Il popolare sistema basato sul mining implica un grosso consumo di energia per garantire l’integrità del registro distribuito
Un metodo alternativo per validare le transazioni potrebbe fare il suo debutto sulla seconda blockchain più popolare al mondo, Ethereum e tagliare il suo consumo energetico “del 99,95%”
La Proof of Stake non è di per sé una novità: la vera sfida è garantirgli un’affidabilità pari a quella del Proof of Work
Lo scorso 18 maggio la Ethereum Foundation collegata alla nota piattaforma blockchain ha dichiarato che l’upgrade verso il sistema di validazione (PoS) permetterà di ridurre il consumo energetico di almeno il 99,95%. Ethereum lavora da anni a questo aggiornamento e lo scorso aprile ha annunciato che il passaggio dal precedente sistema Proof of Work (PoW) al nuovo Proof of Stake, dopo vari rinvii, avverrà entro il 2021. L’adozione del PoS da parte di una delle maggiori blockchain al mondo contribuirà a rafforzare l’immagine di Ethereum, in prevedibile contrasto con il Bitcoin “ingordo di energia”.
L’applicazione del Proof of Stake in quanto tale non costituisce una novità. La prima criptovaluta a implementarla sin dal 2012 è stato il Peercoin. Negli anni, la sua rilevanza è progressivamente aumentata: secondo uno studio (Irresberger et al. 2020) le blockchain PoS attualmente funzionanti sono più numerose di quelle PoW. Purtuttavia, quest’ultimo sistema rimane quello utilizzato dai grossi nomi, come Bitcoin ed Ether, e è quello comunemente ritenuto più “sicuro”.
L’approdo al sistema PoS da parte di Ethereum, che attualmente è fra le piattaforme più utilizzate, potrebbe essere considerata una svolta.
Blockchain, un ripasso
Le maggiori criptovalute e relative blockchain utilizzano attualmente un sistema per l’autenticazione delle transazioni, basato sul modello noto come Proof of work. La blockchain è un registro distribuito che non ha autorità centrali che determinano dall’alto le modifiche da apportare. Per far sì che la rete converga su una versione univoca del registro, dunque, occorre una sorta di sistema di verifica. Vediamo, in termini generali, come funzionano le due principali alternative.
Proof of Work, in breve
Per validare le transazioni e assicurarsi che nessun soggetto possa portare a compimento una modifica fraudolenta del registro si mette in palio un premio in criptovaluta per i soggetti che, attraverso la potenza di calcolo dei propri computer, riescono a risolvere un problema matematico creato dal sistema. Si viene a creare, dunque, una competizione: il primo a risolvere l’enigma può autenticare il blocco e incassare il premio (con criptovaluta di nuova emissione). Tutti i soggetti coinvolti in questo processo sono incentivati a validare quella che ritengono essere la versione corretta del registro Blockchain, poiché è il modo più conveniente di utilizzare le proprie risorse.
Gli elevati costi relativi all’acquisizione e al funzionamento dell’hardware necessario per questa attività, nota come mining, allontanano la possibilità che un solo soggetto possa controllare più della metà della capacità di calcolo disponibile – condizione che permetterebbe di avere il controllo sul registro. Il costo delle attività dei mining, in ultima analisi, rappresenta una garanzia di sicurezza sull’integrità della blockchain.
Allo stesso tempo, per accrescere le possibilità di guadagnare più criptovaluta, i miner accumulano sempre più macchine di calcolo, che consentono loro di risolvere con maggior frequenza i “puzzle” della blockchain. Il problema ambientale di Bitcoin e affini si alimenta con il seguente circolo: tanto più le criptovalute salgono di prezzo, tanto più il premio corrisposto dal mining sale di valore e, parallelamente, l’opportunità di sostenere con profitto i costi collegati al mining stesso.
La Proof of Stake, spiegata
Il principio di validazione basato sul sistema PoS è completamente diverso dal precedente. A poter validare le transazioni e a ricevere un premio sono i possessori della criptovaluta nativa di quella piattaforma blockchain (ether, nel caso di Ethereum). A questi ultimi non viene assolutamente richiesta la risoluzione di problemi matematici né di consumare quantità enormi energia elettrica per farlo. All’aumentare della quota di possesso sul totale della criptovaluta nativa esistente cresceranno anche le probabilità di essere selezionati casualmente dal sistema per poter validare un blocco della catena – e ricevere il relativo compenso in criptomonete di nuova emissione.
Se nella PoW la blockchain diventa violabile quando la maggioranza del potere di calcolo è in mano a un singolo soggetto, nella PoS ciò potrebbe avvenire solo nel caso in cui il 51% delle monete (ad esempio, ether) fosse detenuto dalla stessa persona o soggetto collettivo. Acquistare una stake di questo tipo non avrebbe solo un costo esorbitante (circa 125 miliardi di dollari nel caso di Ethereum, ai prezzi dell’8 luglio 2021), ma sarebbe anche poco conveniente. Violare una piattaforma, infatti, farebbe crollare il prezzo della sua criptovaluta e la ricchezza di chi la detiene – a partire dall’ipotetico frodatore.
A frenare l’affermazione del Proof of Stake sono alcune perplessità sulla sua sicurezza. Come abbiamo visto, il possessore di una criptovaluta che riceve, casualmente, la possibilità di validare un blocco e ricevere il relativo premio, non sostiene alcun costo per alimentare macchine di calcolo. A questo punto, che cos’avrebbe da perdere questo soggetto nel validare anche un blocco fraudolento?
“Ogni attore riceve una ricompensa se aggiunge il blocco e nessuna se non lo aggiunge… non aggiungere un blocco quando viene data l’opportunità per farlo equivale a rinunciare a un guadagno senza alcuna altra conseguenza”, riassumeva il professor Fahad Saleh in uno studio dedicato al tema. L’esito finale di questa falla sarebbe qualsiasi fork, ossia versioni differenti del registro blockchain, potrebbe essere costantemente validato e proseguire all’infinito. Questo problema, noto come Nothing at Stake, dovrà essere efficacemente risolto dall’upgrade di Ethereum, per scongiurare il rischio che si possano aprire delle falle nel sistema. La versione autentica del registro blockchain deve rimanere riconoscibile. L’opinione dei fautori della Proof of Stake è che le limitazioni del modello possano essere efficacemente corrette.
“Mentre Ethereum continua ad usare la PoW per ora, non sarà così ancora per molto”, si leggeva nel post della Fondazione Ethereum dello scorso 18 maggio, “nelle ultime settimane, abbiamo visto l’emergere dei primi testnet per The Merge, il nome dato al momento in cui Ethereum passerà da PoW a PoS. Diversi team di ingegneri stanno facendo gli straordinari per garantire che The Merge arrivi il prima possibile, e senza compromettere la sicurezza”.