Ferdinando Salce nasce a Treviso nel 1877 da un’agiata famiglia di commercianti di tessuti. Il padre lo vuole contabile, ma dedica tutta la sua vita (o quasi) a una sola passione: il collezionismo
Al di là dei 24.580 pezzi della raccolta Salce, che raccontano la storia dell’arte pubblicitaria tra Otto e Novecento, è la corrispondenza epistolare di Nando a rappresentare una vera perla per la collezione
Alla sua morte, nel 1962, Nando decide di lasciare tutto al Ministero dell’Istruzione, previa la certezza che la raccolta venga conservata in una città veneta. Treviso insorge, rivendicando la paternità della collezione
Nando e la pubblicità
Ferdinando Salce nasce a Treviso nel 1877 da un’agiata famiglia di commercianti di tessuti. Il padre lo vuole contabile per l’azienda, e così Nando si diploma in ragioneria. Ma la fortuna, che lo vuole nato in una famiglia benestante, gli offre la serenità per dedicare tutta la sua vita (o quasi) a una sola passione: il collezionismo.
Comincia diciassettenne, nel 1895, con “solo” una lira: il suo primo acquisto è un’affiche del pubblicitario romano Giovanni Maria Mataloni per la Società Anonima per l’Incandescenza a Gas. Un manifesto che è considerato il primo esempio di pubblicità di valenza artistica in Italia, tanto che Vittorio Pica, scrittore e critico d’arte, lo definisce “il primo cartellone italiano che, per concezione, per fattura e per tiraggio, sia degno di stare a confronto coi cartelloni bellissimi, che, a Parigi, a Londra, a New York, consolano in qualche modo le pupille degli aristocratici amatori d’arte”. Nando ha occhio, oltre che disponibilità economica.
Per il professor Manzato, studioso dell’attività collezionistica di Salce, la passione di Nando per l’arte pubblicitaria – allora abbastanza inusuale anche per una famiglia benestante, che ai manifesti preferiva i dipinti – nasce dalla curiosità per il nuovo. Prima dell’avvento della macchina fotografica i cartelloni erano infatti motivo d’attrazione per i cittadini, che accorrevano nelle piazze per ammirare la traduzione a colori del progresso scientifico e tecnologico.
Dal primo incontro con la pubblicità, Nando ne fa di strada: comincia a documentarsi e a leggere testi utili a un collezionista di manifesti. Impara a conoscere i vari artisti più attivi e a distinguere un manifesto di qualità artistica da uno semplicemente finalizzato alla vendita.
Nando, Gina e la pubblicità
Nel 1899 Nando sposa Regina (Gina) Gregorj. I due, che si conoscevano fin da bambini, oltre a una grande cultura condividevano le stesse radici. Figlia di un noto industriale, sposandosi con Nando Gina contribuisce alla creazione di un consistente patrimonio familiare che permette a Nando di lasciarsi assorbire completamente dalla sua passione: la mattina a sbrigare la corrispondenza, il pomeriggio in soffitta a catalogare la crescente collezione.
Al di là dei 24.580 pezzi della raccolta Salce, è la corrispondenza epistolare di Nando a rappresentare una vera perla per la collezione. Scrive agli artisti, alle gallerie specializzate, agli editori, ai commercianti stessi. Così facendo, arriva ad accumulare qualche doppione e del materiale interessante per rendere appetibili i suoi manifesti per qualche scambio con l’estero. Negli anni la raccolta diventa difficile da essere mostrata nella sua interezza a chi lo richiede. E così Nando inventa un marchingegno, ricorda Manzato, che permette la visione dei manifesti più importanti come pagine di un libro di grandi dimensioni.
Nando, la pubblicità e le sorti della collezione
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, ormai più che sessantenne, Nando comincia a preoccuparsi per le sorti della sua collezione. Ma i tempi sono ancora precoci perché i manifesti vengano considerati alla stregua di vere e proprie opere d’arte, e così diverse pinacoteche e università (spaventate dalla mole della raccolta, sottostimata nella quantità dallo stesso Salce) rifiutano le varie proposte di donazione.
Così, nel testamento, Nando decide di lasciare tutto al Ministero dell’Istruzione, previa la certezza che la raccolta venga conservata in una città del Veneto. Alla sua morte, nel 1962, Treviso e i suoi intellettuali insorgono, rivendicando la paternità della collezione, che rischiava di partire alla volta di qualche altra città veneta.
Dopo diverse sistemazioni, nel 2016 trova definitivamente casa nel Museo Nazionale Collezione Nando Salce, nel complesso di San Gaetano, a pochi passi dalla soffitta di Borgo Mazzini dove Nando diede vita a una passione totalizzante. Una passione che oggi ci restituisce la prima raccolta italiana per importanza (ed europea, a pari merito con il Musée de la Publicité di Parigi) dedicata alla silenziosa ma loquace arte dei manifesti, poco prima dell’avvento della rumorosa televisione e, con sé, del Carosello.