Nello stato attuale delle cose, verosimilmente, l’attività turistica e ricettiva italiana dovrà rivolgersi nei prossimi anni più al mercato domestico che a quello internazionale. Per far questo, occorrerà innanzitutto incentivare quell’attività di marketing e di divulgazione che è stata sinora concentrata sugli stranieri. Quanti italiani, ad esempio, pensano di andare a visitare (o addirittura conoscono) la Villa del Casale a Piazza Armerina? Una dimora patrizia di campagna del IV secolo dopo Cristo dove si può vivere l’esperienza unica di attraversare ambienti intatti vissuti da una facoltosa famiglia romana, ammirando mosaici unici, come in una sorta di macchina del tempo.
Se davvero stiamo assistendo alla nascita di un mondo nuovo, occorre avere nuovi paradigmi e un sistema radicalmente rinnovato. La proposta è dunque quella di cambiare la visione e la prospettiva dal negativo al positivo. Smettere di emanare ossessivamente norme dispositive di difficile comprensione su ogni aspetto delle attività economiche e emanare poche norme, chiare e dirette, che stabiliscano il perimetro dell’attività e ciò che è espressamente vietato per preservare la salute, l’incolumità e la sicurezza sul lavoro di ospiti e addetti al settore. Per il resto tutto deve essere liberamente consentito. Un passo epocale e rivoluzionario, difficilissimo da introdurre, si sa. Ma, assolutamente necessario a questo punto, per non morire di burocrazia dopo essere sopravvissuti al virus.
Una seconda proposta riguarda la fiscalità, con interventi non solo mirati ad assicurare incentivi e sgravi alle imprese e alle società che detengono alberghi e strutture ricettizie. Uno sgravio, o una possibilità di recupero fiscale, assume infatti che ci sia un fatturato, un risultato economico positivo e un debito fiscale sul quale operare (circostanze non del tutto scontate, se le attività sono state chiuse per disposizione normativa e non hanno potuto generare alcun flusso di reddito). Meglio forse ipotizzare forme di sgravio fiscale vero per i clienti. Se si potessero incentivare con massicci aiuti e incentivi (certo, tenuto conto delle norme europee sugli aiuti di Stato, ma anche su questo non poniamoci limiti mentali assoluti) e detrarre i costi di vacanze trascorse in Italia, ci sarebbe di certo un effetto virtuoso sia per il sistema delle imprese ricettive che per lo stesso erario, che potrebbe addirittura così far emergere una quota importante di evasione.
Un’ultima proposta potrebbe essere più generale. Cosa serve a un Paese per attrarre turisti, oltre a monumenti, musei e siti da visitare? Di certo le infrastrutture: aeroporti, autostrade, linee ferroviarie ad alta velocità e porti, che consentano di spostarsi velocemente e in sicurezza. In Italia il sistema di infrastrutture è stato in larga parte costruito nel periodo del boom economico degli anni ’60 del secolo scorso e oggi è scarsamente manutenuto e innovato. Ecco allora che per creare il nuovo debito necessario a sopperire ai costi e ai danni della pandemia, potremmo emettere titoli di debito “nuovi”, più specifici, garantiti dalle infrastrutture che andremmo a creare o manutenere. È probabile che un investitore straniero, o una banca centrale, troverebbe maggiormente appetibile un bond garantito da un’opera pubblica determinata. Ad esempio un nuovo tratto autostradale Milano-Genova, al posto di una vecchia strada camionale trasformata per necessità in autostrada. Pensiamo ai molti fattori positivi che ne potremmo trarre: lavoro per le imprese e tutti gli addetti alla costruzione, un’autostrada più sicura con risparmi in termini di vite umane e di costi sanitari, una rete di collegamento che potrebbe rendere molto più fruibile il porto di Genova per tutto il sud Europa oltre a una via d’accesso per terra veloce, utilissima per i turisti sia italiani che stranieri (visto che volare si preannuncia sempre più complicato). Un’idea che potrebbe forse facilitare l’allocazione del nostro debito e farci percepire in modo diverso anche dai Paesi europei che – a torto – vorrebbero farci indossare i panni degli indigenti da soccorrere.
Tutte proposte molto ambizione, è ben chiaro. Ma per citare Albert Einstein, “senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia”. Quindi, rimbocchiamoci tutti le maniche.