I family office, società di gestione patrimoniale che curano gli interessi di famiglie particolarmente facoltose, sono da sempre più propense a cogliere le opportunità degli investimenti “alternativi”. Dalle criptovalute, all’immobiliare, al private equity. Investire in società non quotate evitando i fondi specializzati non sembra certo la soluzione più semplice, ma il 63% dei family office globali e l’83% in Europa opta proprio per l’investimento diretto preferendo il possesso delle azioni “in prima persona”.
Fra le ragioni più ovvie, il costo: i fondi private equity caricano commissioni fra le più elevate e, se l’investimento diretto (o direct investing) va a buon fine, il rapporto fra rischi e “ricompense” può rivelarsi particolarmente favorevole. Gli investimenti diretti, al momento, costituiscono il 37% di tutta la componente del portafoglio dedicata al private equity gestito dai family office (in Europa al 40%), con un controvalore medio di 19 milioni di dollari (che tende a crescere con le dimensioni del family office stesso). Inoltre, più della metà di queste società dedicate agli ultra-ricchi dichiarano apertamente di voler evitare manager di private equity più grossi.
E’ quanto si apprende dall’ultimo Family office direct investing report, realizzato dalla società legale Dentons, nel quale sono stati raggiunti 188 family office in 32 Paesi in tutti i continenti.
Non quotati e felici
L’attrattiva dei mercati privati, ossia non quotati, continua ad essere forte fra i family office: a livello globale, il 60% di queste società ritiene che vi risiedano ora le migliori opportunità, percentuale che sale al 72% in Nord America. Secondo Jamie Wildman, partner e merchant banking presso William Blair, la minore reattività delle valutazioni delle società non quotate all’andamento del mercato rende particolarmente attrattivo il private equity in questa fase perché i family officer “sembreranno bravi mettendo più uova in un paniere privato che non si muove”.
Ma perché puntare sul private equity evitando di ricorrere ai fondi specializzati proprio in questo settore? “La possibilità di effettuare investimenti diretti può essere molto interessante per i membri della famiglia e per chi gestisce i portafogli di investimento dei family office”, afferma il rapporto, “può significare investire in settori legati alle attività di creazione di ricchezza dei membri della famiglia o in aree in cui essi hanno sviluppato un interesse particolare”. Inoltre, “molti family office perseguono gli investimenti diretti con l’obiettivo di aumentare i rendimenti evitando le commissioni di gestione e i carried interest degli investimenti in fondi, oltre a sostenere l’interesse della famiglia ad avere maggiore influenza, trasparenza o controllo sui propri investimenti, anche perseguendo determinati settori e tipi di società”.
“Il direct investing è particolarmente interessante per le famiglie high net worth e per i family office che ne gestiscono i portafogli di investimento, non soltanto per ragioni economiche (si pensi, per esempio, all’abbattimento delle management fees e degli altri costi di struttura) ma anche – e soprattutto, stante l’assenza di vincoli regolamentari legati ai veicoli funzionali all’impiego del risparmio gestito – per la possibilità di scegliere investimenti in aree legate alle attività di creazione di ricchezza dei singoli membri della famiglia, ovvero in aree di business in cui la famiglia ha sviluppato un particolare interesse o per le quali ha una spiccata propensione: i valori, la “mission” e la “vision” della famiglia, in ragione dei quali quest’ultima desidera distinguersi, riescono in tal modo a tradursi in asset tangibili e riconoscibili nel contesto sociale in cui essa opera”, ha dichiarato a We Wealth Maria Paola Serra, managing counsel di Dentons, “il direct investing, inoltre, risponde all’esigenza, sempre più sentita dalle famiglie imprenditoriali, di avere maggiore influenza, trasparenza e controllo sui propri investimenti”.
I settori preferiti per il direct investing, a livello globale, sono quello sanitario e delle tecnologie digitali, con preferenze superiori al 60%. In Europa molto più che altrove, poi, spicca l’interesse per l’investimento diretto in startup e investimenti dal positivo impatto sociale o ambientale (64%).
Direct investing, non tutte sono rose
Le complessità di investire direttamente su proprietà o società non quotate, dunque meno liquide e trasparenti, non mancano. “Gli investimenti diretti”, afferma Dentons, “possono essere complessi, illiquidi e rischiosi, senza alcuna garanzia di sovraperformance rispetto ai fondi o ai titoli pubblici, e richiedono risorse di gestione qualificate per avere successo”. Le maggiori difficoltà riportate dagli stessi intervistati sono l’assunzione di un rischio operativo eccessivo (45%), la ricerca di un flusso di operazioni di alta qualità (43%), il controllo delle opzioni di uscita (42%) e la ricerca di tempo sufficiente per un’adeguata due diligence (41%).
Il gioco vale la candela? La maggioranza dei family office sembra esserne convinto, citando fra i punti a favore la possibilità di uscire quando e come si vuole dall’investimento (84%), di esercitare influenza o controllo sull’azienda (81%), tanto che il 45% degli intervistati ritiene importante acquisire una quota di controllo. Il già citato risparmio sui costi delle tariffe dei fondi di private equity è rilevante per il 67% dei family office, mentre il 63% ritiene importante la possibilità di evitare i carried interest (una sorta di commissione di performance).
Direct investing, il trend in Italia
“Il direct investing da parte dei family office italiani è un fenomeno senza dubbio in crescita”, ha aggiunto Serra, “tuttavia, presupponendo una maggiore sofisticazione nelle strategie di investimento, è al momento principalmente riscontrabile tra i family office più strutturati che affiancano famiglie imprenditoriali con una governance strategica ben definita e condivisa, la disponibilità ad avere ritorni economici nel lungo periodo e l’intenzione di innescare una sorta di patto sociale orizzontale generazionale su base volontaria avente come fulcro una politica di investimento allineata ai valori familiari”.