Un Piano di accumulo del capitale è una modalità di investimento che consiste nell’acquisto periodico di strumenti finanziari, come fondi comuni o Etf. Rende mediamente più basso il rischio dell’investimento, ammortizzando alti e bassi del mercato
Carbone: “La cifra definita per il proprio piano di accumulo dovrebbe essere sostenibile rispetto alla situazione finanziaria attuale e prospettica: maggiore è la priorità dell’obiettivo, maggiore dovrebbe essere la stabilità della quota di risparmio usata per quel piano”
Spesso si crede che per iniziare a investire sia necessario aver accantonato prima un sostanzioso “tesoretto”. In realtà, esiste un modo per investire a piccoli passi, valorizzando i propri risparmi in maniera graduale nel tempo. Si tratta del Piano di accumulo del capitale (comunemente noto come Pac), una modalità di sottoscrizione di uno o più strumenti finanziari attraverso il versamento periodico di capitale. Per spiegare come funziona We Wealth ha intercettato Andrea Carbone, divulgatore, economista, formatore e ideatore di smileconomy, società indipendente di ricerca e consulenza finanziaria, assicurativa e previdenziale.
Pac: cos’è e quali sono i vantaggi
“I piani di accumulo sono una formula utile per creare ricchezza in vista di un futuro obiettivo di vita”, racconta Carbone. Solitamente hanno tre vantaggi, aggiunge. Innanzitutto non obbligano ad avere già disponibile fin da subito la somma della quale si avrà bisogno: la cifra necessaria viene infatti raggiunta man a mano nel tempo grazie a un accantonamento mensile. In secondo luogo, i piani di accumulo aiutano a separare (a volte mentalmente, a volte fisicamente) i risparmi in funzione dell’obiettivo: si minimizza quindi la probabilità che le risorse accumulate possano essere usate per altre necessità. Il terzo vantaggio è quello di rendere mediamente più basso il rischio dell’investimento, perché accumulando nel corso del tempo vengono ammortizzati gli alti e bassi del mercato.
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Come definire l’ammontare da investire
In generale, la scelta dell’importo da versare e della durata del piano spetta all’investitore, che contribuisce anche a definire la strategia di investimento più adatta alle sue esigenze. Secondo Carbone, infatti, l’asset allocation sottostante (che definisce il livello di rischio dell’investimento) dovrebbe avere sia ragioni oggettive che soggettive. “Da un punto di vista finanziario bisognerebbe trovare il profilo di rischio più coerente con l’orizzonte temporale dell’investimento”, spiega l’esperto. “Per brevi durate, di 3 o 5 anni, sono solitamente da privilegiare linee a basso rischio, sebbene il 2022 ci abbia ricordato come anche le linee obbligazionarie possano essere soggette a forte variabilità. A livello soggettivo ogni risparmiatore dovrebbe poi dire la sua in termini di approccio al rischio: bisogna infatti essere consapevoli del rapporto rischio-rendimento, della possibilità che l’investimento possa non risultare profittevole in un dato orizzonte temporale e accettare quindi le caratteristiche del piano che si sta affrontando”, avverte Carbone. L’ammontare da investire è invece solo in parte legato al profilo di rischio, “in quanto maggiori sono l’orizzonte temporale e la componente azionaria, minori saranno statisticamente i versamenti necessari a parità di obiettivo”, precisa l’esperto. La cifra definita per il proprio piano di accumulo dovrebbe infatti anche essere sostenibile rispetto alla situazione finanziaria attuale e prospettica. In altre parole, maggiore è la priorità dell’obiettivo, maggiore dovrebbe essere la stabilità della quota di risparmio usata per quel piano.
I costi del Piano di accumulo del risparmio (Pac)
Quanto ai costi del Pac, dipendono dalla tipologia di strumento scelto e dall’intermediario. “I piani di accumulo sono una modalità per investire, non uno strumento”, dice Carbone. “I costi sono quindi legati al dove si stia investendo: un Etf mediamente costerà meno di un portafoglio gestito in modo attivo. Ma conta anche il come si sta investendo: ci sono piattaforme di investimento che prevedono Pac automatici, ma si possono usare anche strumenti di risparmio o polizze assicurative di investimento. E come sempre, infine, bisogna distinguere tra costi della singola transazione (quando si investe il denaro) e costi di gestione annua del proprio risparmio”.
Pac: investire a piccoli passi o in un’unica soluzione?
Meglio quindi investire a piccoli passi, tramite un Pac, o in un’unica soluzione? “Salvo particolari formule offerte dall’intermediario, solitamente un Pac ha un costo operativo maggiore rispetto a investire in un’unica soluzione: ciò avviene perché ci sono più transazioni di acquisto”, dichiara Carbone. Quando si effettua un Pac è quindi necessario controllare se la commissione di acquisto, quando presente, sia in percentuale, fissa, oppure in percentuale con un massimo fisso. A seconda della tipologia, si potrebbe scoprire che dei Pac fatti con piccoli versamenti potrebbero essere erosi in modo significativo dai costi di acquisto. “Non c’è una regola di normalità, ma solitamente più è limitata la cifra investita, più bisogna fare attenzione alla struttura dei costi. Al contrario, al salire del valore del Pac, spesso i costi di transazione diventano marginali e sarà invece opportuno concentrarsi sui costi di gestione annui”, conclude l’esperto.