JpMorgan ha depositato una domanda di brevetto per un prodotto chiamato “IndexGpt”. La piattaforma utilizzerà un software di cloud computing basato sull’intelligenza artificiale per analizzare e selezionare titoli su misura per le esigenze dei clienti
Nel mese di marzo era stata la compagnia assicurativa svizzera Helvetia a muovere i primi passi in tal senso, lanciando uno strumento sperimentale (“Clara”) che consentiva agli utenti di sciogliere i propri dubbi su polizze, pensioni e immobili
JPMorgan si unisce alla carica degli sfidanti di ChatGpt, preparandosi a diventare la prima banca d’affari a rilasciare un chatbot intelligente per chi investe. Stando a quanto appreso da Cnbc, il colosso di Madison Avenue ha depositato a inizio maggio una domanda di brevetto per un prodotto chiamato “IndexGpt”. La piattaforma, nelle intenzioni di JpMorgan, utilizzerà un “software di cloud computing basato sull’intelligenza artificiale” per “analizzare e selezionare titoli su misura per le esigenze dei clienti”. Nel mese di marzo era stata la compagnia assicurativa svizzera Helvetia a muovere i primi passi in tal senso, lanciando uno strumento sperimentale (“Clara”) che consentiva agli utenti di sciogliere i propri dubbi su polizze, pensioni e immobili. Ne abbiamo parlato con Laura Grassi, direttrice dell’Osservatorio fintech & insurtech del Politecnico di Milano, per indagare come l’intelligenza artificiale generativa potrebbe cambiare l’industria della consulenza; mentre Goldman Sachs stima che potrebbe esporre all’automazione l’equivalente di 300 milioni di posti di lavoro a livello globale.
Jp Morgan lavora a un chatbot per chi investe
“Aziende come JpMorgan non depositano marchi solo per il gusto di farlo”, ha dichiarato a Cnbc Josh Gerben, avvocato di Washington D.C. Il deposito include “una dichiarazione giurata di un dirigente che dice essenzialmente che hanno intenzione di utilizzare questo marchio”, aggiunge. La banca d’affari statunitense dovrà lanciare la piattaforma entro circa tre anni dall’approvazione della richiesta per garantirsi la proprietà del marchio. Qualora la notizia venisse confermata, secondo Gerben JPMorgan potrebbe essere il primo operatore finanziario a rilasciare un prodotto simile a Gpt direttamente ai propri clienti. Alla fine dello scorso mese, in occasione della conferenza annuale degli investitori, i dirigenti di JPMorgan avevano tra l’altro illustrato i loro progressi nell’applicazione dell’intelligenza artificiale in tutte le operazioni del colosso. Lori Beer, che riveste il ruolo di global chief information officer, aveva dichiarato che la società stesse testando “una serie di casi d’uso” della tecnologia Gpt, impiegando 1.500 ingegneri.
Gli altri operatori che stanno “testando” ChatGpt
Prima di lei, come anticipato in apertura, era stata Helvetia a integrare ChatGpt nelle relazioni con la sua clientela. “Gli utenti possono cercare informazioni online, interpretarle e costruire un quadro dei prodotti e dei servizi disponibili”, aveva dichiarato all’epoca la compagnia nella pagina in cui spiegava il funzionamento del tool. “Con il nostro esperimento Clara stiamo accelerando questo processo: se qualcuno fa una domanda a Clara, il chatbot cerca le informazioni appropriate sul nostro sito web e le interpreta per la persona che ha posto la domanda. Invece di dover cercare le informazioni da sé, questa persona riceve una risposta che è stata redatta dall’intelligenza artificiale”. Nello stesso periodo anche Morgan Stanley aveva iniziato a testare un chatbot alimentato da OpenAi per aiutare invece l’esercito dei suoi consulenti finanziari; basato su Gpt 4, lo strumento generava risposte su circa 100mila richieste vagliate dalla società d’investimento. Goldman Sachs ha recentemente lanciato invece Louisa, piattaforma di networking basata su algoritmi intelligenti che consente agli utenti di qualificarsi come esperti di una determinata materia e restare aggiornati su colleghi e clienti. Il software sfrutta una combinazione di dati forniti dal sistema e dagli utenti stessi in modo da “condividere le informazioni giuste con la persona giusta al momento giusto”, si legge sul sito dell’investment bank.
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ChatGpt arriva in finanza: cosa cambia per i consulenti
“In questo momento è come se si scontrassero una certa eccitazione e un’estrema cautela”, osserva Grassi. “Se è infatti vero che le potenzialità dello strumento lasciano intravedere nuovi servizi ma soprattutto maggiore immediatezza di interazione, dall’altra le basi di dati su cui è stato fatto il training, la privacy dei dati e i potenziali rischi portano a un certo attendismo. Quello che emerge è tanto nella direzione di un Chatbot 2.0, che ovviamente è positivo, ma anche un po’ limitante”. L’intelligenza artificiale ha già mostrato alcune potenzialità, continua l’esperta: basti pensare all’ottimizzazione dei portafogli, ma anche alla selezione dei titoli, al supporto in backoffice al consulente finanziario o all’interazione con il cliente finale. “Quello che però manca – in ambito finanziario – è davvero pensare in un’ottica diversa, che io ancora non ho visto. Per esempio, in tema di adeguatezza e appropriatezza, il supporto che un’analisi fina dei dati da varie fonti potrebbe dare, andrebbe davvero nella direzione di maggiore e piena conoscenza del cliente e ben oltre la fotografia che abbiamo oggi. Ma ancora, andrebbe anche nella direzione di capire poi i prodotti più adatti, le preferenze o il cambiamento quasi real time dei bisogni”, dichiara Grassi. “Se in ambito retail utilizzano l’intelligenza artificiale per una conoscenza approfondita del cliente e del suo journey, non pare lo stesso in ambito finanziario. E il settore finanziario è pure messo molto meglio: pensiamo alla mole di dati che ha il segmento, che ha raccolto negli anni e che a volte la regolamentazione ha obbligato: un patrimonio incredibile”.
Guardando ai potenziali effetti sui consulenti finanziari, secondo Grassi più che di rischi bisognerebbe parlare di nuove opportunità. “Onestamente mi viene difficile pensare a un lavoro dove il supporto dell’intelligenza artificiale non sia sensato. In ogni ambito potremmo beneficiare di una migliore lettura delle informazioni, migliori insight che derivano da quelle informazioni o ancora un modo diverso di leggere certe informazioni”, osserva l’esperta. “Certo, rischi potranno nascerne; ma non parlerei di rischi, a meno che non parliamo anche di benefici e, soprattutto, di nuove opportunità. È chiaro che si potranno andare a diffondere soluzioni sempre più automatizzate e fai-da-te e che non richiedono quindi la presenza o la conoscenza di un consulente finanziario, ma non dimenticherei come solo pochi anni fa roboadvisor e soluzioni come Betterment o Wealthfront venissero viste come un rischio. Se guardiamo dove sono ora, dove siamo ora in generale come industry del risparmio (ovvero ancora in larga parte legata alla rete), mi approccerei a ogni passo avanti tecnologico con curiosità ma soprattutto con l’ottica di comprendere come può supportare il quotidiano. O anche aiutare a stravolgerlo (in meglio, chiaramente, ovvero solo in attività a vero valore aggiunto)”.