I fondi pensione, nonostante la tassazione favorevole, potrebbero non generare nel lungo termine un rendimento paragonabile a quello dei fondi ed Etf azionari più efficienti e meno costosi. Secondo i dati Covip attualmente più aggiornati, i fondi pensione aperti, nelle 13 gestioni più performanti, tipicamente azionarie, hanno conseguito un ritorno del 5% fra il 2013 e il 2022. Per avere un metro di paragone, l’indice MSCI World Index nello stesso periodo ha realizzato una performance media dell’8,08%. Alcuni commentatori, in particolare blog e pagine di finanza personale, sottolineano numeri come questi per avvertire dei limiti dei fondi pensione come strumenti per accrescere il capitale. A lungo termine, infatti, un divario apparentemente piccolo nelle performance, può aprire voragini di differenza sul capitale.
Progetica, una società di consulenza specializzata in questo genere di simulazioni, è convinta che il confronto fra fondi pensione e strumenti finanziari, fatto in questo modo, non funzioni. “Uno strumento pensionistico è uno strumento con finalità molto diverse da quelle di un fondo o un Etf, ha dichiarato a We Wealth Claudio Grossi, partner di Progetica, “nel primo caso la finalità è quella di ottenere una rendita vitalizia, negli altri casi, si tratta di ottenere un montante da usare per consumi o per essere trasferito agli eredi”. La rendita vitalizia, per essere ancora più chiari, offre al sottoscrittore del fondo pensione, una volta maturati i requisiti, un assegno periodico per il resto della vita. Il vantaggio è che disinnesca il rischio che il risparmio accumulato possa esaurirsi, ossia il rischio “di sopravvivere al proprio risparmio”.
Se l’obiettivo è integrare la pensione, cosa cambia se scelgo un fondo o Etf azionario o un fondo pensione paragonabile in termini di rischio?
Usare montante accumulato da un fondo o Etf per prelevare periodicamente un certo ammontare di risorse da usare per i consumi espone al rischio di terminare le risorse prima del tempo, cosa che non accade nel fondo pensione proprio per la natura della soluzione. Affrontare un’esigenza pensionistica con un investimento finanziario risulta essere metodologicamente inadatto perché si sposta sul risparmiatore il rischio di vivere a lungo (rischio buono) e, di conseguenza, di terminare le risorse prima del tempo. In linea generale, le strategie di investimento puro sono efficaci per le spese pensionistiche temporanee ed aperiodiche, ma non per cibo, utenze, vestiti ecc, perché quei consumi devono essere garantiti per sempre.
Per contro, chi volesse solo accumulare un capitale senza rendita vitalizia potrebbe optare per un risparmio tradizionale?
Un risparmiatore che avesse obiettivi diversi da quelli pensionistici, ha davanti a sé due possibilità, risparmiare e investire su fondi di investimento (o Sicav o Etf) oppure investire su strumenti assicurativi con contenuto finanziario, cioè le Unit linked che presentano), benefici fiscali (come ad esempio la possibilità di compensare minus e plusvalenze e il differimento fiscale) e maggiori benefici successori (più flessibilità di destinazione). Per queste soluzioni di investimento assicurativo, è necessario valutare bene con un consulente l’incidenza di tali vantaggi rispetto ai costi.
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Cosa succede al risparmio accumulato nel fondo pensione se la morte sopravviene prima di aver maturato i requisiti pensionistici? E come vengono tassate le somme ereditate dal fondo pensione?
In caso di morte dell’aderente ad una forma pensionistica complementare prima della maturazione del diritto alla prestazione pensionistica, l’intera posizione individuale maturata è riscattata dagli eredi. La fiscalità sui fondi pensione è particolarmente favorevole, rispetto agli investimenti: in fase di accumulo la tassazione sui capital gain arriva fino ad un massimo del 20% (anziché 26%), i versamenti sono deducibili fino ad un massimo di 5.164,57 all’anno, le prestazioni (rendita o montante) hanno aliquote di tassazione che variano dal 15% al 9% in base al numero di anni di iscrizione.
In conclusione, quali sono i fattori da considerare quando si scelgono i prodotti per la parte di investimento più a lungo termine?
Innanzitutto, è necessario analizzare bene l’esigenza di lungo termine. Sto pensando di realizzare obiettivi di vita a scadenza, sto definendo una riserva, sto accumulando per gestire una ricchezza? Allora si parla di investimento. Intendo conseguire una rendita che mi consenta di vivere con x mila euro al mese in pensione? In tal caso si parla di previdenza. Qualsiasi scelta che si basa sulla convenienza, risulta fuorviante e ha buone probabilità di essere inadatta alla necessità effettiva. A quel punto, c’è un tema di definizione di obiettivo, che, come recita la norma UNI ISO 22222 sulla pianificazione finanziaria di qualità, è la fase prioritaria. Essa è formata da un ammontare di risorse necessarie per soddisfare l’esigenza e un tempo di realizzazione.
Avere molti anni avanti a sé prima della pensione è un vantaggio quando si pianifica la strategia?
Le oscillazioni negative vengono assorbite nel tempo. L’anno peggiore del mercato azionario ha segnato un -40,7% (al netto dell’inflazione) ed ha impiegato 47 mesi per recuperare quella perdita. Nel definire un profilo di rischio, la gamma di scelta dipende prima di tutto dall’orizzonte temporale: tempi brevi significano una strategia a rischio basso o medio basso; tempi lunghi, invece, dal rischio basso al rischio alto. Se pianto un olivo, dopo 3 o 4 anni dalla messa a dimora, comincerò a raccogliere i frutti. Ma soltanto dopo 9-10 anni la quantità di frutti raggiunge il pieno sviluppo e massima resa.