Un primo passo è stato l’introduzione dell’obbligo, a far data dal 1° gennaio 2021, per chi effettua attività di commercio al minuto ed attività assimilate di dotarsi di appositi Registratori Telematici collegati elettronicamente con i sistemi informatici dell’Agenzia delle Entrate (oppure di utilizzare specifiche procedure web messe a disposizione gratuitamente dalla stessa).
Il nuovo “Registratore Telematico” si distingue dal vecchio “registratore di cassa” perché consente non solo di emettere il documento commerciale (il successore del vecchio scontrino fiscale), ma anche di memorizzare la singola operazione compiuta nell’arco della giornata in modo sicuro ed affidabile, di “sigillare elettronicamente” il file contenente i dati complessivi dei corrispettivi della giornata e trasmetterli in via telematica all’Agenzia delle Entrate.
In altre parole, il Registratore Telematico rappresenta oggi il primo strumento di controllo e monitoraggio delle attività svolte dagli esercenti e fornisce al Fisco, idealmente in tempo reale, il dettaglio delle transazioni eseguite giornalmente. Tuttavia, è evidente come i dati dei corrispettivi giornalieri non siano sufficienti da soli a consentire al Fisco un’efficace azione di controllo sugli esercenti, ma richiedano altri dati, in particolare quelli sugli incassi.
Il legislatore ha, quindi, fortemente incentivato l’uso di mezzi di pagamento tracciabili e imposto agli intermediari finanziari che li forniscono l’obbligo di comunicare al Fisco i dati necessari per effettuare controlli incrociati e automatici. Ma andiamo con ordine.
Gli incentivi all’utilizzo della moneta elettronica
Come noto, l’obbligo di accettare pagamenti elettronici è in vigore in Italia sin dal 30 giugno 2014 (art. 15, comma 4 d.l. n. 179/2012). Tuttavia, il legislatore dell’epoca non aveva introdotto alcuna sanzione per la sua violazione, depotenziando di fatto la misura. Gli esercenti che rifiutavano di accettare i pagamenti elettronici, spesso giustificando la loro condotta con gli eccessivi costi di gestione di tali mezzi di pagamento, sapevano infatti di non correre alcun rischio.
Per ovviare a tale empasse, il legislatore è intervenuto nuovamente in materia introducendo, da un lato, incentivi fiscali volti a compensare almeno in parte i maggiori oneri sostenuti dagli esercenti per accettare tali mezzi di pagamento e, dall’altro, sanzioni in caso di rifiuto dell’esercente all’utilizzo di tali strumenti. Più precisamente:
– agli esercenti attività di impresa, arte o professione (con ricavi e compensi registrati nell’anno precedente inferiori ad €400,000) è stato accordato – a partire dal 1° luglio 2020 – un credito d’imposta pari al 30% delle commissioni addebitate dagli istituti di moneta elettronica e dagli istituti di pagamento per le transazioni effettuate da consumatori finali mediante carta di credito, di debito o prepagate (il credito è incrementato al 100% rispetto alle commissioni addebitate per il periodo 1° luglio 2021 – 30 giugno 2022 – art. 22 del d.l. n. 124/2019);
– agli esercenti attività di impresa, arte o professione che effettuano cessioni di beni o prestazioni di servizi nei confronti di consumatori finali è stato accordato un credito d’imposta (in misura variabile in funzione del loro volume di ricavi e compensi) parametrato ai costi sostenuti, fino ad un massimo di €160, nel periodo 1° luglio 2021-30 giugno 2022 per l’acquisto, noleggio o utilizzo di strumenti che consentono il pagamento elettronico, nonché per le spese di convenzionamento ovvero per le spese sostenute per il collegamento tecnico tra i predetti strumenti (art. 22-bis del d.l. 124/2019). La predetta soglia massima di costi agevolabili di € 160 è elevata a € 320 per i costi sostenuti nel corso dell’anno 2022 per l’acquisto, noleggio o utilizzo di strumenti evoluti di pagamento elettronico che consentono anche la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei corrispettivi;
– a far data 30 giugno 2022, l’esercente che rifiuti di accettare i pagamenti elettronici (salvo che nei casi di oggettiva impossibilità tecnica) sarà soggetto ad una sanzione amministrativa pecuniaria pari a €30, aumentata del 4% del valore della transazione rifiutata (art. 18 del d.l. n. 36/2022).
Gli obblighi di data sharing in capo agli intermediari finanziari
Una volta incentivato l’utilizzo della moneta elettronica, il legislatore ha completato il quadro introducendo un nuovo obbligo di comunicazione per i fornitori dei servizi di pagamento (i c.d. Payment Service Provider – Psp).
Oltre all’importo delle commissioni addebitate agli esercenti, già oggetto di comunicazione dal luglio 2020 per consentire all’Amministrazione Finanziaria la verifica del corretto utilizzo dei crediti di imposta afferenti le commissioni addebitate, i Psp dovranno in futuro comunicare anche i dati relativi alle operazioni giornaliere che vengono saldate con pagamenti elettronici.
Più precisamente, a partire dal 1° settembre 2022 i Psp dovranno trasmettere telematicamente a PagoPA S.p.A. (che a sua volta li inoltrerà all’Agenzia delle Entrate) i dati delle transazioni registrate giornalmente dagli strumenti di pagamento elettronico suddivisi per singolo esercente, oltre a una serie di dati identificativi dello strumento di pagamento, dell’esercente e dello stesso Psp.
Ancorché tale obbligo sia stato introdotto nel dicembre 2021 dal c.d. Decreto Fisco-Lavoro collegato alla Legge di bilancio 2022, e quindi sia in vigore dal 1 gennaio 2022, le relative norme di attuazione sono state emanate solo il 30 giugno 2022 con il Provvedimento n. 253155/2022 dell’Agenzia delle Entrate.
Tale provvedimento ha dettato termini particolarmente stringenti a carico del Psp, imponendo – a regime – la comunicazione dei dati delle transazioni processate dagli strumenti di pagamento elettronico entro il secondo giorno lavorativo successivo alla data della relativa contabilizzazione. Le informazioni relative alle transazioni contabilizzate tra il 1° gennaio e il 31 agosto 2022 devono, invece, essere trasmesse entro il 31 ottobre 2022.
In definitiva, con questa ulteriore (e certamente non ultima) misura, il legislatore amplia ulteriormente la quantità e la qualità delle informazioni prontamente utilizzabili dal Fisco in sede di accertamento, nonché la possibilità di effettuare controlli automatici mediante l’incrocio di dati.