Recupero contenuto per i servizi: nello scenario base a maggior probabilità di accadimento l’export sfiorerà il +5,1% entro la fine dell’anno, frenato da incertezza e misure restrittive
I beni di investimento, invece, andranno oltre i livelli del 2019. Grazie soprattutto a apparecchi elettrici, meccanica strumentale e automotive
Il Pnrr potrebbe rafforzare la competitività delle imprese tricolori attive sui mercati esteri spingendo l’export verso un +3,5% nel 2025 rispetto allo scenario base
Il made in Italy torna a marciare sul sentiero di crescita interrotto dalla crisi, preparandosi a chiudere il 2021 con un boom dell’export del +11,3%. Un recupero, che nelle ultime stime dell’Ufficio studi di Sace, consentirà alla Penisola di mantenere invariata la propria quota di mercato mondiale. A dispetto anche del balzo (ancora contenuto) dei servizi.
Secondo il
Rapporto Export 2021 dal titolo “Ritorno al futuro: anatomia di una ripresa post-pandemica”, nello scenario base a maggior probabilità di accadimento l’export italiano del
settore terziario sfiorerà il +5,1%, frenato da incertezza e misure restrittive. Per una vera e propria ripresa bisognerà attendere il 2022, quando è stimato raggiungere il +35,1%, recuperando quindi il crollo del -30% del 2020. Anche i
beni di consumo, che lo scorso anno hanno sofferto di una maggiore
propensione al risparmio delle famiglie italiane, quest’anno “non riusciranno ancora a recuperare pienamente, complici le persistenti difficoltà del tessile e abbigliamento in parte bilanciate dalle prospettive leggermente più favorevoli per altri consumi e prodotti in legno”, si legge nel rapporto.
I
beni di investimento, invece, andranno oltre i livelli del 2019, grazie soprattutto a apparecchi elettrici, meccanica strumentale e automotive. Su un trend positivo, grazie alla ripartenza degli investimenti globali, anche alcuni beni intermedi come metalli, gomma e plastica. “Proseguirà la crescita della chimica, dopo aver chiuso il 2020 in positivo con il forte traino della farmaceutica”, scrive Sace, ma “continuerà a confermarsi positiva anche la performance del raggruppamento agroalimentare, sostenuto lo scorso anno dai prodotti legati al consumo domestico e quest’anno dalla ripartenza del canale legato all’ospitalità”.
Quanto ai mercati di sbocco, sono stati delineati quattro gruppi. Il primo comprende quei partner commerciali in cui si attende una rapida ripresa delle vendite dei prodotti del made in Italy già nel 2021 e una “dinamica intensa nel triennio seguente”, come Stati Uniti, Germania, Svizzera, Cina, Polonia, Emirati Arabi Uniti e diversi mercati dell’Asia Pacifico. Il secondo invece riguarda quei paesi che, nonostante raggiungeranno i livelli pre-covid nel 2021, assisteranno a una dinamica più contenuta negli anni successivi; si parla di Brasile, Arabia Saudita, Malesia e Ghana, ma anche Francia, Paesi Bassi e Senegal. Il terzo comprende quelle geografie che non recupereranno i livelli pre-crisi nell’anno in corso ma che rivelano “buone prospettive di crescita in un orizzonte temporale più ampio” (Regno Unito, Spagna, Turchia, Messico, India, Sudafrica e Tailandia). Chiudono il cerchio paesi come la Romania, la Grecia, l’Argentina e lo Sri Lanka, con le maggiori criticità nella ripresa. Rilevante, in questo contesto, anche l’impatto atteso del Piano nazionale di ripresa e resilienza: secondo i ricercatori potrebbe rafforzare la competitività delle imprese tricolori attive sui mercati esteri, spingendo l’export di beni in valore verso un +3,5% nel 2025 rispetto allo scenario base.
Recupero contenuto per i servizi: nello scenario base a maggior probabilità di accadimento l’export sfiorerà il +5,1% entro la fine dell’anno, frenato da incertezza e misure restrittiveI beni di investimento, invece, andranno oltre i livelli del 2019. Grazie soprattutto a apparecchi elettrici, mecca…