Cisotta: “Quella di Dubai è un’economia giovane, se comparata all’Italia, ma solida e in cui la regolamentazione è concepita per agevolare l’attrazione di business da tutto il mondo”
Tra i costi da sostenere ci sono quelli relativi alla licenza, che partono dai 10mila euro e sono parametrati in base a tipo di attività, settore e dimensione delle operazioni
Partiamo da due differenze rispetto all’Italia: a Dubai le aziende non sono soggette a imposte sul reddito e non vi sono dazi import-export. Ma non sono gli unici vantaggi per chi decide di fare impresa nell’Emirato. Si tratta infatti di uno snodo “ormai cruciale nell’economia mondiale”, spiega a We Wealth Leo Cisotta, general manager di Italiacamp Emea, società che gestisce il Dubai hub for made in Italy che promuove l’internazionalizzazione delle imprese italiane e del loro know-how nei paesi del Golfo.
“Un imprenditore dovrebbe decidere di sviluppare qui la sua attività per non perdere le occasioni di business che ci sono a Dubai e in tutta l’area del Golfo, come testimoniato dai dati relativi agli scambi internazionali, con un volume totale di commercio estero (non legato al settore petrolifero) che ha raggiunto i 382 miliardi di dollari nel 2022”, racconta Cisotta. Inoltre, la metropoli del deserto arabo è in crescita in tutti i settori, basti pensare che il 70% del suo prodotto interno lordo non è legato al petrolio. “Al fianco di un regime fiscale favorevole, l’altro grande vantaggio è essere presenti in un mercato che chiede continuamente competenze, riconoscibilità e alti standard: le caratteristiche proprie del made in Italy”, continua Cisotta.
Come avviare un’impresa a Dubai
Per operare a Dubai è necessario innanzitutto registrare il nome commerciale della propria attività presso le autorità locali, indicando la forma societaria e il settore di attività, in modo da ottenere un’approvazione preliminare per la licenza commerciale. Successivamente, spiega l’esperto, è necessario avere una sede dove domiciliare il proprio business. “Subito dopo si ottiene la licenza definitiva – che può essere Mainland o collegata a una free zone – si apre un conto bancario aziendale e si inizia a operare. Se la licenza è collegata a una free zone, inoltre, la società può essere al 100% di proprietà non emiratina”, precisa Cisotta.
LE OPPORTUNITÀ PER TE.
Sai che esistono dei finanziamenti per l’internazionalizzazione delle imprese?
Vuoi sapere come ottenerli?
Gli advisor selezionati da We Wealth possono aiutarti a trovare le risposte che cerchi.
TROVA IL TUO ADVISOR
I costi per ottenere la licenza e operare a Dubai
I costi relativi alle pratiche per ottenere la licenza partono dai 10mila euro e sono parametrati in base a diversi fattori: tipo di attività, settore e dimensione delle operazioni. “Poi, c’è il costo per la locazione di un ufficio dove avviare le attività che, come si può immaginare, può variare notevolmente a seconda che venga scelta una postazione o un ufficio privato in un business centre o in una sede autonoma”, spiega l’esperto. “Iniziare a operare in un business centre permette di gestire in modo costo efficace la fase di startup nel paese, nella quale chiaramente i primi investimenti devono essere dedicati all’impiego e alla ricerca delle risorse umane per operare in loco e al business development. Per questo all’Italiacamp dubai hub for made in Italy associamo alle classiche facility dei business center, servizi di business advisory e business matching, anche grazie a una rete di partnership con player specialistici affermati negli Emirati”, racconta Cisotta.
Fare impresa a Dubai o in Italia? Le differenze
Per facilitare l’insediamento e lo sviluppo di nuovi business, come anticipato in apertura, a Dubai le società non sono soggette a imposte sul reddito “che così possono destinare in maniera consistente allo sviluppo del business”, dice Cisotta. Inoltre, non vi sono dazi import-export. “Quella di Dubai è un’economia giovane, se comparata all’Italia, ma solida e in cui la regolamentazione è concepita per agevolare l’attrazione di business da tutto il mondo”, aggiunge Cisotta in merito alle differenze con il Belpaese. “Per questo esistono inoltre, per settore di attività, un sistema di incentivi collegati allo stabilirsi in free zone come il Dubai world trade center. Questi centri, guidati dal Department of economy and tourism, sono dedicati a permettere di massimizzare l’investimento dell’apertura a Dubai ma rappresentano anche delle vere e proprie porte di accesso per l’espansione nei mercati internazionali”, conclude Cisotta.
Il ruolo dei family office negli Emirati Arabi Uniti
Secondo il ministero dell’Economia, negli Emirati Arabi Uniti il 90% delle aziende private è costituito da imprese a conduzione familiare, che contribuiscono a circa il 70% del Pil del Paese. Si stima che nel prossimo decennio in Medio Oriente saranno trasferiti alla generazione successiva 1.000 miliardi di dollari di ricchezza. Un contesto in cui i family office stanno acquisendo uno spazio crescente, anche grazie alla spinta del governo. Nell’ultimo anno, infatti, gli Emirati Arabi Uniti hanno adottato una serie di misure a riguardo, sviluppando un processo di registrazione più semplice attraverso il Difc family arrangements regulations e definendo un quadro giuridico completo per questa categoria. Tra l’altro, la struttura finanziaria di Dubai offre ai family office un ecosistema finanziario iperconnesso e una via di accesso a mercati e capitali globali. L’emirato ospita un numero crescente di banche private, hedge fund e oltre 300 società di gestione patrimoniali, che contribuiscono a formare un settore da 450 miliardi di dollari.