Introdotta per la prima volta nel 1994, è senza dubbio una delle moto più iconiche mai prodotte dalla casa di Borgo Panigale. Stiamo parlando della Ducati 916, un capolavoro tutto italiano potente, leggera e da un design mai visto prima: l’emblema di ciò che una moto sportiva dovrebbe essere e che nel 2014 è stata descritta dalla rivista Motorcycle News come la “moto più bella degli ultimi cinquant’anni”.
Un design per vincere
Il cervello dietro la Ducati 916 fu quello di Massimo Tamburini, responsabile del Centro Ricerche della Cagiva che aveva già fatto parlare di sé con una sua opera d’arte precedente, la Ducati 851. Ma con la 916 il celebre ingegnere portò l’innovazione a un livello completamente nuovo: telaio a traliccio in alluminio, forcellone monobraccio, faro a goccia e doppio scarico sotto la sella. Ogni parte e dettaglio era pensata per garantire una sincronia perfetta tra design e performance. Lo stesso Tamburini nella fase di sviluppo prendeva la moto e percorreva le strade tra San Marino e Rimini durante le giornate di pioggia, per osservare le tracce lasciate dalle gocce d’acqua lungo le sovrastrutture e valutare il comportamento aerodinamico di ciascun elemento. L’intento del celebre ingegnere era quello di “una moto di 750 cc con la potenza di una 1000 e il peso di una 500. L’importante di una moto è che sia leggera”. Il tutto mentre la Casa di Borgo Panigale stava cercando di affermarsi come leader nel settore delle moto sportive, nonostante la concorrenza agguerrita delle giapponesi.
Distribuzione desmodromica
La 916 fece il suo debutto al Salone di Milano nell’ottobre del 1993, suscitando un notevole entusiasmo e conquistando tutti i premi come Moto dell’Anno per l’anno successivo: per aggiudicarsene una servivano 23 milioni e 950 mila lire. Inizialmente offerta in due varianti, la 916 Strada e la 916 SP, la moto fu progettata con l’obiettivo di ottimizzare e potenziare le capacità agonistiche dei modelli precedenti Ducati 851/888. Ogni dettaglio fu attentamente studiato per massimizzare le prestazioni in pista. Il motore bicilindrico a V di 90 gradi raffreddato ad aria, con distribuzione desmodromica, erogava una potenza notevole: la 916 Strada erogava una potenza di 114 CV a 9000 giri/min, e copriva i 400 m in 10,7 secondi. Al propulsore si aggiungevano poi le sospensioni di alta qualità e il sistema frenante Brembo che facevano della 916 una macchina perfetta non solo per sfrecciare sui rettilinei, ma anche per affrontare le curve con una precisione senza pari.
La regina delle superbike
La 916 non deluse le aspettative su pista. Esordiente nel campionato mondiale Superbike del 1994 con una versione maggiorata (cilindrata da 995) venne condotta subito all’aride da Carl Fogarty – un nome che si sarebbe legato per sempre al marchio Ducati – nonostante qualche problema in termini di affidabilità. La 916 si ripeté l’anno successivo e quello ancora dopo. La moto era ormai tanto competitiva e veloce da poter confrontare i tempi sul giro di Troy Corser, il secondo alfiere Ducati, con quelli registrati dalle 500 GP a due tempi, nonostante queste avessero CV in più e 30 kg in meno rispetto alla moto del neo Campione del Mondo Superbike 1996. Il 1997 fu l’anno peggiore per la 916. Nonostante un motore nuovo e più affidabile la moto era afflitta da problemi di guidabilità e di erogazione, tanto che Ducati perse il campionato costruttori. Nell’anno seguente il superamento dei problemi portò il terzo titolo a Fogarty.
L’eredità duratura
Anche se la produzione della Ducati 916 è cessata, il suo impatto continua a essere rilevante nel mondo delle moto sportive. Il design iconico è stato tramandato alle generazioni successive di moto Ducati, influenzando modelli successivi come la 996 e la 998. Inoltre, la 916 è diventata una moto da collezione ambita, con gli appassionati disposti a pagare prezzi elevati per possedere un pezzo di storia delle due ruote.
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