Ci lamentiamo di autocrati come Putin, Xi Jinping, Erdogan, ma quale segnale invia l’Occidente a questi regimi? Per lo stato ebraico non ci sono mai sanzioni. Il ritiro disastroso dall’Afghanistan, ignorando il destino di un popolo e la sua sopravvivenza, aveva già i suoi chiari precedenti. Non li vedeva soltanto chi non li voleva vedere. Ebbene questi killer di popoli e nazioni si stringono oggi volentieri le mani. La stringono pure a Mohammed bin Salman che come “principe del rinascimento arabo”, secondo le parole del senatore Renzi, ha fatto torturare, uccidere e smembrare a pezzi il giornalista Jamal Khashoggi. Jiulian Assange, fondatore di Wikileaks, che ha rivelato alcune delle trame di stati servizi segreti occidentali, è invece sotto processo a Londra.
Che cosa si decide ai vertici come il G-20, al di là dei comunicati ufficiali?
Una certa spartizione del mondo secondo interessi economici (il G-20 nasce come forum finanziario) e linee di influenza per la verità sempre più mobili. Ma c’è una certa divisione del lavoro che tiene uniti i protagonisti. Usa e occidentali vendono armi ai loro satelliti, facendo finta di esportare la democrazia. Mosca può fare quello che vuole degli oppositori. Pechino ha mano libera per far fuori che gli pare, da chi dissente agli uiguiri dello Xinjiang. I principi del Golfo possono strangolare chiunque senza che nessuno abbia da eccepire, in cambio aspettiamo i loro investimenti in occidente per lo shopping di armi e di squadre di calcio.
The show must go on. La principale ferita che ci portano questi vertici è l’assoluta mancanza di giustizia. Per essere tutti d’accordo bisogna che ognuno abbia la sua parte di sangue e di morti. Mai una volta che si senta qualcuno che difende una causa giusta rispetto al destino dei popoli. Il G-20 è nei fatti una sfilata di conformisti privi di valori ma con una superlativa qualità: il cinismo. Cinismo a dosi industriali per tutti, per le nazioni, per interi popoli, per singoli individui, per le generazioni presenti e future. Giulio Regeni è forse l’emblema di tutto questo. La storia del ricercatore italiano torturato e ucciso dagli scherani di Al Sisi, simbolo dei giovani che dovrebbero essere al centro delle trasformazioni, è ignorata: nessuno dei leader di questo consesso di ipocriti sa dire una parola che somigli anche lontanamente alla giustizia.