Il 250 per la Ferrari è un numero magico, a cui è legata l’immagine di alcune fra le auto più straordinarie mai costruite, non solo dalla Ferrari. È un numero che identifica delle vere e proprie opere d’arte, riconosciute tali da quotazioni incredibili e sempre in costante e incessante ascesa. I nomi completi di alcune vetture fanno venire la pelle d’oca agli appassionati (e non solo) e sono universalmente celebrati: stiamo parlando, ad esempio, di 250 Gto, di 250 Testa Rossa, di 250 GT Swb, di 250 California, tutti modelli saldamente ai vertici dell’empireo dei capolavori su ruote. Le avventure e le innumerevoli vittorie delle prime tre sono ben note, così come gli oltre 70 milioni di euro pagati nel 2018 per una delle 39 Gto costruite.
Altrettanto famose sono le avventure mondane delle quali è stata protagonista la Spider California, sempre perfettamente a suo agio negli scenari più esclusivi del mondo, grazie ad una purezza, ad una raffinatezza e ad un equilibrio estetico che la rendevano un’ineguagliabile sintesi di eleganza e sportività. Le foto di Alain Delon, in compagnia di Jane Fonda o Shirley McLaine, o quelle di Roger Vadim, con Brigitte Bardot o Catherine Deneuve, sulle loro California hanno fatto il giro del mondo. Senza dubbio meno famosa, ma altrettanto importante per la casa di Maranello, fu la 250 GT/E 2+2, la prima vettura di serie costruita da Ferrari e la prima auto a giungere vicina al traguardo delle mille unità prodotte.
Non meno delle sorelle più blasonate, la GT/E era dotata del prestigioso V12, il motore più vincente della storia del Cavallino ed uno dei più favolosi propulsori di sempre. Progettato da Gioachino Colombo, questo 12 cilindri a V di 2953 c.c. e con potenza minima di 240 cavalli, si rivelò di una versatilità eccezionale, risultando assolutamente idoneo e performante sia in versione Gran Turismo sia in quella competizione, capace per di più di esprimere un accompagnamento musicale quasi orchestrale, divenuto proverbiale al punto da venire inciso su microsolchi venduti alla stregua di opere sinfoniche. Ferrari, prima di presentare il prototipo della nuova GT/E 2+2 in un Salone dell’Automobile (il che poi avvenne in quello di Parigi), decise di affidarlo in anteprima ai giudici di gara della 24 Ore di Le Mans, che la utilizzarono durante la corsa del 25 giugno 1960, permettendo al Costruttore di ottenere gratuitamente una pubblicità planetaria unica. Per la cronaca quella corsa venne vinta da un’altra 250, la Testa Rossa, che già aveva conquistato l’edizione del ‘58 e che trionfò poi anche nel ‘61 e ‘62 (altre 250 o derivate dominarono pure le successive edizioni ’63, ’64 e ’65). La GT/E era la prima auto nella storia della Ferrari che rinunciava ad una piccola parte della sua famosa grinta e aggressività per rappresentare l’auto sportiva a 4 posti (o meglio 2+2) più lussuosa ed elegante sul mercato.
La linea slanciata e armoniosa della GT/E è divenuta negli anni un classico senza tempo. Tipicamente Pininfarina, presentava una calandra estesa su tutta la parte frontale, una fiancata sinuosa e filante percorsa da una lunga nervatura, e sfoghi d’aria all’altezza del motore quasi da competizione. Il tetto, piuttosto orizzontale, terminava sul lunotto molto inclinato con un caratteristico scalino, così consentendo l’aumento dell’altezza interno per i posti posteriori. Gli interni erano all’insegna del vero lusso: pelle Connolly, moquette di lana, aria condizionata, volante Nardi in legno. Due 250 GT/E identiche, stesso colore argento metallizzato e con due numeri di serie in immediata sequenza, furono le auto personali dei due artefici Enzo Ferrari e Pininfarina, il quale definiva la sua GT/E “la macchina che adoro”.
Ma il suo ruolo più sorprendente e avventuroso fu quello di Pantera della Polizia, anzi la Pantera per eccellenza. In questa veste la GT/E è stata protagonista di imprese divenute leggendarie, addirittura poi anche immortalate in film di successo. Di fronte all’evolversi della spregiudicatezza della malavita romana si racconta che il capo della Polizia, rivolgendosi al personale in forza, chiese nel ‘62 cosa sarebbe stato necessario per contrastare meglio quella deriva. Un giovane brigadiere disse, forse in tono provocatorio “ci vorrebbe una Ferrari”, ottenendo in risposta un laconico e inaspettato “l’avrete”. Quel brigadiere si chiamava Armando Spatafora e, dopo un corso specialistico presso la Ferrari di Maranello, diventò di lì a pochi mesi spauracchio e incubo della malavita romana, rendendosi protagonista di memorabili inseguimenti e di importanti arresti. La Ferrari fornì due vetture 250 GT/E, nere come le auto della Questura romana, dotate di radio, sirena e lampeggiante: una rimase quasi subito irrimediabilmente danneggiata in un incidente, l’altra divenne protagonista per le vie di Roma.
La Pantera di Spatafora. Courtesy FormulaPassion
Spatafora e la sua Pantera divennero così temuti da originare la filastrocca “se vai in giro a tarda sera, occhio sempre alla Pantera! Ma se esci a tarda ora, occhio, amico, a Spatafora”. Spatafora in effetti, poi promosso maresciallo per i meriti acquisiti, dimostrò di avere capacità di guida straordinarie, tanto da ottenere, pare, anche la proposta di Ferrari di abbandonare l’Arma per correre con le sue auto. A bordo della Ferrari riusciva non solo a non farsi seminare dalle Maserati e Alfa Romeo sportive rubate dai malviventi, ma grazie alla sua perizia era in grado di bloccarne la fuga, portandoli fuori strada o mandandoli in testa-coda mediante stoccate di paraurti, sapienti sbandate e repentine sterzate. Il rombo e la sirena della Ferrari di Spatafora si dice costituissero un indubbio deterrente psicologico per i criminali e un’irresistibile attrazione per i giornalisti, che accorrevano numerosi per testimoniare le sue imprese, compiute per di più con un’auto con un peso e una potenza quasi impossibili da dominare nel traffico cittadino.
Leggendaria resta la discesa dalla scalinata di Trinità dei Monti, improvvidamente azzardata da un malvivente in fuga, tallonato da Spatafora. Questa avventura è divenuta così popolare da aver originato diverse versioni; la più attendibile vede l’Alfa 2600 fuggitiva bloccarsi dopo pochi scalini per la rottura di cerchioni e coppa, obbligando il conducente alla fuga a piedi. La Pantera di Spatafora scende invece di traverso, con abile dosatura di freni e sospensioni, fino alla Fontana della Barcaccia, per procedere in via Sistina alla cattura dei malfattori. Questa scena fu ripresa nel famoso film “Poliziotto sprint” del ‘77, di Stelvio Massi, con protagonista Maurizio Merli che per usare al meglio la Pantera si avvalse dell’autorevole consulenza del maresciallo Spatafora. La Pantera telaio numero 3999 fu utilizzata anche per il trasporto più che celere di sangue negli ospedali, alimentando anche in questo caso l’epopea del binomio Ferrari/ Spatafora, culminato in un tragitto record Roma-Napoli in soli 50 minuti netti.
Per un’avventata decisione degli organi competenti la Pantera di Spatafora, messa a riposo nel ’68, venne venduta nel ’72 per poche lire a un’asta di materiale militare dismesso, anche se, grazie al fortunato e accorto acquirente, fu successivamente preservata dalle frequenti cannibalizzazioni che videro i motori di vecchie GT/E spesso riutilizzati per completare altre più rare e prestigiose 250. Con la creazione, negli anni ‘90, del Museo della Polizia, la GT/E Pantera fu concessa in comodato dai proprietari per l’esposizione e la partecipazione ad eventi anche internazionali. In cambio di questa disponibilità, la Pantera riottenne la sua targa originale, nonché radio, sirena e lampeggiante, il tutto con l’esclusiva autorizzazione, trattandosi di un’auto privata, a circolare con la livrea della Polizia.
Come fulmine a ciel sereno, nel 2020 comparve improvvisamente la notizia della messa in vendita della Pantera GT/E, in trattativa riservata e con tanto di foto e descrizione, sul sito di una nota casa d’aste internazionale. Da allora nulla è più trapelato alle cronache, nonostante un pubblicizzato ed infruttuoso tentativo di promuovere un crowdfunding destinato a mantenere l’auto in Italia in via permanente, presso il Museo della Polizia. Tale vettura, consideratene l’unicità e l’ineguagliabile pedigree, non può che sfuggire a ogni tentativo di valutazione oggettiva ed è destinata a raggiungere quotazioni di grande rilievo, assolutamente non paragonabili a quelle delle altre GT/E che, se in ottime condizioni, vengono normalmente scambiate a cifre vicine ai 500mila euro.
Articolo tratto dal numero di maggio 2023 del magazine We Wealth