Le conseguenze della pandemia inoltre si evidenzieranno gradualmente, ma saranno tali da incidere a lungo sul nostro stile di vita e sulla nostra economia globalizzata. Il covid-19 in molti casi, infatti, non è stato necessariamente un game changer, quanto piuttosto un elemento acceleratore di fattori e tendenze già presenti.
Alcune asset class hanno già subito danni molto rilevanti proprio dal lockdown e dalla conseguente paralisi della mobilità e del turismo. Basti pensare al settore alberghiero e a tutti gli asset legati all’hospitality – dagli ostelli alle case destinate a short rent – per i quali i trend molto positivi d’inizio 2020 sono stati radicalmente ridimensionati.
Il retail, ad eccezione del segmento highstreet, pare destinato a una flessione, principalmente in ragione di alcuni trend evidenziatisi già prima della crisi attuale. Gli edifici saranno riconvertiti in base alle nuove esigenze. In molti mercati i data centre e i magazzini hanno già rimpiazzato i centri commerciali, i depositi stanno iniziando a sostituire i negozi retail.
Altri settori appaiono più resilienti, come nel caso della logistica legata all’e-commerce e del residenziale, sebbene per quest’ultimo la domanda sia variata sensibilmente incentrandosi su immobili con spazi più ampi, non necessariamente centrali ma ben connessi e con spazi esterni, dove poter pensare di lavorare per lunghi periodi.
Per il mercato degli immobili ad uso ufficio, il discorso pare più complesso.
In questo settore i mancati proventi locativi sono per ora limitati. Si potrebbe dunque pensare a conseguenze contenute, se non avessimo ogni giorno davanti la visione sbalorditiva di vasti uffici totalmente deserti. Eppure, banche, uffici commerciali, assicurazioni e studi professionali continuano a operare senza problemi.
Lo smartworking esisteva già ma era poco diffuso. È stato il prolungato lockdown a dimostrare come sia possibile assicurare produttività anche in remoto. E questo fattore pare ormai radicato. Molti lavoratori non vorrebbero rinunciare a questa condizione, dovendo riaffrontare disagi di mobilità nelle grandi città e orari lavorativi rigidi.
Le aziende, d’altro canto, hanno compreso il potenziale risparmio derivante dalla contrazione degli spazi lavorativi e lo stanno considerando come un’opportunità di sopravvivenza, tenuto conto dell’incremento del loro indebitamento, della contrazione dei fatturati e dei costi che dovrebbero affrontare per ripensare il layout degli spazi per garantire la sicurezza sul lavoro e le misure di distanziamento sociale.
Il problema più grave per i locatori di superfici a uso ufficio è poi costituito dall’atteso taglio dell’occupazione, che comporterà autonomamente una significativa riduzione della domanda.
Tuttavia, gli analisti più autorevoli concordano sul fatto che – proprio perché meno persone si sposteranno verso le città ogni giorno – le interazioni personali con colleghi o clienti saranno considerate avere un particolare valore e qualità e resteranno concentrate nella parte più connessa, ovvero nel cuore urbano delle città. Quindi, invece che diminuire il potere delle città globali, questi cambiamenti potrebbero potenzialmente accrescerne il valore.
Gli uffici in sedi secondarie e fuori dal centro urbano, saranno invece quelli più a rischio. Con un numero maggiore di persone che lavoreranno da casa, per le aziende avrà sempre meno senso mantenere questo tipo di uffici.
Gli investitori istituzionali opereranno un “flight to quality”, privilegiando uffici prime e logistica nelle principali città. Gli asset difensivi potrebbero dunque essere rappresentati da spazi a uso uffici con ottime location nelle città principali, che risultino più “leggeri” in termini di investimento e modulabili per superfici e durata delle locazioni.
In questa prospettiva appaiono fondamentali per l’Italia riforme normative importanti, che adeguino rapidamente le regole al mutato contesto economico e sociale.
Meglio avere più tenant ai quali concedere flessibilità sui termini della locazione, piuttosto che correre il rischio di avere un immobile lungamente non occupato, con i costi e i danni che ne conseguono.
Per garantire questo risultato, occorre un quadro normativo più agile e meno concentrato a garantire una stabilità contrattuale, ormai fuori dal tempo, oltre a quella sburocratizzazione invocata da tutti, che ancora tarda a concretizzarsi. E, sempre nella prospettiva di avere un’offerta al passo con le esigenze di mercato, appare fondamentale estendere anche al comparto uffici tutti gli incentivi fiscali per l’efficientamento energetico, l’adeguamento alle norme antisismiche e la migliore connettività alla rete.
Solo disponendo d’immobili moderni, efficienti e modulabili potremo fronteggiare un mercato sempre più competitivo e necessariamente selettivo. Diversamente, si contribuirà a una nuova delocalizzazione, dettata non solo dal costo della mano d’opera, ma anche dall’assenza di un’offerta immobiliare e locativa adeguata.