Negli ultimi dieci anni un istituto su tre ha chiuso i battenti. Nel 2011, in Italia, erano 740. Nel 2020 se ne contavano 474
La digitalizzazione ha cambiato il volto delle banche sotto diversi aspetti: dall’onboarding digitale dei clienti alla dematerializzazione delle fasi operative
Primanni: “Sia per i consulenti delle banche che del mondo del wealth management dobbiamo immaginarci un ruolo meno da banker e più da coach”
Banche-reti: un caso di successo
“Malgrado ciò, se analizziamo gli investimenti tecnologici degli ultimi tre anni (dal 2018 al 2020) molte banche italiane hanno riscontrato difficoltà a trattenere clienti. Diverso il caso delle banche-reti, che segnano tassi di crescita in tal senso”, osserva Primanni. Le banche specializzate nella consulenza finanziaria, aggiunge, rappresentano infatti il “grande caso di successo degli ultimi 10 anni”. Mentre le banche riducevano di un terzo la loro presenza territoriale, le reti hanno quadruplicato la propria quota di mercato rispetto al totale della ricchezza finanziaria investita in prodotti di risparmio delle famiglie italiane (balzata dall’8% del 2008 al 22% del 2021).
La banca del terzo millennio
“Oggi iniziamo ad avere un panorama che comprende tante opzioni: le banche digitali, le banche-reti, le banche tradizionali, le piattaforme di trading, tra le altre. Abbiamo un modo di lavorare che non è più soltanto l’ufficio della filiale ma anche il remote banking e la web collaboration. Abbiamo nuove modalità con cui relazionarsi con la clientela, sia per fornire servizi che per acquisirla. Da qui, la riflessione che abbiamo provato a mettere a terra è in che modo questi mattoncini possono combinarsi nel futuro per disegnare la banca del terzo millennio”, spiega Primanni. Una banca che, racconta, dovrà puntare innanzitutto su “un modello di business più dipendente dai servizi”. E che, nel farlo, potrà tenere conto di una serie di distorsioni che si stanno andando a sviluppare.
“A valle della concentrazione delle banche emerge un’asimmetria tra un sistema bancario molto concentrato e un sistema imprenditoriale molto frammentato e basato su piccole e medie imprese. Un’area su cui bisognerà fare delle riflessioni, perché dove ci sono asimmetrie ci sono anche opportunità di innovazione”, racconta Primanni. Inoltre, aggiunge, la quota di investimenti in tecnologia sarà sempre più concentrata su pochi player. Col rischio di un orientamento all’imitazione piuttosto che all’innovazione. Motivo per cui gli operatori “dovranno cercare di assumere atteggiamenti divergenti rispetto a processi imitatori, per evitare che il tasso d’innovazione possa decadere, come tipicamente accade”.
L’evoluzione della clientela
Un altro aspetto da considerare, guardando al futuro, riguarda poi la possibile evoluzione del comportamento dei clienti. Secondo un’analisi diffusa lo scorso gennaio dall’Organizzazione degli agenti di commercio, l’uso dell’internet banking si sta affermando non solo per la verifica del saldo dei movimenti ma anche per le operazioni bancarie ordinarie. Dove invece fatica ad affermarsi, interviene Primanni, è sulla richiesta di prodotti e servizi oltre che di informazioni sugli investimenti finanziari. Se si guarda ai clienti che utilizzano i canali digitali per le operazioni bancarie, infatti, sono anche quelli più propensi a farsi affiancare da un consulente quando si tratta di gestire le proprie risorse finanziare o acquistare prodotti e servizi specifici. “Quest’analisi sfata un po’ un modo di vedere la clientela come suddivisa in clienti solamente digitali e clienti solamente fisici”, spiega l’esperto. Oltre il 70%, tra l’altro, si ritiene soddisfatto del livello di digitalizzazione della banca. E cerca nell’intelligenza artificiale nuove opportunità in termini di efficienza e velocità nell’utilizzo dei servizi digitali.
“In definitiva, se volessimo disegnare il modello di business della banca del terzo millennio, probabilmente dovremmo individuare non solo gli investimenti digitali da mettere in campo ma anche che tipo di rete in termini di consulenti finanziari vogliamo avere, quanto deve essere ampia la nostra offerta, quanto dobbiamo integrare capacità fintech. Elementi la cui rilevanza cambia a seconda dell’area di business in cui lavoriamo”, continua Primanni. Ma le linee portanti di questa evoluzione, conclude, restano tre. Prima fra tutte partire da una profonda conoscenza del cliente, mettendo a fattor comune i dati a disposizione dei consulenti con quelli a disposizione della banca (come gli obiettivi di vita, la redditività, l’affidabilità creditizia e il livello di soddisfazione). Un modo anche per “servirlo con prodotti e servizi che lo aiutino a migliorare ricavi e produzione”. Poi la capacità di gestire il rischio in tempo reale, facendo leva sulla real time analytics e sul reporting. E, infine, un nuovo ruolo del consulente. “Sia per i consulenti delle banche che del mondo del wealth management dobbiamo immaginarci un ruolo meno da banker e più da coach. Perché se da una parte abbiamo una grande conoscenza del cliente e la possibilità di costruire soluzioni sempre più specializzate e dall’altra una banca con una gamma di servizi sempre più articolata, alla fine il vero ruolo del consulente finanziario sarà aiutare proprio il cliente a navigare all’interno di questa gamma coinvolgendo anche gli specialisti più adeguati a rispondere alle sue esigenze”.
L’esempio di Fideuram e FinecoBank
Nel caso di Fideuram Intesa Sanpaolo Private Banking, tutti i processi oggi sono digitalizzati, dalla riallocazione del portafoglio alla rendicontazione. “Stiamo lavorando su una fase successiva, che passa sicuramente attraverso la realizzazione della Banca Diretta fino agli investimenti nel mondo del robo for advisor e sulle piattaforme innovative per gestire gli asset illiquidi, ovviamente nel rispetto della trasparenza e della sicurezza nei confronti del cliente”, racconta Riccardo Negro, chief operating officer & business trasformation di Fideuram Intesa Sanpaolo Private Banking. Anche FinecoBank punterà su un’evoluzione dei servizi di wealth management. “Pensiamo di poter fare molto bene sull’asset protection”, spiega Giampaolo Stivella, responsabile private banking dell’istituto. “Ma ridefiniremo e arricchiremo anche la figura del consulente finanziario, dotandolo di tutte quelle competenze che lo condurranno a diventare un coach del cliente. Un percorso che stiamo portando avanti attraverso due leve: quella della formazione e quella della selezione di nuovi professionisti”.