La questione energetica e dell’approvvigionamento del gas pone l’Europa, dopo il Covid, di fronte ad un’altra importante sfida, economica e sociale
L’invasione russa in Ucraina ha dato vita a serie conseguenze sul fronte energetico
In questi termini, l’Europa deve varare nuove strategie di politica economica ed energetica, tenendo a mente che la probabile generalizzata cessazione di tutti i flussi di gas russi verso l’Europa, obbligherà a ridurre la domanda di gas, trovare valide alternative, e mettere in campo misure domestiche volte a calmierare i rincari.
Non è però attività facile rispondere efficacemente a queste tre implicazioni.
Venendo al primo aspetto relativo alla domanda di gas, come messo in evidenza nel report in commento, occorre partire dal fatto che le importazioni europee di gas provenienti dagli altri paesi non sono sufficienti, anche se si incrementasse l’importazione a livelli record, a riempire lo stoccaggio necessario all’Europa per affrontare il prossimo inverno.
Per tale ragione, per ridurre gli effetti economici negativi causati dall’interruzione dalla dipendenza russa di gas, occorre incidere, innanzitutto, in riduzione sulla domanda.
Secondo alcune stime riportate da Bruegel, sulla scorta dei dati dell’Agenzia internazionale dell’energia, la domanda di gas deve essere ridotta di almeno 400 TWh (vale a dire del 10%-15% della domanda annuale). In questi termini, il 2022 si contraddistinguerà per una domanda di gas nettamente inferiore rispetto a quella del 2021. A contribuire a questa contrazione della domanda, però, ci sono fattori slegati, ma concorrenti, a quelli dell’invasione russa. Tra questi, un ruolo di primo piano è ricoperto dall’incertezza climatica che, da sola, riduce la domanda di gas del 10-30%.
Ridotta la domanda di gas occorre trovare valide alternative. Il mercato del gas naturale liquefatto è cresciuto molto nell’ultimo periodo. Nel 2021, il commercio mondiale di Gnl è stato infatti di 5.400 TWh, e le esportazioni si sono concentrate in Cina, Giappone e Corea del Sud.
Ma chi sono i principali esportatori di gas naturale liquefatto? Australia, Qatar e Stati Uniti. Una siffatta circostanza indica che, con ogni probabilità, il fabbisogno europeo di gas potrebbe venir soddisfatto da questi Paesi e, in particolare, dagli Usa.
Questi ultimi, non solo nel 2021 hanno aumentato le esportazioni di 340 TWh – record assoluto tra gli altri fornitori di Gnl – ma, secondo alcune stime, sono destinati a diventare il più grande produttore di Gnl entro la fine di quest’anno.
In siffatto contesto, in cui le decisioni geopolitiche possono rapidamente alterare gli equilibri tra domanda e offerta, ridurre la domanda e individuare un nuovo partner commerciale non è sufficiente.
Occorre, infatti mettere in campo politiche economiche idonee ad arginare il rincaro dei prezzi. Secondo Bruegel, infatti, l’iniezione di circa 700 TWh negli stoccaggi dell’Ue prima del prossimo inverno sarà un esercizio costoso. A prezzi correnti questo costerebbe almeno 70 miliardi di euro, rispetto ai 12 miliardi di euro degli anni precedenti.
Questa sfida, che si muove sul piano normativo e regolamentare, è tra quelle più complesse. Perché la situazione economica di ogni paese europeo è diversa: ci sono paesi più floridi e paesi più compromessi economicamente. Inoltre, anche sul piano della fornitura di gas, ci sono (e ci saranno) paesi meno colpiti dalla riduzione della dipendenza russa e paesi, invece, che dovranno affrontare più sacrifici.
Su questo campo, pertanto, si gioca una sfida importante dell’Europa, che può segnare il passo verso una maggiore integrazione tra paesi o, al contrario, che può portare verso maggiori fragilità e disparità economico-sociali.
I singoli Stati però hanno già messo in campo, a livello domestico, alcune misure volte a contenere il rincaro energetico registrato nell’ultimo trimestre e affrontare l’aumento dei prezzi che, parimenti, si profila all’orizzonte.
Sul punto, è interessante leggere i risultati restituiti da un recente studio dell’Osservatorio dei Conti Pubblici dell’Università Cattolica di Milano.
Da alcune analisi emerge che il sussidio maggiore è stato stanziato da Francia e Italia, seguite da Spagna, Paesi Bassi e, ancora dietro, dalla Germania.
Più in particolare, la Francia ha stanziato quasi 20 miliardi tra il quarto trimestre del 2021 e il 2022; l’Italia 14,8 miliardi di euro a partire dall’ottobre 2021 per far fronte all’incremento di prezzo dell’energia elettrica, prevedendo altre misure nella legge di Bilancio 2022. La Spagna ha stanziato contro il rincaro energetico 5,3 miliardi di euro tra settembre 2021 ed aprile 2022. La Germania ha stanziato 8,7 miliardi per il 2022.