno poca, o nessuna, o non sanno esprimersi a riguardo
Sono queste le evidenze emerse dall’ultimo rapporto Consob sulle scelte di investimento delle famiglie italiane, che ha sondato 2.695 individui rappresentativi della popolazione dei decisori finanziari italiani (dal rapporto è emersa anche una maggiore diffusione della consulenza, ne avevamo parlato qui).
Il 45% degli italiani afferma di avere poca o nessuna fiducia nei consulenti finanziari, a fronte di un ben più contenuto 10% che dichiara di averne molta o abbastanza. Il dato cambia di poco per i consulenti finanziari indipendenti, che pure cercano di fare leva proprio sul loro essere svincolati dalle società d’investimento: le percentuali scendono, rispettivamente, al 43% e all’8%. A questi dati si aggiunge una fetta consistente di risparmiatori che “non sa” dire se si fida o meno dei consulenti: con una percentuale che oscilla fra il 14 e il 17% nel caso degli indipendenti.
In generale la fiducia negli intermediari migliora sensibilmente quando si chiede di esprimere un giudizio specifico sulla propria banca o sul proprio consulente. Ma una differenza salta subito all’occhio. Oltre un italiano su quattro (il 27%) “non sa” dire se si fida o meno del suo consulente – fatto che non si osserva in egual misura nel caso della propria banca (8%) o della propria assicurazione (17%). Inoltre, gli italiani che dichiarano di fidarsi molto o abbastanza del proprio consulente (il 21%) sono meno numerosi di quelli che affermano di fidarsi poco o per nulla (23%). In altre parole, il fatto di avere un consulente, per gli italiani, non è affatto indicativo di una fiducia convinta nei suoi confronti: in metà dei casi o ne hanno poca, o nessuna, o non sanno esprimersi a riguardo.
Queste considerazioni possono in parte spiegare perché la diffusione della figura professionale del consulente finanziario fatichi ancora ad emergere in Italia, nonostante l’aumento degli ultimi tre anni.
L’ansia e la sfiducia verso gli intermediari sono probabilmente alcune delle cause principali della tendenza italiana, molto discussa, ad investire in modo assai conservativo.
Il 77% degli italiani dichiara di provare ansia all’idea che il suo investimento comporti anche una piccola perdita di capitale e il 38% afferma di preferire investimenti a basso rischio e basso rendimento. Per questo, non ci si deve stupire se il 24% italiani cita il conto corrente come la prima preferenza per i propri risparmi e un altro 8% la cassaforte o il materasso.