Pure il mercato del vintage potrebbe beneficiarne con la ripresa delle vendite di pezzi che hanno mantenuto le quotazioni, in quanto riconosciuti come oggetti di pregio, ridimensionando probabilmente l’effetto bolla che si è avuto per certi modelli.
L’orologeria meccanica è un universo complesso che ha seriamente rischiato di essere connotato come obsolescente con il progredire della tecnologia e la proposta di orologi al quarzo prima e gli smart watches poi. Dunque un’offerta che può contare su prodotti più precisi a costi più bassi e con funzionalità più avanzate.
Il valore (anche) immateriale dell’alta orologeria
Ma nel mondo dei beni di lusso “la funzione non è l’obiettivo”. È il valore materiale e immateriale dell’oggetto che lo rende “un’eccellenza”.
È il movimento meccanico, il prestigio della casa produttrice, il design e la storia del “segnatempo” a farne un bene di lusso: un oggetto di moda che definisce la personalità e lo stile di chi lo indossa, sottolineando il legame che c’e tra un uomo e il suo orologio.
Una logica applicabile a tutti gli orologi da collezione, dunque non solo vintage, il cui giusto valore è determinato dalle conoscenze degli appassionati, dalla storia che lo accompagna e solo in parte dai dati delle case d’asta.
Nomi che sono leggenda. In ogni campo
Basti pensare al Rolex Daytona di Paul Newman, ricevuto in regalo dalla moglie Joanne Woodward; l’Omega Speedmaster dell’astronauta Wally Schirra, primo orologio a viaggiare verso la Luna; il Submariner d’oro che Sylvester Stallone si regalò quando capì di avere sfondato; il Patek Philippe di Nas, perfetto esempio del suo stile unico; il Rolex Oyster Perpetual indossato da Sir Edmund Hillary quando scalò l’Everest. L’orologio Omega Tank indossato dal presidente americano John F. Kennedy il giorno del suo insediamento e regalatogli da un amico.
Gli orologi non sono soltanto un ben tangibile ma hanno un valore sentimentale, motivo per cui sono meno soggetti a fluttuazioni economiche.
Orologeria di lusso, chi domina il mercato
“Nuovo o d’epoca i più hot restano Rolex, Patek Philippe e qualche referenza di Audemars Piguet. Nel vintage, con budget più contenuti si può azzardare a investire su alcuni modelli di marchi come Movado, Breitling, Heuer, Omega e Longines che potrebbero in futuro incrementare il loro appezzamento”, secondo Umberto Verga, titolare di Verga Orologi e di Verga Vintage.
La terza edizione del report elaborato da Morgan Stanley in collaborazione con LuxeConsult relativo al mercato dell’orologeria svizzera, evidenzia che i sette “marchi miliardari” hanno fatto la parte del leone anche nel 2019, conquistando una quota di mercato di circa il 57% in termini di valore rispetto al 27% della produzione totale del settore. Rolex, Omega, Cartier Watches, Longines, Patek Phillipe, Audemars Piguet e Tissot.
Orologeria di lusso: la ricchezza dei margini
Nel suo rapporto, Morgan Stanley fa una distinzione tra marchi privati ??e gruppi quotati dell’orologeria svizzera. Su questa base, stima che i primi quattro marchi di proprietà privata – Rolex, Patek Philippe, Audemars Piguet e Richard Mille – abbiano totalizzato un fatturato combinato di circa 9 miliardi di franchi nel 2019 e una quota di mercato congiunta del 35%. Sempre secondo le stime della banca, si sono assicurati circa il 55% dei profitti del settore con un margine operativo complessivo di circa il 30%. In confronto, i quattro gruppi quotati – Swatch, Richemont, Lvmh e Kering – hanno sommato vendite per circa 16 miliardi di franchi svizzeri e totalizzato circa il 43% del margine di profitto del settore, con un margine operativo complessivo di circa il 13%.
“Questa differenza è in parte dovuta alla struttura. Un marchio indipendente mette tutta la sua strategia e i suoi sforzi sul versante delle vendite. Inoltre, questi marchi hanno una flessibilità e una reattività che favoriscono i margini. I gruppi più grandi che possiedono più marchi hanno invece una struttura più centralizzata e una componente amministrativa più pesante. Il loro vantaggio risiede nella massa critica, nella capacità di diversificazione e nel supporto che possono offrire ai marchi che, nel loro portafoglio, performano meno. Tutto ciò costa loro un paio di punti percentuali in termini di redditività», commenta Oliver Müller, fondatore di LuxeConsult.
Altro dato interessante di questi giorni, pubblicato dalla Swiss Watcht Federation, che a fronte di un calo complessivo delle esportazioni di orologi svizzeri per il mese di marzo 2020 (-22%), dovuto immancabilmente a Covid-19, che comunque ha impattato più sugli orologi di fascia bassa che su quelli sopra i 3.000 CHF (-10%), il mercato statunitense ha registrato una crescita delle importazioni pari a + 21% e la Cina +10%. per la fascia alta.