L’arrivi di Joe Biden alla Casa Bianca è stato accolto con entusiasmo dai partner europei che auspicano un radicale cambio di rotta sul fronte della politica estera
Il nuovo segretario di stato Antony Blinken ha attaccato gli accordi commerciali europei con la Cina appena firmati dalla cancelliera Merkel con Macron
L’Europa dovrebbe evitare facili illusioni: il conflitto commerciale tra Washington e Pechino non si attenuerà e anche i rapporti tra le due sponde dell’Atlantico potrebbero essere più tesi del previsto
Certo a prima vista le mosse iniziali di Biden piacciono all’Europa: la gestione della pandemia come priorità, i ristori per le categorie più vulnerabili, le emergenze sociali, l’immigrazione, il blocco dei debiti degli studenti, lo stop all’oleodotto di Keystone. Come ovviamente è stato gradito il ritorno nell’accordo di Parigi sul clima e nell’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità, che erano stati sbeffeggiati da Trump. Ma Biden in casa si trova davanti a grandi sfide sulla struttura economica e sociale, sulla sanità, sulle infrastrutture. Gli servirà un consenso molto più ampio di quello che ha ed è ragionevole pensare che per un certo periodo si dovrà occupare più dell’America che di noi europei. Molti qui vedono la presidenza Biden come una sorta di salvagente contro l’ascesa di sovranisti e populisti, ma non si può immaginare che le debolezze europee possano essere colmate dagli Usa.
Oltre tutto della politica estera se ne occuperà il segretario di stato Antony Blinken insieme a Jake Sullivan che dirige il National Security Council. Non è un caso che con due comunicati siano passati subito all’attacco di Cina e Russia, i due avversari principali di Washington. Il primo è un monito a Pechino per le intimidazioni nei confronti dei paesi vicini come Taiwan. Il secondo una condanna per la repressione di Mosca contro le manifestazioni di protesta per l’arresto dell’oppositore Navalny. Ma vediamo perché l’Europa non avrà vita così facile con l’amministrazione Biden.
Insieme a Biden sulla Casa Bianca è planato il nuovo segretario di stato Blinken, definito dal New York Times un “interventista liberale”, ovvero un “falco democratico” che per non smentirsi è subito passato all’attacco di Europa, Russia e Cina. Linea dura con i nemici e anche con i presunti alleati, trattati da sottoposti.
L’entusiasmo degli europei per Biden potrebbe presto raffreddarsi. Il “falco” Blinken infatti ha subito sfoderato gli artigli. Che per altro già conoscevamo. Come consigliere del vicepresidente Biden nel 2011 si pronunciò tra i primi per il siluramento di Mubarak e appoggiò con convinzione i raid contro Gheddafi: ce lo conferma lo stesso ex presidente Obama nel suo libro Una Terra Promessa. Non solo. Blinken, secondo il Financial Times, nel 2013 era un convinto sostenitore dell’intervento militare contro Assad, senza neppure passare dal Congresso, dopo il presunto uso di armi chimiche da parte di Damasco: una strada che Obama si rifiutò di seguire. Il nuovo segretario di stato ha inoltre apprezzato pubblicamente la decisione di Trump di colpire la Siria nel 2017 con un’azione dimostrativa. Mai ovviamente da lui una critica per l’assassinio ordinato da Trump del generale iraniano Soleimani oppure per quello dello scienziato di Teheran Fakhrizadeh a opera del Mossad.
L “interventista liberale” nell’audizione al Senato, alla vigilia dell’insediamento, ha preso subito di mira il gasdotto russo Nord Stream 2 minacciando sanzioni a Berlino. “Bisogna utilizzare ogni strumento persuasivo anche nei confronti della Germania per impedire il completamento di Nord Stream 2 e se serve imporre sanzioni ai partner europei”. Blinken ha espresso la stessa posizione di Trump e Pompeo per sanzionare le compagnie che lavorano alla pipeline, ormai in via di completamento. Non c’è da meravigliarsi. Michael McFaul, ex ambasciatore Usa in Russia che ha lavorato a stretto contatto con Biden, ha detto che Blinken e altri democratici, dopo la sconfitta di Kerry contro Bush jr. nel 2004, avevano fondato un gruppo chiamato “Iniziativa Phoenix”, sostenendo che il partito democratico avesse bisogno di un approccio sulla sicurezza nazionale più “duro”. Un interventismo perfettamente in linea con i neoconservatori del partito repubblicano.
Blinken ha attaccato anche gli accordi commerciali europei con la Cina appena firmati dalla cancelliera Merkel con Macron. La Cina, ha detto, è l’avversario principale con il quale “bisogna assumere una posizione di forza”. E per fugare ogni dubbio dei senatori ha aggiunto: “Credo che il presidente Trump avesse ragione. Non sono molto d’accordo con il modo in cui ha affrontato la questione cinese in una serie di settori ma il principio di base era quello giusto e penso sia utile alla nostra politica estera”. Blinken non è stato neppure turbato dall’ultima mina vagante lanciata dal suo predecessore Pompeo nei rapporti con Pechino: la decisione di definire la condotta cinese contro gli uiguri “genocidio”. “Questo sarebbe stato anche il mio giudizio”, ha tagliato corto.
Quanto all’Iran Blinken è apparso meno ottimista del suo capo per un rientro nell’accordo sul nucleare del 2015 cancellato da Trump. “E’ ancora molto lontano – ha detto – e qualora dovesse accadere, ci consulteremo prima con Israele e gli stati del Golfo”. Blinken ha messo subito i paletti per una nuova intesa: “Qualsiasi accordo con Teheran dovrà includere il programma missilistico e la fine del sostegno alle milizie ‘per procura’ in Medio Oriente”. Esattamente come avrebbe voluto Trump che aveva già incassato il rifiuto dell’Iran a un negoziato sui programmi militari.
È evidente che il Patto di Abramo in funzione anti-iraniana tra Israele e le monarchie arabe e il riconoscimento di Gerusalemme capitale con il trasferimento dell’ambasciata Usa non sono in discussione. Ma queste eredità di Trump renderanno ancora più inestricabile il dossier palestinese.
Blinken, il “falco” di Biden, non ribalterà la politica estera americana: la renderà soltanto più digeribile con citazioni appropriate (ha fatto le scuole in Francia) e un linguaggio diplomatico ma tagliente. Non facciamoci illusioni.
(articolo pubblicato sul Magazine di febbraio 2021)