Non stupisce quindi che a livello globale il mercato degli eSport abbia fatto registrare risultati da record con previsioni di forte crescita solo parzialmente mitigate per effetto della pandemia. Secondo alcuni dati i ricavi generati nel 2020 a livello mondiale si aggirano intorno ai 950 milioni di dollari con una platea di spettatori pari a circa 490 milioni di utenti (dati Newzoo, 2020 Global esports market report). Un contesto in cui il mercato europeo si posiziona, in termini di ricavi e nuovi utenti, alle spalle di Asia e Nord America.
Non pare, in definitiva, inopportuno sostenere che questi videogame si stanno affermando quale vera e propria industry emergente nell’era della digital economy nel comparto dell’intrattenimento non solo ludico giovanile. Dimostrazione di questa rapida ascesa ne è anche il fatto che, al di là dei player tipici del settore – quali ad esempio produttori di pc e console da gioco, sviluppatori di videogiochi, fornitori di servizi collegati ai videogame, sponsor anche estranei al settore -, sempre più spesso sono coinvolti eGamer appartenenti alla categoria degli sportivi professionisti di discipline sportive tradizionali.
Il fatto che gli eSport si siano sviluppati nel settore videoludico digitale in cui leggi e regolamenti sono ancora in costruzione (o del tutto assenti) ha, per certi versi, favorito una repentina espansione del mercato dei giochi elettronici e, per altri, contribuito a limitarlo nelle giurisdizioni che adottano una accezione tradizionalistica dei giochi di abilità e dello sport.
Così si è creato uno contesto internazionale in cui in alcuni Stati gli eSport e gli eGamer sono stati rispettivamente riconosciuti alla stregua di sport e sportivi tradizionali (come in Corea del Sud, Cina, Usa, Sud Africa e Ucraina), mentre in altri, come in Italia davanti il Coni, sono tutt’ora in corso consultazioni mirate a riconoscere un ruolo ufficiale al mondo del gaming professionale e competitivo. Questo quadro potrebbe però mutare rapidamente in favore di alcuni eSport per effetto della recente apertura del Comitato internazionale olimpico al loro accesso all’ambito olimpico (https://www.olympic.org/news/ioc-executive-board-proposes-olympic-agenda-2020-plus-5-as-the-strategic-roadmap-to-2025).
Va detto che la principale fonte di redditi in questo mondo di giochi virtuali deriva per le società del settore, dai diritti televisivi, dalla pubblicità e soprattutto dalle sponsorizzazioni, mentre per gli eGamer, in particolar modo i professionisti (pro-eGamer), i redditi provengono essenzialmente dalla vincita dei premi messi in palio durante i tornei, dai pagamenti per il video streaming delle competizioni cui partecipano e dai compensi percepiti in base ad accordi di sponsorizzazione o per lo sfruttamento dei diritti d’immagine.
Un aspetto di rilievo da considerare è che in assenza del riconoscimento nel nostro ordinamento sportivo degli eSport nel novero delle attività sportive riconosciute da parte del Coni è preclusa in via di principio l’applicabilità ai redditi degli eGamer delle disposizioni fiscali specifiche previste per la tassazione dei redditi degli sportivi professionisti. Ne consegue che il regime fiscale applicabile a queste fonti di redditi degli eGamer andrà ricercato nelle disposizioni tributarie di carattere generale (come redditi di lavoro autonomo, redditi a questi assimilati, o redditi diversi).
Al riguardo, uno degli elementi di cui tener conto per individuare il regime fiscale applicabile, fatta eccezione per certe casistiche particolari, attiene alla modalità (abituale, prevalente) con cui è svolta l’attività di gioco. Ad esempio, in presenza di abitualità e prevalenza l’attività dell’eGamer potrebbe dar luogo a redditi di lavoro autonomo o, difettando il requisito dell’abitualità, a redditi diversi. Ulteriore attenzione andrebbe poi riservata alle ipotesi in cui il cyber giocatore non abbia ancora la maggiore età il che, in teoria, potrebbe comportare l’obbligo per i suoi genitori (o chi ne abbia la tutela o curatela) di far confluire i redditi conseguiti con l’eSport nelle loro dichiarazioni dei redditi.
Il carattere prevalentemente virtuale di queste forme d’intrattenimento può porre inoltre criticità con riguardo alla rilevanza fiscale in Italia dei pagamenti ricevuti dall’eGamer in forza di accordi sullo sfruttamento del diritto d’immagine (sottoforma pubblicitaria e/o promozionale) o in base ad accordi di sponsorizzazione. Situazione questa che interessa in particolar modo gli eGamer che giocano regolarmente su piattaforme online internazionali o che si recano all’estero per partecipare a tornei di un qualche eSport.
Un ulteriore profilo di incertezza deriva dalla potenziale doppia tassazione cui potrebbero soggiacere i redditi degli eGamer con particolare vocazione ai tornei internazionali. Ci si riferisce in particolare alle norme previste da trattati e convenzioni contro le doppie imposizioni basate sull’art 17 del Modello di convenzione dell’Ocse. In base a questa norma la tassazione dei redditi dell’eGamer può avvenire sia nello Stato in cui questi ha la residenza fiscale sia in quello in cui svolge l’eSport – principio quest’ultimo che trova dubbia applicazione nei casi di tornei disputati interamente online. In generale, non è chiaro se tale disposizione possa applicarsi anche agli eSport e quindi agli eGamer in quanto pensata per artisti e sportivi appartenenti alle tipiche discipline sportive. Il Commentario al modello di convenzione dell’Ocse chiarisce che la disposizione dovrebbe potersi applicare anche a sport non classici quali il golf, le gare automobilistiche, nonché alle attività di intrattenimento quali biliardo, scacchi e tornei di bridge con ciò lasciando spazio a una possibile estensione ai videogiochi sportivi virtuali.
Si tratta di questioni che gli eGamer non dovrebbero sottovalutare nell’attuale contesto internazionale digitalizzato e globalizzato in cui le verifiche delle autorità fiscali sono facilitate e potenziate da strumenti basati sui big data, lo scambio di informazioni tra Stati e non da ultimo dall’intelligenza artificiale per attuare la quale un recente progetto dell’Agenzia delle entrate sarà finanziato dall’Unione europea con 900 milioni di euro (https://www.agenziaentrate.gov.it/portale/cs-4-marzo-2021-audizione).