L’impianto regolatorio si basa su una tassonomia tripartita classica che distingue tra token assimilabili a monete elettroniche e strumenti di pagamento, investment token e utility token. Mentre sulle prime due categorie il testo rimanda alla legislazione vigente nei diversi settori, sul terzo definisce regole nell’ambito di un approccio che però resta light
Si tratta di un tentativo di creare un impianto normativo unitario e coerente che non escluda alcun aspetto caratterizzante i cripto asset. Che sia un bene, per bitcoin e per chi lo utilizza, poi, è tutto da dimostrare. Ma vale la pena cercare di indagare sulle novità che MiCAr porterà e sulle conseguenze che esse avranno per operatori e investitori.
La prima normativa organica sul settore arriva dall’Ue
Insomma, materiale e tempo per aver compreso il fenomeno da poterlo regolare in maniera efficace, ce n’è. Ma è MiCAr davvero la novità dirompente che si aspetta? A patto che sia approvata: al momento è solo una proposta, con tempi che, per quanto poi il regolamento sia immediatamente applicativo, sono sempre ere geologiche per un’innovazione come quella di cui parliamo.
“MiCar è sicuramente un’iniziativa coraggiosa – dice Annunziata – sarebbe la prima regolamentazione organica per il mercato delle cripto nel contesto globale, superando il sistema Usa che ancora analizza caso per caso i singoli asset immessi sul mercato ma anche del far east. L’approccio generale è quello di dare vita a un a tassonomia tripartita, secondo una tradizione nata in Svizzera: per le cripto che hanno funzioni sovrapponibili agli strumenti di pagamento (e che la norma definisce con i neologismi asset reference token o Art e Emoney token, Emt) si capitalizza la vigente legislazione dell’Unione, per cui vengono applicate le direttive sui servizi di pagamento e sulla moneta elettronica e sugli intermediari finanziari. Questa è la parte meno innovativa della proposta europea: l’attenzione cade sull’accesso al mercato degli emittenti al mercato”.
La tassonomia tripartita dei token: strumenti di pagamento
C’è una ulteriore distinzione in base a cui i grandi emittenti sono sottoposti, per la prima volta, alla vigilanza di Eba. “Ma per il resto non ci sono novità rispetto alla regolamentazione vigente: si prevede l’autorizzazione a operare, requisiti prudenziali, fit & proper di azionisti e management, requisiti interni sul piano organizzativo e del risk management. Nel caso degli e money token, assimilabili agli stable coin, perché hanno come sottostante una valuta. Questi soggetti devono essere autorizzati come enti creditizi o emittenti di moneta elettronica in base alla disciplina dell’Unione: l’aggancio con il mondo tradizionale è ancora più forte”.
… investment token
La seconda categoria raccoglie l’universo molto frastagliato dei token assimilabili a strumenti di investimento i quali vengono assoggettati anche in questo caso alla normativa vigente, e quindi la Mifid e ai regolamenti sul prospetto informativo e alle norme sulla gestione collettiva del risparmio quando il token è assimilabili a una quota rappresentantiva di un Oicr.
“Il MiCAr interviene invece direttamente nella terza e ultima categoria della tassonomia, gli utility token, che definisce come criptoasset che forniscono ai sottoscrittori un accesso digitale a un servizio o un’applicazione disponibile su una distributed ledger – spiega Annunziata – mentre con riferimento ad Art e Emt, ma anche a investment token, si strizza l’occhio alla legislazione esistente, per gli utility token MiCAr adotta volutamente un regime light che si sostanzia nell’obbligo di mettere a disposizione del pubblico il white paper del progetto”.
… e utility token
Il white paper è richiesto oltre la soglia di offerta del milione di euro (che per alcuni osservatori è troppo bassa rispetto alle offerte al pubblico destinate al mercato in settori diversi). “Ma c’è da dire che l’approccio è blando anche in merito al contenuto del white paper: non ci sono schemi obbligatori da seguire, a differenza di quanto prevede il prospetto informativo, ma ci si limita a enucleare i principi classici della trasparenza dei mercati, e l’esigenza che il documento contenga informazioni sufficienti, adeguate e comprensibili perché gli investitori possano compiere una scelta consapevole”, continua Annunziata.
“In più si segnala il fatto che MiCAr non chiede all’autorità nazionali di vigilanza di approvare o autorizzare l’offerta del white paper, per non creare sovraccarichi dei sistemi. Quindi mentre un emittente di token di pagamento è sottoposto a un regime di vigilanza e autorizzativo a tutto tondo, l’emittente di un utility token è sottoposto quindi solo a un regime di trasparenza che non contempla un filtro preventivo all’accesso sul mercato”.
La disciplina sui fornitori di servizi
Una volta che Art e Emt circolano sul mercato sottopongono i fornitori di servizi relativi, exchange e wallet provider, sono sottoposti a regole che derivano dal MiCAr e che strizzano l’occhio al mondo Mifid. Con riferimento agli utility tokens invece non disciplina il token in quanto tale, ma solo le offerte sul mercato, nella maniera blanda che abbiamo descritto.
“Salvo poi stringere le maglie intorno ai fornitori di servizi sul mercato delle criptoattività – precisa Annunziata – D’altronde anche nel nome Markets in cripto asset regulation, il richiamo è al mercato e non ai token e si comprende la scelta di un acronimo con una chiara assonanza con Mifid. Lo strizzare l’occhio di MiCAr all’esistente legislazione sul secondario diventa evidente nella parte sugli abusi di mercato, dove c’è la trasposizione della disciplina della market abuse regulation al mercato dei criptoasset sic et simpliciter”. Gli utility token che sono stati classificati come asset non finanziari, vengono così fatti rientrare dalla finestra nell’armamentario normativo dei mercati finanziari. “La ricomprensione delle quote di CO2 nella Mifid 2 è un caso di questa apparente distorsione: il mercato delle quote di emissione si è evoluto nel tempo assumendo caratteri simili a quelli delle trading venues tipiche. Così accade anche per i cripto asset”.
Gli aspetti controversi
Ci sono tuttavia punti critici, secondo l’esperto. “Ovvero, MiCAr esplicita di normare tutto ciò che non rientra nella normativa esistente tranne per il caso degli e money token che vi rientrano perché basati su distributed ledger technology, scelta che incrina il concetto della neutralità regolatoria rispetto al fintech. Ma l’aspetto più controverso sta nella tassonomia. Perché le tipologie di token che rientrano nei regolamenti sui capital market è ampia e variegata e non chiaramente definita, dove ci sono categorie che arrivano dalla disciplina europea, nozioni non chiare come quella della negoziabilità che è un requisito essenziale perché uno strumento possa rientrare nella Mifid”. Questo solleva un problema di demarcazione dei confini. “La tassonomia a tre categorie è di fatto il tratto distintivo della norma. Ma è come aver messo delle categorie a un crocevia con il vigile MiCAr al centro che regola il traffico – conclude Annunziata – la storia ci insegna che a questi incroci possono capitare degli incidenti. Quando il povero Edipo incontrò un vecchio a un incrocio e lo uccise non riconoscendolo come suo padre, condannò se stesso e la sua progenie alla dannazione eterna. Ecco, il rischio è lo stesso”.