È innegabile che la pandemia abbia colpito, causa chiusura totale degli spostamenti e degli accessi ai siti culturali e ricreativi, uno dei settori principali dell’economia italiana: il turismo. Gli studi Istat, Banca d’Italia e delle principali associazioni di categoria, hanno, infatti, più volte evidenziato la capacità del settore di attrarre, oltre ai visitatori e alla loro capacità di spesa, molti investitori in grado di veder spesso ben remunerata la loro fiducia nello stesso. Premesso che i dati, ancorché molti di essi siano riferiti ai consuntivi 2018, vedano prevalere il cosiddetto “turismo – culturale” rispetto a quello dedicato al divertimento puro, è opportuno ricordare, tuttavia, che una gran parte dei visitatori dei siti erano stranieri e concentrati nelle principali città d’arte, capaci di rappresentare e offrire una vasta offerta di servizi collaterali (strutture alberghiere – extra alberghiere – ristorazione – commerciali in genere) ad ampio spettro per tutte le tipologie di fruitori.
Il primo periodo post-pandemico, invece, ha decretato il forzato mancato ingresso sul territorio dei turisti stranieri e la difficoltà, per i potenziali turisti italiani, di affrontare lunghe trasferte per i difficili collegamenti aerei e ferroviari, ma, anche, soprattutto a causa delle limitazioni di spostamento ultra regionale (in una prima fase di ripartenza) e l’inevitabile timore del riacutizzarsi dell’epidemia; ciò ha provocato un
effetto domino di elevati mancati incassi in tutte le diverse fattispecie di servizi legati al mondo del “piacere culturale”.
In via prospettica, anche per favorire una rapida ripresa dei flussi di persone e, di conseguenza, di quelli finanziari, si ritiene che gli operatori di settore possano dedicare la loro attenzione a un turismo che potrebbe essere definito di “prossimità”. L’Italia, infatti, è un Paese ricco di attrattive naturali, antropo-culturali, enogastronomiche; ogni Regione è in grado di offrire peculiarità che, in molti casi, non sono conosciute dagli abitanti delle stesse; gli operatori del settore potrebbero organizzarsi in filiere complete per offrire un servizio a 360°, a prezzi contenuti, anche grazie alle brevi distanze, ai potenziali cittadini che quest’anno avranno a disposizione minori periodi feriali (perché hanno già utilizzato “forzatamente” gli stessi nei giorni di chiusura totale del Paese) o, soprattutto, minori risorse economiche.
Il concetto di filiera completa è da intendersi nell’accordo tra i vari operatori del settore (Linee di trasporto sia pubbliche che private, albergatori, ristoratori, gestori di musei sia pubblici che privati, commercianti in genere, gestori dei locali di intrattenimento, di lidi demaniali, di impianti a fune, di rifugi, guide turistiche ….) per organizzare “pacchetti” fruibili, principalmente, da
residenti a distanze chilometriche non proibitive, e che, in pochi giorni, potrebbero ammirare e riscoprire il proprio territorio. Un aspetto non trascurabile della costituzione della citata filiera, consisterebbe nell’unità di tutti gli operatori, i quali potrebbero, con l’ausilio di una struttura unica accentrata delle prenotazioni e degli incassi, gestita in modo autonomo dai soggetti partecipanti con propri rappresentanti, suddividersi gli introiti proporzionalmente al servizio offerto, ma, soprattutto, essere in grado di valutare, in maniera più puntuale, i flussi finanziari che si generano sul territorio e magari, se fossero costituiti in un “consorzio”, deliberare di destinare, in misura percentuale, una parte degli stessi al finanziamento di nuove iniziative tese al miglioramento continuo dell’offerta sia in termini quantitativi (siti visitabili, strutture ricettive e ricreative) sia in termini qualitativi (ristrutturazione e ammodernamento delle strutture già esistenti) garantendo, così, la possibilità di essere sempre propositivi e non più passivi, subendo, in talune circostanze, la continua riduzione delle presenze, dovuta a un contestuale decremento della qualità dei servizi offerti.
La sinergia tra gli operatori, infatti, dovrebbe fungere da stimolo, per tutti, al perseguimento di migliori “performance” sia nel numero degli arrivi, sia nel numero dei giorni di soggiorno, che di flussi finanziari garantiti da una migliore offerta. La possibilità di una visita a un museo, piuttosto che a un giardino botanico o a un parco naturale o a una riserva marina, collegata a pacchetti alberghieri o a visite enogastronomiche organizzabili con le diverse associazioni di categoria, o, infine, alla possibilità di dedicarsi agli acquisti con privilegi economici abbinabili a uno o più dei servizi in precedenza acquistati, potrebbe rivelarsi un’attrattiva maggiore per un turista “indeciso”. Poter accedere, inoltre, alle misure di finanziamento agevolato non solo per attutire i disagi economici prodotti dalla pandemia, ma anche in funzione di investimenti prodromici a una veloce “ripartenza”, dovrebbe spingere molti operatori economici di piccola o piccolissima dimensione a considerare l’ipotesi di costituire una “squadra” impegnata per lo sviluppo territoriale e, conseguentemente, economico nella sua generalità e non, solo, a ricercare una soluzione solitaria che, nella maggior parte dei casi, potrebbe rivelarsi non sopportabile economicamente.
È innegabile che la pandemia abbia colpito, causa chiusura totale degli spostamenti e degli accessi ai siti culturali e ricreativi, uno dei settori principali dell’economia italiana: il turismo. Gli studi Istat, Banca d’Italia e delle principali associazioni di categoria, hanno, infatti, più volte e…