Montani, nelle intenzioni di Carlo Cimbri (ad Unipol), è la figura perfetta per un’operazione di fusione con Bpm, essendone già stato amministratore delegato (oltre che di Antonveneta e Carige). “Vogliono muoversi prima che Orcel sia operativo in Unicredit e metta in moto una nuova politica aggregativa”
Il boccone Bpm per Unicredit è molto appetibile: darebbe vita a un soggetto che in alcune geografie sarebbe maggiore di Intesa Sanpaolo. Al contrario, un’aggregazione fra Bpm e Bper darebbe vita al terzo operatore del paese, e Unicredit sarebbe meno “pericolosa”
Gae Aulenti potrebbe infatti anche lanciare un’opa nei confronti di Bpm a operazione in corso. In particolare, se il mercato non dovesse gradire l’avvicinamento Bper-Bpm, il valore delle azioni di quest’ultima calerebbero, e il piatto sarebbe ghiotto per Unicredit
Una riflessione comparativa fra Jean Pierre Musiter e Alessandro Vandelli. Il manager francese ha lasciato una banca impoverita, la cui capitalizzazione è oggi la metà di Intesa Sanpaolo. Il ceo uscente di Bper invece ha trovato una banca in difficoltà e lascia un gioiellino
Cosa sta succedendo sull’asse Modena (Bper) – Milano (Bpm)? Unipol, primo azionista della banca modenese con il 19% del capitale, ha deciso di non rinnovare il consiglio di amministrazione di Bper, candidando
Pier Luigi Montani alla guida dell’istituto al posto di
Alessandro Vandelli. Montani, nelle intenzioni di
Carlo Cimbri (ad Unipol), è la figura perfetta per un’operazione di fusione con Bpm, essendone già stato amministratore delegato (oltre che di Antonveneta e Carige). «Vogliono muoversi prima che Orcel sia operativo in Unicredit e metta in moto una nuova politica aggregativa» rivela a We Wealth un osservatore addentro allo scacchiere bancario italiano. «Cimbri ha pigiato il piede sull’acceleratore per superare Orcel ai blocchi di partenza e avvicinare definitivamente Bper a Bpm».
Oltre a Unipol presenterà una lista di minoranza la Fondazione di Sardegna, secondo azionista di Bper con il 10% del capitale. Una lista dovrebbe arrivare anche da Assogestioni.
Quel che è certo è che nel panorama bancario italiano «
nel giro di pochi mesi si andranno a configurare dei nuovi equilibri». Gli interessi sottostanti sono molti. Uno su tutti:
la convergenza fra il mondo assicurativo e quello bancario. «Le banche sono il canale che garantisce le migliori performance se si tratta di vendere prodotti assicurativi. Unipol era entrata in Bper con prodotti di
bancassurance, per poi consolidare la banca nel suo percorso di allargamento. Un’operazione simile a quella che Banco Bpm ha fatto con Cattolica. In questo caso, l’uscita dall’accordo assicurativo in questo caso è prevista dal primo trimestre 2023 e fino al 2024».
In caso di fusione con Bpm, il maggiore azionista della nuova banca sarebbe Unipol Sai, facendola diventare il terzo istituto bancario in Italia per distribuzione e sportelli, nonché uno dei principali distributori di prodotti assicurativi, a svantaggio di Cattolica, che dietro ha Generali».
Ma perché tanta fretta? «Il boccone Bpm per Unicredit è molto appetibile: darebbe vita a un soggetto che in alcune geografie sarebbe maggiore di Intesa Sanpaolo. Al contrario, un’aggregazione fra Bpm e Bper darebbe vita al terzo operatore del paese, e Unicredit sarebbe meno “pericolosa”». In caso di successo dell’acquisizione Bpm-Bper, il primo azionista della banca resterebbe Unipol, con una quota intorno al 10% (si ricordi che al momento Bpm, a differenza di Bper, non gode di una compagine azionaria). A quel punto, Unicredit sarebbe fuori dai giochi o comunque sarebbe molto più difficile per l’istituto guidato da Andrea Orcel inglobare la nuova Bpm. Non è però detto. Gae Aulenti potrebbe infatti anche «lanciare un’opa nei confronti di Bpm a operazione in corso». In particolare, «se il mercato non dovesse gradire l’avvicinamento Bper-Bpm, il valore delle azioni di quest’ultima calerebbero, e il piatto sarebbe ghiotto per Unicredit».
Lo scenario è molto fluido.
In virtù della convergenza fra mondo bancario e assicurativo, i grandi attori “nascosti” dietro questi movimenti di risiko sono Unipol e Generali. Al momento i processi di consolidamento “inerziali” vedono solo Bper (con Unipol) in accelerazione verso Bpm per battere Unicredit, che dal canto suo ha sempre la possibilità Siena (al momento poco probabile) e Mediobanca. In particolare per quanto riguarda Monte Paschi il deterrente più forte al momento per una fusione con Unicredit è la presenza dello Stato. Né avrebbe senso per l’istituto di Orcel pagare la quota dello Stato «per una banca non performante». Dal punto di vista industriale avrebbe invece molto senso un’acquisizione Mediobanca-Unicredit. Si verrebbe a creare così «una potente banca di investimento, leader in Italia e forte in Germania. E per questo scalabile a livello europeo».
Gae Aulenti recupererebbe inoltre una dimensione digitale, persa con la vendita di Fineco, e acquisirebbe una squadra di consulenti finanziari. Acquisirebbe poi con Compass una piattaforma di «consumer finance dai buoni volumi». Non ultimo: le quote di Mediobanca in Generali genererebbero ulteriori sinergie (e utili).
Infine, una riflessione comparativa fra Jean Pierre Musiter, ex ceo di Unicredit, e Alessandro Vandelli, ad uscente di Bper. Il manager francese ha lasciato «una banca impoverita, la cui capitalizzazione è oggi la metà di Intesa. Per ridurre il profilo di rischio della società, ha disinvestito in asset ritenuti non più strategici e che invece potevano essere eccezionali motori di crescita, come Fineco o altre banche estere. Ha venduto gli upside dei business, conservando quelli più tradizionali. Il suo scopo era quello di avere una macchina stabile, a basso rischio. Con meno dividendi per gli azionisti. Una strategia che il mercato non ha apprezzato, non avendo creato valore né per il paese né per l’industria».
Completamente diverso il percorso di Alessandro Vandelli.
Il ceo uscente di Bper sette anni fa si era messo alla guida di una banca che era in difficoltà. Era una follower di mercato. In poco tempo ne ha ridotto il profilo di rischio con un aumento di capitale contenuto, trasformandola profondamente. Bper è un istituto con un modello di business molto concentrato sulle piccole e medie aziende. Perciò il suo profilo di rischio-rendimento è leggermente elevato, ma Vandelli è stato in grado di rimodularlo, diversificando il business e ampliandolo al credito al consumo, al retail, al
wealth management. Ha costruito delle alternative, arricchendo la redditività della banca e le sue potenzialità di sviluppo. Oggi Bper è una banca multiregionale che è
salita in Italia fra le prime cinque per impieghi e fra le prime tre per depositi».
Alla luce del percorso di
Vandelli, manager apprezzato dalla comunità industriale e dalla banca stessa, «risulta ancora più dura la scelta di Carlo Cimbri. La divergenza che ha portato alla rottura, relativa all’operazione con Bpm, non giustifica l’estromissione di Vandelli da Bper e rappresenta un tratto di discontinuità nella storia della banca modenese, che ha sempre mostrato gratitudine nei confronti dei propri amministratori».
Pier Luigi Montani è «un manager a termine, funzionale all’operazione Bpm. Il suo ruolo è quello di supportare Giuseppe Castagna – ceo designato della nuova eventuale banca – a confezionarla». Oltre alla fusione con Bpm, il nuovo ceo di Bper potrebbe considerare la Banca Popolare di Sondrio, non quotata, che con Modena condivide la società di gestione del risparmio Arca, e con Unipol un accordo di bancassicurazione».
Montani, nelle intenzioni di Carlo Cimbri (ad Unipol), è la figura perfetta per un’operazione di fusione con Bpm, essendone già stato amministratore delegato (oltre che di Antonveneta e Carige). “Vogliono muoversi prima che Orcel sia operativo in Unicredit e metta in moto una nuova politica aggregat…