Le difficoltà tecniche del passaggio di Ethereum al nuovo metodo proof of stake sono state numerose, ma per il mondo crypto abbandonare il consumo energetico legato al sistema in stile Bitcoin e al mining è diventata una necessità d’immagine sempre più impellente
Il passaggio di Ethereum alla proof of stake, secondo i suoi fautori, ridurrà il consumo energetico della rete del 99%
Ci sono voluti otto anni, e l’esperienza del passato invita ancora una volta alla cautela, ma la blockchain Ethereum dovrebbe passare definitivamente al più ecologico sistema di validazione proof of stake attorno al 15 settembre. L’abbandono del sistema di sicurezza basato sulla proof of work, usato anche da Bitcoin, è stato rimandato per anni: fu discusso e messo in calendario la prima volta nel 2014 e 2016. Con il metodo di validazione attuale la potenza di calcolo dei computer viene usata per garantire l’integrità del registro blockchain, in una sorta di gara che mette in palio criptovalute di nuova emissione per ogni “macchina” che risolve complessi problemi di calcolo.
Le difficoltà tecniche del passaggio di Ethereum al nuovo metodo proof of stake sono state numerose, ma per il mondo crypto abbandonare il consumo energetico legato al sistema in stile Bitcoin e al mining è diventata una necessità d’immagine sempre più impellente. Garantire le transazioni mediante il mining, infatti, consuma enormi quantità di energia. In questo articolo avevamo spiegato più nel dettaglio le differenze fra i due sistemi di validazione.
Proof of stake di Ethereum, cosa cambia
Il passaggio di Ethereum alla proof of stake è noto come la Fusione (Merge) e secondo i suoi fautori ridurrà il consumo energetico della rete del 99%. Nello specifico, a fondersi saranno una rete secondaria (beacon chain) che già oggi funziona mediante proof of stake e la blockchain Ethereum principale. In seguito alla Fusione, il vecchio registro diventerà un “frammento della beacon chain che usa il proof of stake al posto del proof of work”, si spiega sul sito ufficiale della Fondazione Ethereum.
“La rete principale aggiungerà la capacità di eseguire Smart Contract nel sistema proof of stake, oltre alla cronologia completa e allo stato corrente di Ethereum, consentendo una transizione senza intoppi per gli utenti e i possessori di ETH”.
Secondo i promotori, si tratterà di “un passo davvero emozionante nel realizzare la visione di Ethereum” che offrirà “maggiori scalabilità, sicurezza e sostenibilità”. In particolare, l’aumento dell’utilizzo della piattaforma oggi comporta un aumento notevole dei costi di transazione – a dispetto della narrativa futuristica, inviare ether può costare fino a 200 dollari, ha scritto il New York Times. Con il nuovo sistema, i costi di transazione andranno a ridursi. Quanto alla sicurezza, si può immaginare la blockchain come un sistema di validazione democratico che funziona finché gli attori che intendono manipolare il registro restano in minoranza della comunità. Nel proof of work i “criminali” avrebbero bisogno di controllare della maggioranza della potenza di calcolo attiva nel mining: un investimento in infrastrutture molto costoso. Nel proof of stake, invece, la maggioranza necessaria per “hackerare” il sistema sarebbe raggiunta tramite possesso diretto di oltre il 50% degli ether in circolazione: anche qui, si tratterebbe un acquisto da circa 100 miliardi di dollari (stando alla capitalizzazione di mercato del 30 agosto).
Come reagirà la criptovaluta di Ethereum?
Secondo alcuni analisti il passaggio di Ethereum al nuovo sistema dovrebbe segnare un nuovo step in favore di migliori prospettive di rivalutazione a lungo termine per ether, la moneta nativa di Ethereum. Finché non si avrà la prova sul campo del buon funzionamento della nuova blockchain, tuttavia, puntare su questa criptovaluta potrebbe essere un azzardo anche per gli standard degli investimenti crypto. La dominance dell’ether, la percentuale della sua capitalizzazione di mercato in rapporto a quella di tutte le criptovalute, è cresciuta nuovamente dallo scorso giugno, riportandosi attorno al 20% – vicina ai massimi da inizio pandemia. Questa percentuale esprime la preferenza verso il possesso di ether rispetto a bitcoin e alle altre monete virtuali. Negli ultimi due anni, la dominance di ether è cresciuta molto: a inizio 2020 essa era inferiore all’8%, secondo i dati Tradingview. L’esito della Fusione sarà probabilmente un fattore importante sulle sorti di ether, con la possibilità che questa moneta possa andare incontro ad una maggiore volatilità nelle prossime settimane a seconda di come performerà la nuova rete post-Fusione.