Molti credono che le monete greche o romane siamo estremamente rare, dato che furono coniate oltre 2000 anni fa. Nel caso di quelle d’oro e di qualcuna d’argento hanno sicuramente ragione. Tuttavia, proprio perché gli antichi capirono l’immenso potere della moneta, le monete antiche non sono così rare come si possa pensare. Ne sono state infatti prodotte milioni di esemplari per svariati secoli: inoltre, alcuni degli imperatori che durarono in carica molti anni abusarono del loro potere. Per questo i loro ritrovamenti sono molto più comuni di quanto si immagini. Ecco perché.
Il rapporto col denaro nell’antica Grecia e Roma
Già all’epoca di Alessandro Magno prima e con l’avvento di Augusto e la nascita dell’impero Romano poi, chi comandava si arrogava il diritto di emettere monete preziose o meno preziose secondo il proprio arbitrio. Basti pensare a Nerone o Caracalla, sotto i cui domini furono coniate una quantità enorme di monete che fecero conoscere ai nostri antichi progenitori i disastri dell’inflazione già in antichità. Proprio per questo il grande filosofo Seneca perorò nei sui libri qualità come la parsimonia, la sobrietà e la moderazione; tuttavia, tali appelli furono disattesi perdendosi nel vuoto e di conseguenza fu prodotta nei secoli una quantità immensa di monete di tutte le fogge e composizioni che continuano a giungere a noi grazie ai numerosi lavori di scavo per la realizzazione di parcheggi sotteranei, manti stradali e fondamenta di palazzi. La speranza della felicità, in parte influenzata dai riti religiosi, per gli antichi Romani era in larga parte collegata al possesso di denaro, tanto che addirittura uno schiavo che fosse stato in grado di mettere da parte abbastanza soldi durante una vita di lavoro avrebbe potuto comprarsi la propria libertà se il suo padrone fosse stato d’accordo.
Ecco come (e dove) cercare un tesoro
Dunque, accumulare denaro non era solo un vezzo da ricchi, ma una vera e propria necessità sociale, tanto che per alcuni antichi pensatori l’elevazione delle masse era possibile se supportata da una capillare diffusione della ricchezza e soprattutto della parsimonia. Per questo, nei secoli, in assenza di banche e casseforti, in molti cercavano nascondigli di fortuna tra le mura dei palazzi e delle proprie abitazioni oppure seppellendo tesoretti dentro giare e terracotte, in luoghi più o meno protetti in mezzo alla natura. Ma la vita era breve e incerta e capitava spessissimo che per l’arrivo di nemici o per morti inaspettate questi accumuli rimanessero nascosti per sempre sino a giungere in molti casi, sino ai giorni nostri.
La scoperta di Ozzano (provincia di Bologna)
È proprio in uno di questi luoghi dimenticati che l’anno scorso gli archeologhi hanno ritrovato non distante da Bologna, nel comune di Ozzano, in quella che fu l’antica cittadina Romana di Claterna, ben 3mila monete in argento e bronzo, raccolte da scavi che occupano circa un ettaro di estensione. Oltre ai Denari, le monete d’argento più diffuse in antichità, parecchie in ottima conservazione, sono state rinvenute anche 50 gemme di vario tipo, pietre colorate con sopra delle incisioni dedicate a divinità e antiche famiglie. Ma la punta di diamante dei ritrovamenti è stata sicuramente un ’Quinarius’ d’eccezione. Infatti questo tipo di coniazioni furono battute per un breve periodo, accanto al Sesterzio d’argento, per essere poi sostituite definitivamente proprio dai Denari. Si tratta quindi di una moneta molto rara e raffigurante una ‘Vittoria Alata’ nel gesto di scrivere su uno scudo, appoggiato a un trofeo, simbolo inequivocabile del trionfo in una battaglia avvenuta in quegli stessi luoghi, oltre 2000 anni orsono. Visibile, nitidamente, c’è impressa anche la scritta ‘Roma’ mentre sull’anno del conio gli studiosi sono concordi nel datarlo al 97 avanti Cristo.
Il tesoro sommerso a largo della Sardegna
Ma le scoperte più incredibili di solito avvengono sotto le acque marine, dove imbarcazioni affondate cariche di monete, improvvisamente fanno riemergere tesori inimmaginabili, come accaduto in Sardegna non più tardi del novembre del 2023. Nelle acque antistanti il golfo di Arzachena sono state scoperte infatti un numero ancora imprecisato tra le 30.000 e le 50.000 monete romane. Il sovraintendente del Ministero delle Belle Arti responsabile del loro recupero si è spinto a dire che si sia trattato della più importante scoperta di reperti numismatici degli ultimi decenni se non della storia. Ciò che rende ancora più straordinario questo ritrovamento è lo stato di conservazione delle monete, con solo 4 pezzi danneggiati, ma comunque leggibili mentre gli altri sono praticamente tutti in fior di conio. Il contesto cronologico delle monete spazia dal 324 (periodo di coniazione di Licinio) al 340 d.C. Questa datazione è confermata dalla presenza di coniazioni riconducibili all’imperatore Costantino il Grande, colui che diede la libertà di culto ai cristiani. Tra i suoi interventi più significativi vi furono la riorganizzazione dell’amministrazione e dell’esercito, la creazione di una nuova capitale a oriente, ovvero Costantinopoli, e la promulgazione appunto dell’Editto di Milano che diede libertà religiosa ai cristiani. La Chiesa ortodossa e le Chiese di rito orientale lo venerano come santo, mentre quella Cattolica, pur non essendo canonizzato, lo inserisce nel calendario liturgico col titolo di “Eguale agli Apostoli”. Il gruppo di monete recuperato proviene da quasi tutte le zecche dell’Impero attive in quel periodo, con alcune eccezioni come Antiochia, Alessandria d’Egitto e Cartagine a sottolineare il fatto che fossero state prodotte per poter circolare proprio sul territorio sardo.
Le monete giapponesi a Kanto
Lo scorso anno è stato ricchissimo di ritrovamenti eccezionali, non solo in Italia ma in giro per il mondo. Come accaduto a Kanto, una delle otto regioni nella zona centro-orientale del Giappone, che è stato il cuore del potere feudale durante il periodo Kamakura (tra il 1110 e il 1330) e ancora durante il periodo Edo (1600-1800). Alcuni operai stavano effettuando delle perforazioni per la costruzione di una fabbrica e durante gli scavi hanno trovato un tesoro di oltre 100mila monete antiche, alcune della quali risalenti a più di 2000 anni fa. La notizia, che ha suscitato grande interesse nel mondo archeologico, è stata data dal quotidiano giapponese Asahi Shimbun. Finora sono state esaminate solo qualche centinaio delle monete ritrovate: queste sono state suddivise in 44 tipi. Gli studiosi le fanno risalire sin dal tempo dell’imperatore Wendi (175 a.C.) degli Han occidentali per giungere a quelle più recenti del periodo Kamakura. Seguendo un’abitudine cinese del passato le monete venivano coniate con un foro al centro: questo non solo per risparmiare il materiale, prezioso a quei tempi, ma anche per facilitarne il trasporto, lo stoccaggio e il conteggio. Tant’è che sono state trovate legate assieme in fasci con una corda di paglia fatta passare nel foro centrale.
Insomma, per fare un buco si sono trovate decine di migliaia di monete col buco in mezzo; è proprio il caso di dire che non è stato un buco nell’acqua!