Una richiesta (e un costo) crescenti
Il movimento Black lives matter (Blm), rianimatosi nell’estate del 2020 a seguito della morte di George Floyd negli Stati Uniti, ha risvegliato un’improvvisa domanda di giustizia razziale di tutti i tipi. “La richiesta di una società e di un mercato del lavoro più equi e inclusivi metterà sotto pressione le aziende” afferma Compiègne . Lo hanno già potuto sperimentare le società che si sono trovate a doversi difendere da controversie sulla discriminazione di genere, ma anche a sopportare costi di contenzioso associati e sanzioni contro i divari retributivi. Così, la posta in gioco potrebbe essere alta per coloro che non riusciranno a sviluppare culture aziendali inclusive. “Le sanzioni possono includere il contraccolpo reputazionale sui social media, lo spostamento dei consumatori verso concorrenti con politiche migliori, ma anche l’emergere di ostacoli al reclutamento e alla fidelizzazione dei talenti” aggiunge Compiègne.
Un esempio arriva da Starbucks. Nel 2018, ben prima del Blm, la società è stata infatti coinvolta in un caso di discriminazione razziale in uno dei suoi negozi. L’azienda ha reagito rapidamente, chiudendo temporaneamente 8.000 negozi per fornire formazione anti-bias a 175.000 membri del personale. “È costato circa 16,7 milioni di dollari in vendite perse, ma la perdita di reputazione avrebbe presumibilmente portato a un dispendio molto più elevato se la società non avesse agito”.
Disuguaglianza sociale, il ruolo degli investitori
“Le grandi aziende vogliono dimostrare di sostenere tutte le minoranze etniche nella lotta al razzismo e alla discriminazione” continua Vincent Compiègne . “La domanda chiave è come”. Scendono quindi in campo gli investitori, che già hanno compreso l’importanza delle questioni sociali per l’analisi degli asset. In questo contesto, il loro ruolo è caratterizzato dall’allocazione del capitale nelle attività che potranno essere meglio preservate e a quelle che potranno crescere producendo un impatto positivo. “Imparare e condividere le migliori pratiche delle società partecipate, indipendentemente dal loro quadro normativo e dai vincoli di rendicontazione, è un buon punto di partenza”.
Quali i benefici dell’inclusione? Progresso, ma anche performance
I risultati di un approccio inclusivo si riflettono anche nelle performance. Al di là della questione morale, una società inclusiva, che offre a tutti le stesse possibilità di progresso, aiuta a creare armonia sociale. Dal punto di vista finanziario, le organizzazioni inclusive e diversificate sono più innovative e forniscono un vantaggio competitivo. La ricerca Diversity wins: How inclusion matters condotta da McKinsey nel maggio 2020 (su un campione di 1039 aziende in 15 paesi) ha infatti rilevato che, negli ultimi 5 anni, il quartile più alto di società con diversità etniche ha sovraperformato il mercato del 36%. È più probabile, perciò, che aziende “diverse” superino finanziariamente le loro concorrenti.
Un rapporto del Regno Unito ha stimato nel 2017 che la parità di partecipazione e progressione tra le etnie potrebbe valere un ulteriore 24 miliardi di sterline all’anno per l’economia del Regno Unito, ovvero l’1,3% del Prodotto interno lordo (Pil).
Secondo uno studio statunitense, invece, la chiusura del divario retributivo razziale aumenterebbe il Pil Usa del 14%, ovvero più di 2 mila miliardi di dollari.
Vincent Compiègne
Deputy global head Esg investments and research di Candriam