Secondo un articolo del Financial Times l’euforia odierna sui mercati ricorda per molti versi la bolla dotcom di inizi anni 2000
L’aumento repentino dell'”indice ridicolo” di Bespoke Investment Group e performance delle società growth del 300% maggiori rispetto a quelle delle azioni value sono segnali preoccupanti per i mercati
Intanto gli investitori istituzionali, contrariamente all’euforia generale, continuano ad assumere posizioni in copertura da eventuali ribassi, mentre il livello del VIX rimane alto
L’indice delle società “ridicole”
Secondo il Financial Times il boom dei prezzi delle azioni a cui stiamo assistendo è riflesso di un’euforia a Wall Street che è ad un livello che trova un precedente solo appena prima dello scoppio della bolla dotcom. Il numero di azioni il cui prezzo è più che raddoppiato negli ultimi tre mesi, con un rapporto prezzo/venidte superiore a 10 (più di tre volte il rapporto medio delle società quotate nello S&P 500), e con una capitalizzazione superiore ai 500 milioni di dollari, si è attestato a 79. Secondo Bespoke Investment Group, che ha elaborato questa misura di cattura dell’eccesso di ottimismo sul mercato, ribattezzandola “l’indice ridicolo”, al culmine della dotcom mania le società che avevano queste caratteristiche erano 120. Ma oltre ai numeri assoluti e ai paragoni con il passato ciò che preoccupa è anche la crescita esponenziale delle società che rientrano in questa categoria. Dal 2011 fino al sell-off (svendita, ndr) di marzo infatti le società “ridicole” non sono mai state più di tredici. Nel giro di poco meno di un anno il numero si è sestuplicato.
La pericolosa avanzata delle azioni growth
L’aumento dell'”indice ridicolo” di Bespoke coincide con la crescente preoccupazione di alcuni investitori per quelle che vedono come condizioni schiumose nel più grande mercato azionario del mondo. L’indice S&P 500 è salito del 75% rispetto al minimo di marzo, anche se il paese è ancora in piena emergenza coronavirus e la ripresa economica è irregolare. Gli analisti di Absolute Strategy Research hanno fatto un raffronto con la bolla dotcom e la bolla giapponese di fine anni ’90, notando similitudini. Tassi di interesse bassi, valutazioni azionarie che sovrastano gli utili, scambi al dettaglio inarrestabili e rapide accelerazioni nei guadagni azionari sono elementi che collegano il presente al passato. La situazione è allarmante, dicono. Oltre il 10% delle azioni nel benchmark blue-chip S&P500 è infatti del 40% o più al di sopra delle loro medie degli ultimi 200 giorni, un fenomeno osservato solo quattro volte negli ultimi 35 anni. Le azioni più interessate sono le growth stock, in continua ed inesorabile crescita. Le valutazioni del Nasdaq 100 hanno messo nel mirino i livelli degli anni 2000, mentre il rapporto tra le performance registrate dalle azioni growth (MSCI Us growth index) e quelle registrate dalle azioni value (MSCI Us value index) è passato da 2 a 3 nel giro di un solo anno.
Il mercato è in fermento
Il terreno dove tutto questo è lecito è quello dove i rendimenti obbligazionari sono inchiodati vicino ai minimi storici e gli investitori – sia istituzionali che al dettaglio – sono seduti, per via del sostegno monetario e fiscale senza precedenti, su un materasso di liquidità in eccesso, i modelli stravaganti nei mercati azionari potrebbero persistere per qualche tempo. Il ritorno dell’inflazione e dunque il rialzo dei tassi insieme a risorse fiscali in esaurimento potrebbe però un giorno d’improvviso sfare svegliare di soprassalto gli investitori. La paura di questo evento in qualche misura è già palpabile. Gli investitori professionali infatti non stanno dimostrando lo stesso atteggiamento entusiasta degli investitori retail: continuano invece a prendere precauzioni contro il rischio di una battuta d’arresto del mercato. Come conseguenza l’indice di volatilità Vix continua ad attestarsi a più di 23 punti più della media di lungo periodo appena inferiore a 20. All’inizio dello scorso anno, era a 14 punti.