“Dobbiamo cambiare prospettiva e passare da un concetto di società della vecchiaia a uno di società della longevità”. Lo ha detto Nicola Palmarini, esperto di innovazione e longevità e direttore dell’Uk National Innovation Centre for Ageing, nel suo keynote speech, durante la conferenza inaugurale della 13° edizione del Salone del Risparmio (Sdr), l’evento simbolo dell’industria italiana del risparmio gestito, in cui viene tracciato il quadro della situazione attuale e fatto il punto sul futuro del settore.
La nuova dimensione della nostra società
Stiamo entrando in una dimensione diversa della nostra società: “Nel 2050, in Italia avremo l’11% in meno della popolazione di oggi e sarà prevalentemente anziana”, ha spiegato Palmarini, precisando che in questo senso, dovremmo pensare ai clienti e non ai pazienti. “C’è un comparto di investimenti che (in italia) non abbiamo ancora intuito. Servono nuovi prodotti e servizi che ci accompagnino più a lungo”, ha aggiunto il direttore dell’Uk National Innovation Centre for Ageing, precisando che “la popolazione over-60 è uno dei pochi motori dello sviluppo economico globale, in grado di generare almeno la metà della crescita di tutti i consumi urbani da qui al 2030” e che “in Italia i due terzi dei patrimoni superiori ai 200mila euro sono in mano alla fascia over-55. Siamo pronti a immaginare una pianificazione finanziaria per un consumatore che vivrà oltre cent’anni?”, ha concluso Palmarini, lanciando il guanto di sfida ai protagonisti del settore.
La fine della saga del risparmio
Il sociologo Giuseppe De Rita ha poi analizzato l’impatto sociodemografico delle crisi degli
ultimi decenni. “Ancora oggi stiamo vivendo un ciclo decennale di primato del risparmio: infatti, in
10 anni abbiamo avuto un aumento del valore reale del risparmio pari al 65% – ha detto – Abbiamo vissuto una vera e propria ‘saga del risparmio’, che tuttavia sta finendo e secondo gli ultimi dati del 2022, per la prima volta, c’è stato un decremento dell’1% dell’aumento del risparmio. Non sappiamo se sia effettivamente finito il ciclo, ma potrebbe essere finita la dimensione del risparmio come preoccupazione fondamentale del cittadino. Occorre quindi capire se il ciclo ripartirà oppure se ne verrà aperto uno nuovo”.
Dal canto suo, il ministro dell’Economia e delle finanze, Giancarlo Giorgetti, ha contestualizzato il tutto, dichiarando che “la nostra economia mostra una notevole resilienza”, ma che tuttavia non possiamo non considerare il contesto in cui ci muoviamo: “Il clima di incertezza che caratterizza il quadro economico mondiale e la crescita dei tassi di interesse potrebbero rallentare la dinamica degli investimenti e per contrastare questa tendenza è necessario incentivare il concorso del settore privato, che va coinvolto per impiegare e rendere produttiva la cospicua quantità di risparmio disponibile”, ha spiegato.
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Le dimensioni del mercato del risparmio gestito
“A fine 2022, il patrimonio dell’industria ammontava a 2.212 miliardi di euro. In un anno straordinario, il settore del risparmio gestito ha dimostrato una complessiva tenuta, mettendo a segno una raccolta positiva per 14,8 miliardi di euro”, ha illustrato Carlo Trabattoni, Generali Investments Partners sgr e presidente di Assogestioni, che poi ha sottolineato il buon risultato dei fondi, con un saldo positivo per 8,5 miliardi. “Sono dati significativi, in particolare se paragonati ad altri periodi di crisi, come il biennio 2007-2008 quando registrammo un’emorragia di quasi 200 miliardi o il 2011, quando la crisi del debito sovrano portò a 30 miliardi di deflussi”, ha aggiunto.
Una cosa è certa: serve un quadro normativo capace di incrementare la fiducia e indirizzare verso soluzioni di investimento i risparmi detenuti sotto forma di liquidità e depositi.
Secondo le ultime stime di Banca d’Italia, il sistema ha 1.380 miliardi di liquidità inerme, dei quali 800 miliardi delle famiglie, giacenti sui conti correnti con una remunerazione media dello 0,26%.
Con una precisazione: «La giacenza sui conti correnti dei clienti seguiti da consulenti è inferiore di quella delle persone che fanno da sole», ha detto Luigi Conte, presidente di Anasf, aggiungendo che «il continuo confronto genera un progetto e una dinamica di pianificazione”.
Btp vs risparmio gestito
“Guardando agli scorsi mesi non possiamo non notare le pressioni che arrivano da un contesto di mercato che tende a favorire gli strumenti amministrati rispetto alle gestioni – ha dichiarato Trabattoni, ricordando che la corsa dell’inflazione ha ribaltato i paradigmi che hanno caratterizzato negli anni scorsi il credito, che giustamente è tornato a essere appetibile per molti investitori. “A questo riguardo, tuttavia, sottolineiamo come le tendenze nel medio periodo indichino già una possibile inversione del trend e come la nostra industria stia mostrando dinamismo e tenuta anticipando queste criticità”, ha aggiunto, precisando che un segnale positivo arriva anche dai dati di raccolta relativi al primo trimestre che evidenziano “la tenuta dei prodotti azionari, che hanno raccolto sottoscrizioni nette per circa 2,9 miliardi di euro”.
Anche il “comparto obbligazionario è tornato interessante, è tornato a essere un’asset class», ha aggiunto Massimo Doris, amministratore delegato di Banca Mediolanum e presidente di Assoreti, che ha spiegato che il titolo di Stato è utile e va messo in portafoglio, ma non da solo. “Il Btp – ha detto – è uno strumento per investire interessante; per adesso non copre l’inflazione, ma prima o poi quest’ultima scenderà». Attenzione però: “Se il Btp dà il 4%, ci sono strumenti obbligazionari che danno rendimenti più alti”, ha puntualizzato Doris, ma se “investire in Btp è semplice e sicuro, i bond corporate al 6-7% sono più complessi”, quindi “il Btp va affiancato ad altri prodotti, ai quali ci si approccia tramite fondi e consulenza dei professionisti”
I driver della trasformazione dell’economia
Tre sono i driver essenziali per la trasformazione dell’economia: l’educazione e una cultura finanziaria, la sostenibilità e l’innovazione come opportunità d’investimento.
Da una ricerca condotta da Aipb sui rappresentati dell’industria del private banking è emerso che nel 94% dei casi la tecnologia sarà un fattore sempre più abilitante, ma non sostituirà la figura del banker. “I giovani useranno, infatti, sempre di più la tecnologia, ma per le scelte d’investimento più complesse il riferimento del private banker resterà fondamentale”, ha spiegato Andrea Ragaini, presidente Aipb.
Dello stesso avviso Trabattoni, che ha detto: “ChatGpt è un valido supporto, ma non sostituirà mai il consulente”.
Il patrimonio e le generazioni
“Oggi nel private banking la maggior parte dei patrimoni afferisce alle generazioni più anziane: il 47% è legata ai Baby boomer (58-74 anni), il 32% alla Silent Gen (over 74) che assieme formano quasi l’80% del totale degli asset. Il restante 20% è in mano alla Gen X (42-57 anni) e ai Millennial (26-41 anni)”, ha spiegato Ragaini, che poi ha aggiunto che l’elaborazione di prospettive e scenari futuri è una costante della loro industria, perché nei prossimi anni una quota importante di risparmi passerà di mano.
“Il private banking gestisce il portafoglio in ottica generazionale, al cui interno sono presenti esigenze di membri diversi della famiglia. Parlare di lungo termine, donne e giovani è per noi una costante”, ha proseguito Ragaini che poi ha concluso dicendo: “Occorrerà sempre più parlare coi clienti gestendo team intergenerazionali”