Per il 76,6% degli italiani, se ambiente e società si degradano, anche risparmi e investimenti ne risentiranno. Il 63,9% ritiene gli investimenti esg un’opportunità per investire bene i propri risparmi e praticare i valori in cui crede
Panebianco: “Sfdr, Csrd e Tassonomia sono tasselli fondamentali che, considerati congiuntamente, aiutano a fare chiarezza in un’area di mercato che sin dalla sua nascita ha mostrato una carenza di terminologie comuni”
Negli ultimi anni si è evidenziata una costante crescita del mercato degli investimenti socialmente responsabili, con un continuo incremento delle masse gestite e del numero di prodotti istituiti. Tale fenomeno potrebbe essere ulteriormente supportato dal forte interesse delle nuove generazioni nei confronti dei prodotti socialmente responsabili. Gli ultimi dati Censis confermano, infatti, l’interesse diffuso tra gli italiani sul tema della sostenibilità. La maggioranza la percepisce come una priorità e allo stesso tempo un’opportunità: per il 76,6%, se ambiente e società si degradano, anche risparmi e investimenti ne risentiranno. Il 63,9% ritiene gli investimenti esg un’opportunità per investire bene i propri risparmi e praticare i valori in cui si crede. Secondo Assogestioni, l’ammontare investito in fondi esg in Italia è pari solo al 3,5% del totale investito in tutti i fondi comuni di investimento.
Quali sono le ragioni dietro quella che potremmo definire una “esg mania”?
Le ragioni sono molteplici. Da un lato, la trasparenza è un punto distintivo dell’approccio dei gestori: report con indici quantitativi (per comparare il portafoglio con suo benchmark) e sintesi extra-finanziarie con commenti sui criteri esg forniscono agli investitori dati oggettivi sul valore aggiunto sociale e ambientale dei portafogli socialmente responsabili. Dall’altra, vi è una maggiore consapevolezza di come non sia più sufficiente puntare alla crescita economica, costi quel che costi, ma occorra invece ambire a uno sviluppo che sia sostenibile sul lungo termine. L’attenzione alla sostenibilità ha subito negli anni diverse trasformazioni fino a diventare oggi “mainstream”.
Il vero incipit è stato dato da eventi che hanno cambiato la storia, come i disastri ambientali dell’Exxon Valdes o della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon. Oggi questo secondo boom è dato dal ruolo dei regulators e delle nuove generazioni. Greta Thunberg ha contribuito a muovere l’opinione pubblica e a renderla cosciente del fatto che il nostro pianeta è uno solo e che non c’è più tempo da perdere. Per concludere, pur non essendovi state innovazioni di ingegneria finanziaria dedicate alla sostenibilità, si è assistito a un aumento nel numero di fondi comuni, Etf e indici dedicati, le cui performance finanziarie si sono rivelate in molti casi uguali se non superiori agli investimenti tradizionali. Gli investitori hanno capito che un approccio concretamente sostenibile non implica necessariamente la rinuncia al rendimento finanziario. Infine, l’Accordo di Parigi prevede una riduzione del 45% delle emissioni nel 2030 per raggiungere la carbon neutrality, cioè le emissioni zero, nel 2050. Tradotto in cifre, significa una stima tra 180 e i 290 miliardi di euro addizionali d’investimento: una somma troppo grande per un investimento pubblico. La finanza sostenibile è il modo in cui la finanza privata riesce a venire incontro a questa esigenza.
Quali, invece, i rischi?
Il rischio principale è quello del greenwashing che, grazie alle più stringenti normative europee, si sta cercando di limitare. Senza sapere chi e cosa è davvero sostenibile rischiamo un’allocazione inefficiente delle risorse finanziarie private, fondamentali per raggiungere gli obiettivi, ambiziosi quanto fondamentali, fissati dall’European Green Deal e dal Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano. Questo rischio fa inoltre storcere il naso a investitori e risparmiatori che, non sicuri del vero grado di sostenibilità, potrebbero optare per un investimento tradizionale a scapito di investimenti che stimolino la transizione ecologica auspicata. In termini di performance finanziarie, invece, sarà importante fare attenzione al singolo fondo e alle variabili che potrebbero influenzarne il rendimento: le strategie esg adottate, la possibile sovra o sottoesposizione a certi settori, e lo stile di investimento.
I fondi sostenibili continueranno ad attrarre capitali?
Si continuerà a osservare una crescita sostenuta nei prossimi anni: la stima di Bloomberg è addirittura di oltre 50mila miliardi di dollari statunitensi di aum investiti con strategie esg entro il 2025. Il settore del risparmio gestito dovrà ora affrontare una fase di profondo cambiamento relativo alla strategia, alle politiche e ai processi di integrazione dei fattori esg, in parte per rispondere alla compliance e alle nuove normative, ma soprattutto per cogliere l’opportunità di business e offrire soluzioni alla crescente domanda di prodotti esg. Alla luce di ciò, ci aspettiamo una ristrutturazione dei prodotti esistenti in chiave sostenibile e la nascita di nuovi prodotti esg in linea con l’art. 8 (light green) e soprattutto 9 (dark green) della Sfdr (Sustainable finance disclosure regulation, ndr). Ci attendiamo, inoltre, un aumento di green bond e fondi obbligazionari verdi che potrebbero ricevere un forte impulso in caso di adozione del nuovo framework, “Eu green bond standard”, proposto a luglio dalla Commissione europea.
Quale sarà il ruolo delle normative “verdi”, dalla Sustainable finance disclosure regulation alla proposta sulla Corporate sustainability reporting directive?
Sfdr, Csrd e Tassonomia risultano essere dei tasselli fondamentali che, considerati congiuntamente, aiutano a fare chiarezza in un’area di mercato che sin dalla sua nascita ha mostrato una carenza di terminologie comuni, causando confusione e disaffezione verso i prodotti finanziari sostenibili. Attraverso la Csrd, che allargherà considerevolmente il bacino di società che dovranno dare disclosure, avremo a disposizione un numero significativamente superiore di informazioni di carattere non finanziario. La Csrd ha un doppio obiettivo: da un lato servirà a spronare le realtà più piccole a prestare maggior attenzione a queste tematiche, dall’altro gli intermediari finanziari potranno avere le informazioni per adempiere correttamente agli obblighi normativi della Tassonomia e della Sfdr. La prima fa chiarezza stabilendo un perimetro entro il quale è possibile parlare di attività sostenibile; la seconda, attraverso una maggior trasparenza, stimola i partecipanti ai mercati e i consulenti finanziari a integrare i fattori esg nei loro processi d’investimento, favorendo in questo modo un maggior flusso di capitali nel settore.