Nel 2019 i turisti stranieri hanno rappresentato ben il 50,3% delle presenze totali su territorio nazionale
Diventa essenziale adottare una politica volta a incentivare il turismo nazionale, con prezzi competitivi e un’offerta che spinga gli italiani a scegliere di rimanere sul territorio nazionale
L’ipotesi presa in esame considera, infatti, che quest’anno le presenze straniere in Italia potrebbero essere solo 17,4 milioni (quelle registrate tra gennaio e febbraio, prima dell’esplosione del coronavirus). Così – si legge nello studio – se gli italiani che nel 2019 avevano trascorso le proprie vacanze in Italia continuassero a farlo anche nel 2020 e quelli che invece avevano viaggiato all’estero decidessero di restare in Italia, sarebbe possibile registrare 528 milioni di presenze, compensando la scarsità dei viaggiatori stranieri.
Ovviamente alcune città sarebbero più colpite di altre. Le grandi città italiane, dove il turismo internazionale è considerevolmente più sviluppato di quello nazionale (come Venezia, Firenze, Roma e Milano), potrebbero essere quelle più colpite dall’emergenza coronavirus, in virtù del fatto che la grande maggioranza dei turisti stranieri, che solitamente le scelgono come meta, saranno impossibilitati a raggiungerle per buona parte dell’anno in corso. “Diventa quindi essenziale, sia nelle grandi città d’arte che nelle città più piccole, nelle località di mare e di montagna, adottare una politica volta a incentivare il turismo nazionale, con prezzi competitivi e un’offerta che spinga gli italiani a scegliere di rimanere sul territorio nazionale per i propri viaggi”, spiega World Capital.
In generale, nessuna tipologia di struttura ricettiva è e sarà immune dagli effetti dell’emergenza covid-19: dagli ostelli, agli alberghi, compresi i serviced apartment.
Focalizzandoci sui valori immobiliari, secondo World Capital rispetto alle stime registrate nel 2019 le contrazioni oscilleranno dal 10 al 27%, con ripercussioni maggiori sui 4 e i 3 stelle, mentre i 5 stelle registreranno un impatto inferiore sul lungo periodo.
Spostandoci sul 2021 lo scenario, tuttavia, è più confortanti. La società prevede un ritorno alla situazione pre covid tra il 2021 (periodo di inizio ripresa) e il 2022 (quando i valori dovrebbero stabilizzarsi). Il tempo di recovery sarà soggettivo: più lento per tipologie di struttura come i full-service hotel legati al segmento Mice (meeting, incentive, conference and exhibition), le destinazioni che dipendono fortemente da una clientela internazionale, gli hotel indipendenti e gli hotel in città con elevati contagi, mentre una ripresa un po’ più ritmata coinvolgerà gli hotel che lavorano con clienti transient (transitori), i mercati leisure drive-to e gli hotel midscale (di fascia media).