A livello globale, il valore degli asset investiti in private market è stimato in circa 6,5mila miliardi di dollari, di cui oltre il 50% in Usa e il 30% in Asia, con un tasso di crescita del 15% medio annuo negli ultimi 5 anni. In Italia, risultano circa 7 miliardi di euro investiti in private market.
Negli Usa l’esposizione dei portafogli ai private market si colloca tra il 15% e il 20%. In Europa invece l’asset class rappresenta una quota che, in Italia, ammonta allo 0,4% dell’aum in gestione del private banking.
La persona fisica che investe in startup e pmi innovative può, ai sensi del decreto interministeriale del 7 maggio 2019 detrarre il 30% della quota investita dall’Irpef, fino a un milione di euro e fino a 1,8 milioni se persona giuridica.
Investire nell’economia reale è un ideale nobile e remunerativo, ma non alla portata di tutti. Sia per carattere – il rischio da sopportare è alto – che per disponibilità economica – il taglio di ingresso è da milionari. Eppure negli ultimi anni il private equity e il venture capital, diramazioni principali dell’investimento alternativo, stanno assumendo una nuova forma, che permette di ridimensionare in parte questi problemi. Sempre più investitori si ritrovano, discutono, vagliano, selezionano, per infine investire collettivamente in un progetto, sostenendone la crescita e lo sviluppo. Il tutto prende il nome di clubdeal ed è un fenomeno in rapida crescita sulla scia del sempre più forte interesse degli investitori per tutto ciò che è alternativo.
I numeri parlano chiaro. A livello globale, a detta di Alessandro Vagnucci, deputy head di Mediobanca Private Banking, il valore degli asset investiti in private market è stimato in circa 6,5mila miliardi di dollari, di cui oltre il 50% in Usa e il 30% in Asia, con un tasso di crescita del 15% medio annuo negli ultimi 5 anni. In Italia, risultano circa 7 miliardi di euro investiti in private market. Quanto di queste masse sia da attribuirsi ai clubdeal è tuttavia di difficile stima essendo il mercato embrionale, acerbo e poco strutturato. Ma il potenziale è immenso: alcuni lo hanno capito anni fa.
Tra questi ci sono certamente da annoverare Clubdealonline e il Club degli Investitori, veri e propri pionieri di un nuovo modo di fare finanza nell’interesse sia dell’economia che dell’investitore. Nel 2018 è poi entrato sul mercato un colosso come Mediobanca Private Banking, capace fin da subito di mobilitare capitali a sei zeri: 700 milioni di euro in tre anni, di cui 400 solo negli ultimi dodici mesi. Il profilo dell’investitore a cui la banca propone l’operazione di Clubdeal spiega queste cifre. Entrare a fare parte “del pool degli eletti”, per riprendere il claim di Clubdealonline (“Not for the Crowd”), non è infatti affare per la folla. “Mediobanca Private Banking si rivolge esclusivamente a soggetti con grandi e grandissimi patrimoni finanziari potenzialmente tutti idonei a valutare e a partecipare al programma di private market e clubdeal” spiega Vagnucci. Il ticket di ingresso è infatti molto elevato. “Riteniamo preferibili investimenti non inferiori a 100mila euro, in quanto la forma del clubdeal non si adatta a un numero elevato di partecipanti. Tuttavia, tipicamente per i soggetti Hnwi o Ultra Hnwi il ticket medio è nell’ordine di 500mila euro o multipli”. Decisamente più contenuti invece i ticket di ClubDealOnline e il Club degli Investitori dove il capitale minimo di ingresso per operazione si attesta sui 10mila euro, anche se nella pratica il ticket di ingresso di colloca mediamente tra i 20 e i 40mila euro. Ovviamente i tagli minori precludono certi tipi di opportunità ma i risultati sono di tutto rispetto e mostrano una continua crescita.
Molto spesso poi essere un Hnwi non è sufficiente. Oltre che benestante l’investitore “tipo” è infatti anche imprenditore. Questo è vero, in alcuni casi, per Mediobanca e certamente per il Club degli investitori. “La nostra è un’associazione di più di 190 professionisti: imprenditori che hanno deciso di diventare business angel e che investono solo in startup a cui possono dare un valore aggiunto, offrendo non solo capitale ma anche una ricca rete di conoscenze” spiega Giancarlo Rocchietti, presidente del Club degli Investitori. Il carattere attivo dei clubdeal è infatti, secondo Rocchietti, uno dei due pilastri fondamentali su cui poggia questa forma d’investimento e che li differenzia da altri canali alternativi: “il clubdeal ha due vantaggi sostanziali: permette di scegliere in prima persona dove investire e ha costi di accesso meno elitari”.
Quanto può valere questo tipo d’investimento all’interno di un portafoglio finanziario? La premessa è che il contesto di mercato è particolarmente favorevole ai private market. Incertezza economica, tassi bassi, se non addirittura negativi, spingono infatti gli investitori verso forme di investimento più illiquide. È quanto sostiene Cristiano Busnardo, ad di ClubDealOnline: “questi fattori stanno imponendo agli investitori un ripensamento dell’allocazione del proprio patrimonio: si rinuncia sempre più alla liquidabilità degli strumenti finanziari a favore di rendimenti attesi più elevati”. Sebbene poi per ogni investitore la valutazione sarà differente è possibile tracciare due diversi portafogli. “Se guardiamo ai mercati più evoluti e maturi, ad esempio quello americano, emerge un’esposizione ai private market tra il 15% e il 20% del portafoglio investimenti. Molto diversa è la situazione in Europa e in Italia dove l’investimento in private market rappresenta ancora una quota di portafoglio estremamente marginale” afferma Vagnucci. “Secondo Aipb, dei 844 miliardi di euro gestiti dal private banking in Italia solo 3,9 miliardi, quindi solo lo 0,4%, fa riferimento a private market” rincara Busnardo. A detta invece di Rocchietti la quota di portafoglio dedicata deve essere in funzione delle imprese in cui si investe. “Se il contenuto di investimento del clubdeal è il venture capital la relativa quota di portafoglio non dovrebbe superare il 5%. Se si tratta invece di private equity tale cifra può essere leggermente più alta” afferma Rocchietti che spiega che questa divergenza riflette il diverso grado di rischio. “Investire in innovazione è molto rischioso. Il tasso di mortalità è di circa del 50% ed interessa soprattutto le startup nella fase di early stage. Per avere una buona diversificazione consigliamo ai nostri clienti di investire almeno in dieci realtà diverse. Cinque non andranno a buon fine, ma almeno una o due generanno un rendimento più che sufficiente a compensare le perdite”.
Infine da non sottovalutare anche l’aspetto fiscale. “Chi decide di investire in startup e pmi innovative tramite ClubDealOnline può, ai sensi del decreto interministeriale del 7 maggio 2019 detrarre, se persone fisiche, dall’imposta lorda, un importo pari al 30 per cento dell’investimento, per importi non superiori a un milione di euro, in ciascun periodo d’imposta. Diversamente, le società possono dedurre dal proprio reddito complessivo un importo pari al 30% degli investimenti effettuati, per un ammontare non superiore a euro 1,8 milioni” conclude Busnardo.