Ottobre 2020. A due ore dall’inizio di un’asta da Sotheby’s, il museo di Baltimora ritira dalla vendita tre opere (cd. deaccessioning museale) da cui avrebbe incassato 65 milioni di dollari al fine di aumentare lo stipendio dei propri dipendenti e per acquistare opere black e di altre minoranze. Si trattava di Brice Marden (“3”, 1987-88), Clyfford Still (“1957-G”, 1957), Andy Warhol (“The Last Supper,” 1986). Motivo? L’opposizione di alcuni membri del cda e donatori, con la minaccia di tagliare i fondi del museo, per un ammontare pari quasi a quello della vendita. Al di là del giudizio di merito su una simile opposizione, è interessante sapere che il ritiro dei lotti pre asta non è inusuale. Come mai?
Andy Warhol, “The Last Supper,” 1986
«Possono esserci questioni patrimoniali per esempio legate a un divorzio, una procedura fallimentare, dispute sulla proprietà dell’opera o sulla sua autenticità. Quest’ultimo è però un evento raro», risponde
Clarice Pecori Giraldi, art collection manager indipendente. Può anche succedere che il proprietario cambi idea, che qualcuno acquisti il lotto prima che venga pubblicamente battuto (evento accaduto in un’asta molto pubblicizzata). Oppure, «può succedere che l’opera in questione non incontri l’interesse del mercato». In che senso?
«Una volta che il catalogo è stato pubblicato, può accadere che nessuno domandi un condition report, una dilazione di pagamento. O che, dietro chiamata perlustrativa dello specialista d’asta, il cliente dimostri freddezza. Tutti segnali inequivocabili di scarso interesse». E allora, che si fa? «Allora conviene, di comune accordo con il cliente, pensare a una prudente rimozione del lotto dal catalogo, per evitare deprezzamenti nelle vendite future. Chiaramente, si parla di pezzi di una certa importanza economica. Per quelli meno costosi spesso conta l’impulso momentaneo». E se è il cliente a cambiare idea?
Brice Marden’s “3,” 1987-88
«In quel caso la casa d’aste fattura una penale del 30%, che copre la perdita delle commissioni da entrambi i lati (acquirente e venditore). In ogni caso, si possono limitare le perdite se ci si fa assistere in maniera intelligente nella negoziazione da un professionista di lunga esperienza».
Clyfford Still “1957-G”, 1957
La differenza fra un lotto invenduto e uno ritirato è abissale. Un lotto senza offerte rimane visibile sul sito, seppur con la scritta “unsold” oppure “bought in”. Un’opera ritirata invece viene cancellata e non è più visibile. È possibile accorgersene perché nella sequenza della numerazione c’è un salto. «E in ogni caso le motivazioni del ritiro non sono mai rese note al pubblico. Solo un art advisor con frequentazione pluriennale della casa d’aste può venirne a conoscenza».
Lotto invenduto
Lotto ritirato: la sequenza presenta un “buco”, il 431
Per l’intermediario è senza dubbio importante minimizzare la percentuale di invenduto, ma non si deve trattare dell’unico principio guida di gestione delle vendite. «L’equilibrio è molto più composito. Come dicono i migliori banditori, qualche rischio bisogna saperselo prendere. Un’asta guanti bianchi [100% del venduto] spesso può indicare che si è osato abbastanza. Un bravo capo d’asta deve avere questo tipo di sensibilità». Bisogna poi rilevare che la severità e la prudenza dello specialista selezionatore dei lotti aumenta – fisiologicamente – con l’approssimarsi dell’evento: «In genere si hanno sei mesi di tempo per costruire un’asta. È naturale che all’inizio si sia più generosi rispetto alla fine del periodo di raccolta, quando si hanno già un equilibrio e una composizione armonica dei lotti».
Ottobre 2020. A due ore dall’inizio di un’asta da Sotheby’s, il museo di Baltimora ritira dalla vendita tre opere (cd. deaccessioning museale) da cui avrebbe incassato 65 milioni di dollari al fine di aumentare lo stipendio dei propri dipendenti e per acquistare opere black e di altre minoranze. Si …