“Fuso ma non confuso”, un pensiero breve ed ironico, un gioco di parole arguto. Lettere colorate tessute all’interno di quadrati che a prima vista sembrano casuali, ma hanno invece una disposizione precisa che una volta svelata, rivela il messaggio nascosto.
Alighiero Boetti ha disegnato circa centocinquanta coppie di parole che potevano disporsi in quadrato, ciascuna con tante lettere e simboli da riempire tutti gli spazi, come formule matematiche, sempre diverse per colore e stile del ricamo. “Ordine e Disordine”, “Piegare e Spiegare”, “Dare Tempo al Tempo”. E poi, “Le infinite possibilità di esistere”, “Il progressivo svanire della consuetudine”, “Sciogliersi come neve al sole”. Frasi, pensieri e concetti di vita che mostrano la raffinata ironia concettuale dell’artista torinese. Sotto l’allegria del colore e l’eleganza della composizione, c’è una doppia lettura, più affascinante, che rivela una dialettica costante tra ordine e disordine (appunto), dove l’ordine è il senso razionale, il disordine l’energia vitale. Una perenne ricerca di equilibrio che non privilegia mai uno dei due contrapposti, ma al contrario ne cerca sempre uno nell’altro, “…l’ordine nel disordine, il naturale nell’artificiale, l’ombra nella luce e viceversa”.
Alighiero Boetti è uno degli artisti italiani più noti e stimati a livello internazionale, fonte di ispirazione per molti artisti contemporanei. Autodidatta, espose per la prima volta alla fine degli anni ’60 in una mostra di arte povera da Christian Stein, ma il suo legame con il movimento fu breve, lasciando il posto ad un lavoro concettuale e ad una sperimentazione continua su materiali e tecniche. Alfabeti, codici, combinazioni numeriche, classificazioni, il tema della simmetria e del doppio, I “Postali”, le opere a “Biro”, le “Mappe”, i “Tutto”. Un fermento continuo di idee.
Le Mappe, sono forse le sue opere più iconiche. Grandi arazzi del planisfero politico in cui ciascun territorio è rappresentato con i colori e i simboli della bandiera di appartenenza. Le prime risalgono all’inizio degli anni ’70, anni in cui Boetti inizia a viaggiare regolarmente in Afghanistan, affidando la realizzazione dei suoi disegni alle ricamatrici del luogo (dopo l’occupazione russa, dal 1986 al 1994, saranno i rifugiati afgani in Pakistan a realizzarle).
Oltre al piacere estetico e del colore, le Mappe sono testimonianza della situazione geopolitica del mondo: dalle forme e dalle bandiere si vedono i mutamenti territoriali durante e dopo la Guerra Fredda. Un buon conoscitore di storia può datarle guardando con attenzione i confini degli Stati, anche se a volte, tra il disegno e la conclusione del ricamo, sopraggiungono mutamenti politici che potrebbero ingannare. Il disordine nell’ordine, sempre.
Per Boetti il lavoro della Mappa ricamata è “il massimo della bellezza”. Per quel lavoro “…io non ho fatto niente, non ho scelto niente, nel senso che: il mondo è fatto com’è e non l’ho disegnato io, le bandiere sono quelle che sono e non le ho disegnate io, insomma non ho fatto niente assolutamente”.
Il “niente” di cui parla è in realtà una delle opere più immediatamente riconoscibili in ogni parte del mondo, e non solo da chi ama l’arte. Il niente di cui parla è un’opera iconica che ha un record in asta di 1,8milioni di sterline (Christie’s, Londra 2010). Le Mappe sono molto ricercate dai collezionisti europei, ma anche nordamericani e dalla fine degli anni ’90 il loro valore è cresciuto più di 20 volte. Tutto il lavoro di Boetti vive da anni un momento fortunato, tanto che 16 dei 20 record d’asta dell’artista sono stati realizzati negli ultimi 6 anni.
Le opere di Boetti esprimono la gioia della creatività come antidoto alla precarietà del vivere. Sono la leggerezza pensante di Italo Calvino e il colore pop dell’arte americana. Indubbiamente, le carte geografiche e le composizioni di lettere rimandano a Jasper Johns, ma nelle sue opere si ritrova anche la precisone di Paul Klee e la passione per le combinazioni numeriche di On Kawara. Un alternarsi continuo di sperimentazione e poesia.
Nel 2012 la Tate di Londra, Il Moma di New York e il Reina Sofia di Madrid hanno dedicato all’artista una grande retrospettiva. E’ sorprendente come il suo lavoro, pur essendo molto legato alla lingua e alle espressioni italiane (negli arazzi e nei lavori a biro, per esempio) riesca ad affascinare e coinvolgere a livello universale. Lo spettatore entra nel gioco e si lascia conquistare dalla totale libertà dell’espressione artistica.
La mostra di Londra chiudeva con una delle sue ultime opere, un Autoritratto (1993), la stessa scultura con cui apriva a Venezia la collettiva “Dancing with Myself”, a Punta della Dogana, nel 2018. La figura dell’artista, a grandezza naturale, che si innaffia la testa (resa incandescente da una resistenza) con il getto d’acqua di un tubo. Il vapore che sprigiona nell’aria sono i pensieri fumanti e sempre in movimento di Boetti. Una metafora ironica della creazione artistica. Un “cervello fumante”, la mente di un grande artista che porta nel mondo l’arte e la cultura italiana.
La pillola del giorno è non prendersi mai troppo sul serio…ma la vera arte rimane una cosa molto seria. Fusi, ma non confusi.
“Fuso ma non confuso”, un pensiero breve ed ironico, un gioco di parole arguto. Lettere colorate tessute all’interno di quadrati che a prima vista sembrano casuali, ma hanno invece una disposizione precisa che una volta svelata, rivela il messaggio nascosto.Alighiero Boetti ha disegnato circa centoc…