La guerra commerciale ha fatto diminuire la crescita globale di 0,6 punti base
L’incertezza su come verrà risolto questo conflitto ha ostacolato qualsiasi nuovo piano di investimenti in conto capitale, non solo nei due paesi ma anche in tutti gli altri paesi asiatici che compongono le filiere produttive
Limitato invece l’effetto in Europa
Usa vs Cina
Tensioni commerciali e politiche a livello internazionale: quali ripercussioni sugli investimenti?
“In un’ottica prudenziale, la guerra commerciale globale ha fatto diminuire la crescita globale di 0,6 punti base e ha fatto entrare i paesi sensibili al commercio e caratterizzati da un’economia aperta in una fase di recessione della produzione, creando nuove pressioni inflazionistiche in quanto – come risulta dagli ultimi dati dell’inflazione core statunitense – i produttori stanno trasferendo l’impatto dei dazi sui beni di consumo.
La pura e semplice incertezza su come verrà risolta l’escalation del braccio di ferro tra Usa e Cina ha ostacolato qualsiasi nuovo piano di investimenti in conto capitale, non solo nei due paesi ma anche in tutti gli altri paesi asiatici che compongono le filiere produttive (Corea del Sud, Taiwan e Giappone). Anche l’Europa è stata travolta da una reazione a catena, ma per ora ha subito in maniera più indiretta l’effetto dell’aumento dei dazi. La domanda di beni strumentali è calata a causa della minore crescita economica cinese.
La guerra commerciale ha creato un rallentamento ciclico e, insieme alla crescita strutturale più bassa e a un contesto caratterizzato da una minore inflazione, gli investimenti negli ultimi 18 mesi si sono concentrati in aree difensive e di crescita secolare dei settori dell’healthcare, e-commerce, internet e technology service.
L’ultima tappa di questo trend degli investimenti dovrebbe coinvolgere le aziende attive nel settore dei beni di consumo con una forte brand awareness, solide quote di mercato e potere di determinazione dei prezzi. Negli ultimi anni ci siamo trovati in una situazione simile a quella dei Nifty Fifty, un gruppo di aziende, come ad esempio Kodak, che all’epoca erano le uniche a riportare una crescita degli utili scarsa ma visibile. P&G, Coca-Cola e simili dovrebbero beneficiarne. Gli attuali livelli del rapporto prezzo/utili, compresi tra 10 e 20, potrebbero sembrare costosi ma, a nostro avviso, se non dovesse esserci una forte ripresa economica e se i tassi di interesse si manterranno in territorio negativo, gli investitori continueranno a concentrarsi su azioni high growth considerate bond proxy. Di conseguenza un eventuale incremento dei multipli.
Per quanto riguarda l’obbligazionario, i bond societari offrono un certo sollievo dopo il repricing del rischio dello scorso anno. Occorre però tenere presente che la qualità del mercato del credito è diminuita, come dimostrato dal fatto che l’indice European IG (investment grade) è oggi composto per il 50% da crediti con rating BBB. Quindi è necessario essere prudenti in quanto una rigorosa selezione degli emittenti al giusto prezzo aiuterà ad offrire un ammortizzatore rispetto alle possibili conseguenze della fine del ciclo di sovraindebitamento”.
In un contesto di tassi bassi – in alcuni casi negativi – dove cercare il rendimento?
“Per oltre 12 mesi abbiamo selezionato con cautela i tassi dei titoli di stato con scadenza più lunga – che riteniamo convergeranno verso i tassi dei bond sovrani tedeschi – riportando anche ottimi rendimenti. Riteniamo che sia giunto il momento di trarre profitto dalla riduzione del divario tra i tassi dei paesi periferici, come la Spagna, e le obbligazioni semi-core di Belgio, Francia e Austria. Tuttavia crediamo che ci sia ancora valore nell’acquisto di titoli di stato con una scadenza più lunga in Italia e Cipro, coprendo contestualmente parte del rischio di tasso di interesse con la vendita di bund tedeschi, in quanto riteniamo che i recenti piani di allentamento della politica monetaria della Bce siano ora pienamente incorporati nella curva dei tassi tedesca.
Alla luce dell’allentamento monetario da parte della Fed, ci aspettiamo che il dollaro si indebolisca e che si verifichino migliori condizioni per la stabilizzazione dei prezzi del debito dei mercati emergenti, fattore che permetterà agli investitori di beneficiare di rendimenti reali più elevati, soprattutto in paesi come la Turchia, dove i fondamentali economici (partite correnti e inflazione) sono notevolmente migliorati. Dall’altra parte dell’Atlantico, prevediamo un forte appiattimento della curva statunitense, in scia al calo dei tassi di interesse a breve termine e da ormai almeno uno o due trimestri siamo ben posizionati per questa eventualità”.