Janine Gaëlle Dieudji è una curatrice “multilocale” di nazionalità franco/camerunese e vive attualmente fra Firenze e Marrakech.
Grande viaggiatrice e fervida amante dell’arte, si laurea in Cultura e Relazioni Internazionali all’Università di Lione con successivo Master in Scienze Politiche presso l’Università di Parigi 2 Panthéon Assas.
Approda in Italia, a Firenze, durante il suo percorso di studi e da quel momento se ne innamora a tal punto da decidere di restare a vivere nella città dell’arte per diversi anni, luogo del suo cuore che non abbandonerà mai del tutto perché considerato da Janine come la sua seconda casa.
L’esperienza fiorentina
E’ proprio a Firenze che inizia la sua carriera come curatrice nel mondo della cultura e dell’arte contemporanea. Sono moltissime le sue collaborazioni sul territorio fiorentino, tra cui vorrei citare quella con l’artista Clet Abraham, con il festival del cinema francese “France Odeon”, con Murate Art District e non ultimo con Justin Thompson, con cui ha lavorato per l’organizzazione del Black History Month Florence di cui è co-direttrice e vicepresidente, che ha visto la realizzazione di più di 50 eventi in un solo mese. Correlato al Black History Month Florence c’è il progetto Recovery Plan, che nasce come un centro di ricerca culturale. L’obbiettivo di Recovery Plan è quello di promuovere lo scambio transnazionale intorno alle culture e ai popoli afrodiscendenti.
E’ dunque concepito come un archivio culturale, un centro di ricerca e uno spazio espositivo per arte, performance, conferenze ed educazione. L’obbiettivo è quello di veicolare i contenuti attraverso eventi, seminari, workshop e residenze d’artista progettati per far riflettere sull’Italia come sito storico e di scambio culturale e inoltre mettere in comunicazione le comunità afrodiscendenti risiedente in Italia con un’ampia rete di istituzioni culturali.
BHMF e Uffizi Firenze
Nel 2020 nasce la collaborazione fra Black History Month Florence e la Galleria degli Uffizi di Firenze con il progetto On Being Present che vedrà due edizioni sulla piattaforma virtuale del museo, di cui la prima ruotava attorno al tema della presenza africana disseminata all’interno dei dipinti presenti nella Galleria delle Statue e delle Pitture e nella Galleria Palatina, mentre nel 2022 assistiamo alla realizzazione della prima mostra personale delle opere di Sammy Baloji presso l’Andito degli Angiolini di Palazzo Pitti.
Una carriera nell’arte contemporanea
Per Janine, “collaborare” significa scambio, condivisione e “comunità”. La curatrice ha capito che “insieme si fa meglio e si va più lontano”: questa visione ha messo in luce la sua poliedricità che l’ha portata a essere attiva su diversi progetti, come quello assieme a Johanne Affricot di Griotmag.com, la prima webzine italiana che celebra la diversità estetica, creativa e culturale degli africani italiani e la diaspora africana.
Da questo progetto nasce la webserie The Expats, una serie web documentaria che esplora le vite dei creativi africani italiani.
Le sue esperienze includono inoltre mostre e progetti in collaborazione con istituzioni come American Academy in Rome, Villa Romana, Gallerie degli Uffizi, Le Murate Art District, come co-direttrice e vicepresidente dell’associazione BHMF (Black History Month Florence), nonché co-fondatrice del centro culturale The Recovery Plan a Firenze.
Janine ha inoltre avuto il ruolo quadriennale come direttrice delle mostre presso il Museo d’arte contemporanea africana Al Maaden (MACAAL) di Marrakech, struttura di grande rilievo all’interno del complesso Al Maaden. Il museo è un centro d’arte contemporanea concepito dall’imprenditore Mohamed Alami Lazraq e creato dalla fondazione Alliances per promuovere il talento degli artisti africani contemporanei. Il museo è attivo durante l’anno con moltissime attività e mostre legate all’arte contemporanea africana.
Amante del cambiamento e del rinnovamento, Janine è sempre alla ricerca di nuovi stimoli. Per lei la chiave del successo è “l’umiltà, l’originalità e il duro lavoro”. Di seguito l’intervista a Janine Gaëlle Dieudji.
Museo d’arte contemporanea africana Al Maaden (MACAAL) di Marrakech
Da dove nasce la tua passione per l’arte?
Fin da piccola ho sempre amato “creare”, assemblavo tutto ciò che trovavo realizzando delle sculture. Crescere a Parigi mi ha sicuramente aiutata ad assecondare questa mia predilezione, infatti mi è sempre piaciuto passare intere giornate da sola visitando i musei d’arte. Il mio successivo trasferimento a Firenze, città che definisco “un museo a cielo aperto”, ha stuzzicato il mio gusto e la mia creatività, anche se inizialmente non immaginavo che ne avrei fatto un progetto professionale. Per me l’arte è sempre stata una grande amore.
Cosa pensi possa fare la differenza oggi nel mondo dell’arte contemporanea?
Secondo me quello di cui avrebbe bisogno il mondo dell’arte sarebbe un “rallentamento”, sono troppi anni che questo mercato richiede “velocità”, stiamo però parlando di un settore che dal punto di vista delle tempistiche necessità di spazio.
L’arte è un’esperienza che richiede tempo. Il tempo di creare, pensare, produrre, di immaginare e assorbire le emozioni. Viviamo in un’era in cui tutto deve essere il più rapido e veloce possibile ma questo tipo di approccio non si può applicare al mondo dell’arte.
Exhibition view di Sammy Baloji a Palazzo Pitti, Firenze
Com’è stata la tua esperienza di vita a Firenze?
Firenze è un luogo che non ho mai lasciato ne dal punto di vista emotivo perché occupa una parte del mio cuore, ne dal punto di vista lavorativo, infatti nel 2016 ho lanciato il progetto Black History Month Florence una rassegna annuale della durata di un mese, ricca di eventi legati all’arte e Recovery Plan un centro di ricerca culturale, grazie a questi progetti la mia esperienza a Firenze continua.
Firenze è stata una città molto importante per me, mi ha permesso di sperimentare molto, qui sono cresciuta sia a livello personale che professionale.
La ritengo la città dove ho scoperto me stessa e dove ho capito la mia direzione, anche se ancora non ho raggiunto la meta.
Firenze è una città che contribuisce e che ha contribuito a farmi diventare la persona che sono oggi, quindi avrà sempre un posto molto importante nella mia vita.
Cosa consiglieresti ai giovani artisti emergenti?
Ai giovani artisti emergenti consiglierei di non smettere mai di sperimentare, di concentrarsi sul lavoro che stanno facendo e non su come il mercato li vede ma soprattutto tanta autocritica e sapersi prendere il tempo necessario per mettersi alla prova e trovare la propria voce, quel linguaggio in grado di rappresentarli in modo autentico.
Qual è la tua esperienza con il mondo dei collezionisti?
La mia esperienza con il mondo del collezionismo si approfondisce durante il mio percorso lavorativo presso il Macaal, Museo di Arte Contemporanea africana di Marrakech, dove ho ricoperto il ruolo di direttrice delle mostre per quattro anni. Come direttrice artistica di questa struttura lavoravo per una famiglia di collezionisti, dunque ho potuto conoscere a 360 gradi questa realtà.
Ho conosciuto il mondo del collezionismo dall’interno e quello che posso dire è che la figura del collezionista nell’ambito dell’arte contemporanea è molto importante perché contribuisce in modo concreto nel far vivere questa realtà. Quello che consiglio a chi si avvicina al mondo dell’arte, a chi vorrebbe cominciare a collezionare, è di buttarsi perché si può iniziare a collezionare anche con 100 euro, è importante focalizzarsi sulla passione più che sul costruire una collezione d’arte pensata come investimento.
Exhibition view di Sammy Baloji a Palazzo Pitti, Firenze
Quando nasce la collaborazione con gli Uffizi?
La nostra collaborazione con la Galleria degli Uffizi è iniziata nel 2020 con On Being Present curato da BHMF (Black History Month Florence), si tratta di un progetto live sulla piattaforma virtuale ufficiale degli Uffizi, nel 2021 abbiamo presentato On Being Present Vol. II e nel 2022 abbiano realizzato la prima mostra fisica con monografia, con l’esposizione personale di Sammy Baloji presso l’Andito degli Angiolini di Palazzo Pitti. E’ stata la prima volta che la galleria degli Uffizi ha promosso una mostra di considerevole importanza per quanto riguarda il lavoro sugli archivi della collezione degli Uffizi e sugli archivi della collezione del Museo Etnografico di Firenze e del Museo delle Civiltà di Roma. Si è trattato dunque di un progetto del tutto innovativo che ha coinvolto istituzioni diverse portando un artista contemporaneo straniero ad esporre nella galleria. Questa è per noi una collaborazione molto importante, gli Uffizi sono uno dei musei più conosciuti e riconosciuti al mondo e poter lavorare con un’istituzione di questo calibro ci da l’opportunità di far conoscere il nostro lavoro ad alti livelli. Questa collaborazione ci ha inoltre permesso di rinforzare una rete istituzionale che avevamo costruito a partire dal 2016 con diverse realtà come la fondazione Sanderetto Re Rebaudengo, il Museo Madre, l’American Accademy di Roma e Le Murate di Firenze con cui già collaboravamo da diversi anni. Tutto ciò permette al nostro lavoro di raggiungere un pubblico sempre maggiore e di creare un dialogano tra la collezione e la storia degli Uffizi e la narrativa del nostro progetto.