A pochi chilometri dal centro di Lugano, la Fondazione Bally – oggi situata nella suggestiva Villa Heleneum – è dal 2006 punto focale della vita artistica nel Canton Ticino. Fondata dalla casa di moda Bally (azienda nata nel 1851 a Schönenwerd da Carl Franz Bally e che ad oggi conta 300 negozi e più di 1.400 dipendenti in tutto il mondo), la Fondazione ha come missione quella di collaborare con talenti visionari e creativi per portare innovazione al di là del ristretto modo della moda. Tutto questo sempre in linea con la filosofia del fondatore del brand, persona colta e aperta, che nel corso della sua vita ha calzato personalità importanti quali l’imperatrice Sissi (che indossava stivali Bally il giorno del matrimonio), Charlie Chaplin e gli esploratori Edmund Hillary e Tenzing Norgay (che hanno utilizzato gli scarponi del brand per raggiungere la vetta dell’Everest nel 1953).
27th of March 2012 (2020), Petrit Halilaj e Álvaro Urbano
Negli ultimi 15 anni la Fondazione Bally si concentrata sul territorio svizzero, lavorando con istituzioni pubbliche locali (quali il MASI di Lugano, il MAMCO di Ginevra, la Kunsthalle di Basilea e la Aargauer Kunsthaus di Aarau), collezionisti e aziende private elvetici (si veda la Collezione Olgiati di Lugano), pur collaborando anche con musei internazionali (dalla Tate Modern di Londra al Musée D’Orsay di Parigi). Il risultato è stato la creazione di un network artistico e intellettuale attento alle tematiche “calde” del mondo dell’arte, oltre che allo sviluppo programmi site-specific volti alla scoperta e sponsorizzazione di nuovi artisti. Dal 2008 infatti, la fondazione assegna tutti gli anni il Bally Artist Award ad un artista svizzero o residente in Svizzera che si è particolarmente distinto per la propria pratica artistica (con particolare accento sull’incontro tra arte e natura). L’artista vincente – che nel 2023 è stato Pedro Wirz (scelto da una giuria di sette esperti di fama internazionale) – vede acquisita ed integrata la propria opera nella collezione del MASI di Lugano e beneficia di una mostra personale di due mesi nella sede di Palazzo Reali. La nuova direttrice della Fondazione, l’italiana Vittoria Matarrese, ha inoltre annunciato che a partire dal 2024 Fondazione Bally aprirà un programma di residenze artistiche per la ricerca e la nuova produzione di opere d’arte.
ANTONI (2021), Ligia Dias
I progetti della fondazione Bally in un “posto perfetto”
Villa Heleneum non è altro che il posto “perfetto” per realizzare i progetti della Fondazione Bally. Edificata tra il 1930 e il 1934 sulla già esistente Villa Caréol, l’edificio è espressione della personalità cosmopolita della sua prima proprietaria, Hélène Bieber. Hélène, ballerina tedesca nata nel 1890, era un’assidua frequentatrice di atelier parigini con un sogno nel cassetto: quello di creare un circolo artistico sulle sponde del lago di Lugano (probabilmente ispirato al Monte Verità di Ascona). La Bieber collaborò con l’architetto Hugo Dunkel per realizzare un “Heleneum” ispirato all’architettura neoclassica del Petit Trianon di Versailles, senza però mai riuscire a completarlo a causa della crisi economica degli anni ’30 e della Seconda guerra mondiale (la villa fu abitata solo saltuariamente). Dopo la morte di Hélène, la villa fu utilizzata per scopi sempre legati al mondo dell’arte e della creatività, fino a passare nelle mani della Fondazione Bally nel 2016. Il brand ha iniziato un restauro dei tre piani della villa per riportarla all’architettura originale, e nel 2023 ha aperto gratuitamente al pubblico le porte dell’Heleneum e del suo magnifico parco (dalle innumerevoli specie di piante e fiori).
Bodies in the park (1985), Vito Acconci
Un lago “sconosciuto”
Villa Heleneum ospita oggi il primo progetto espositivo della nuova direzione, Un Lac Inconnu, visitabile fino al 24 settembre. La mostra prende spunto da Proust e dalla continua interazione tra il paesaggio esterno e il moto d’animo interno all’uomo, coinvolgendo più di 20 artisti internazionali, istituzioni pubbliche e collezionisti nel prestito delle varie opere. Al piano terra si viene subito accolti da un’opera che ben rappresenta lo spirito della mostra, Close Your Eyes (2003) di Haim Steinbach è una finestra orizzontale aperta sul lago, che ci invita a farci travolgere dalla pace data dal paesaggio circostante. Le due grandi forsizie (27th of March 2012, 2020) di Petrit Halilaj e Álvaro Urbano sono posizionate sullo scalone principale in dialogo continuo con la vegetazione esterna.
La vista da Villa Heleneum
Vito Acconci ci propone invece di “diventare tutt’uno con la natura”, sedendoci sulle sedie a forma umana ricoperte di fogliame artificiale (Bodies in the Park, 1985) sparse sul primo piano della villa. Caroline Bachmann propone dei quadri che rappresentano oniriche vedute del Lac Léman (Grand nuage jaune et gris, Grands nuages orange reflet, Rayon nuage gris, 2022-2023), mentre la lituana Emilija Škarnulyt? ci regala un video in cui esplora i fondali romani del Golfo di Napoli in qualità di moderna sirena (Sunken Cities, 2021).
Le Lac Intérieur (2023), Mathias Bensimon
Interessanti sono anche Belle Du Vent (2003) una pietra vulcanica progettata da Rebecca Horn per aprirsi e far intravedere agli spettatori il quarzo traslucido al suo interno, l’eclettico lampadario ANTONI (2021) ispirato a Gaudì e creato da Ligia Dias con oggetti di “scarto” e Rayon Vert (2021) della francese Adélaïde Feriot, delle maschere fluttuanti oggetto di performance canora. Infine, immancabile è l’opera esterna (e affacciata sull’acqua) di Mathias Bensimon: Le Lac Intérieur (2023) è una piccola “stanza affresco” ricavata nella parete di Villa Heleneum.
Rayon Vert (2021), Adélaïde Feriot