Si tratta di aziende con un fatturato annuale compreso tra i 10 milioni e 1 miliardo di dollari, il 91% delle quali risulta non quotata
La trasformazione digitale è considerata una priorità strategica. Un’evoluzione che, per le realtà italiane, era già iniziata prima della crisi
Ernesto Lanzillo: “Guardando ai prossimi 12 mesi i leader aziendali italiani prevedono un boom della produttività (58%) e dei profitti (47%)”
Hanno dato un colpo di frusta a valori e mission. Senza dimenticare digitale, sostenibilità e riduzione delle emissioni di carbonio. Sono le aziende private fotografate da Deloitte Private con il supporto dell’istituto di ricerche di mercato OnResearch in una nuova indagine che ha coinvolto un campione di 2.750 leader a livello globale, di cui 150 in Italia. Un’occasione, nelle parole di Ernesto Lanzillo, private leader di Deloitte Italia, per evidenziare come tali realtà si stiano adeguando “al nuovo contesto disegnato dalla pandemia”, incrementando gli sforzi “per trasformare e far evolvere la propria azienda” rendendola più competitiva nel nuovo scenario post-covid.
Si tratta in particolare di aziende con un fatturato annuale compreso tra i 10 milioni e 1 miliardo di dollari. Il 91% risulta non quotato, il 43% del quale è di proprietà di un private equity, il 23% è posseduto da una famiglia e il 17% è rappresentato da “società strettamente partecipate ma non possedute da una famiglia”, si legge nel rapporto. Il 6%, ancora, sono realtà sostenute da venture capital e il 2% sono di proprietà statale. Quanto agli intervistati, il 50% sono proprietari, membri del board o c-level (termine che indica le cariche più alte all’interno della società che solitamente iniziano con la lettera “c”, come chief executive officer, chief financial officer, chief operating officer e chief information officer, ndr), mentre l’altra metà sono vice presidenti, responsabili di dipartimenti o business line, e direttori.
L’indagine ha evidenziato innanzitutto
sette priorità operative in grado di definire il livello di resilienza delle realtà coinvolte (alto, medio o basso a seconda di un range di autovalutazione che va da 7 a 35): tecnologia, strategia, operation, crescita, capitale, lavoro, impatto sociale e ambientale. Il mix di indicatori ha rivelato come le aziende che possono essere considerate a “elevata resilienza” rappresentano il 31% del campione, a “media resilienza” il 59% e a “bassa resilienza” il 10%. I fattori considerati imprescindibili affinché possano dichiararsi resilienti sono la tecnologia (73%), la crescita (69%) e le operation (68%).
La trasformazione digitale, infatti, è ritenuta una priorità strategica sia nel breve che nel lungo termine. Un’evoluzione che, per le realtà italiane, era già iniziata prima della crisi pandemica (32% contro il 27% della media globale) mentre per il 23% è stata l’emergenza stessa a spingerle a investire nell’ambito tecnologico e digitale (contro il 36% a livello mondiale). Tale accelerazione, inoltre, si stima proseguirà anche nei prossimi 12 mesi, con il 47% delle imprese private italiane che punterà sull’automazione dei processi di business, l’information security (44%) e gli strumenti di data analytics o business intelligence (41%).
Con un occhio sempre rivolto verso le tematiche “green”. Il 61% degli intervistati ritiene infatti che sostenibilità e riduzione delle emissioni di carbonio siano fondamentali per definirne il carattere di resilienza, ma anche che siano ormai “entrati a pieno titolo nell’agenda delle aziende italiane, seppur a differenti livelli”, si legge nel rapporto: il 41%, infatti, è ancora alla fase dell’implementazione iniziale, il 35% a metà processo e il 6% si ritiene matura su tali tematiche. Parallelamente, a crescere è anche la fiducia sul futuro (considerando un orizzonte di tre anni), specialmente tra le aziende più resilienti (si parla del 41% contro il 14% di quelle meno resilienti). Un ottimismo che le spinge anche a puntare sullo sviluppo di nuovi prodotti e servizi (52% sia nel breve che nel lungo termine), sulla produttività (48% nel breve e 49% nel lungo termine) e sulla trasformazione digitale (47% nel breve e 54% nel lungo termine).
Si tratta di aziende con un fatturato annuale compreso tra i 10 milioni e 1 miliardo di dollari, il 91% delle quali risulta non quotataLa trasformazione digitale è considerata una priorità strategica. Un’evoluzione che, per le realtà italiane, era già iniziata prima della crisiErnesto Lanzillo: “Gua…