Ogni azienda potrà autonomamente organizzare i controlli, individuando con un atto formale i soggetti incaricati dell’accertamento delle violazioni
Per i datori di lavoro che non effettueranno le verifiche, si parla di una sanzione amministrativa compresa tra i 400 e i 1.000 euro
I controlli
Stando a quanto precisato nelle faq preparate da Palazzo Chigi, ogni azienda potrà autonomamente organizzare i controlli, definendo le modalità operative, prevedendo “prioritariamente, ove possibile, che siano effettuati al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro” e “individuando con atto formale i soggetti incaricati dell’accertamento delle violazioni”. Le verifiche, inoltre, potranno effettuarsi anche successivamente a tappeto o a campione coinvolgendo almeno il 20% del personale in servizio (a rotazione). L’ultimo dpcm firmato dal premier Mario Draghi il 12 ottobre è intervenuto a fornire ai datori di lavoro gli strumenti informatici disponibili. I controlli, si legge sul sito del governo, potranno svolgersi infatti attraverso l’app “VerificaC19” oppure attraverso altre quattro modalità:
- l’integrazione del sistema di lettura e verifica del QR code del certificato verde nei sistemi di controllo agli accessi fisici, compresi quelli di rilevazione delle presenze o della temperatura;
- per gli enti pubblici aderenti alla piattaforma NoiPA, realizzata dal ministero dell’Economia e delle finanze, l’interazione asincrona tra la stessa e la piattaforma nazionale-DGC;
- per i datori di lavoro con oltre 50 dipendenti, sia privati che pubblici e non aderenti a NoiPA, l’interazione asincrona tra il portale Inps e la piattaforma nazionale-DGC;
- per le amministrazioni pubbliche con almeno 1.000 dipendenti, anche con uffici di servizio in più sedi fisiche, un’interoperabilità applicativa in modalità asincrona tra i sistemi operativi di gestione del personale e la piattaforma nazionale-DGC.
Tali controlli, inoltre, potranno essere effettuati anche con anticipo rispetto al momento dell’ingresso in sede del lavoratore. E per rispondere a specifiche esigenze organizzative, i lavoratori saranno “tenuti a rendere le comunicazioni relative al mancato possesso del green pass con il preavviso necessario al datore di lavoro”. Per scongiurare code o assembramenti, gli imprenditori potranno infine concedere una maggiore flessibilità ai dipendenti rispetto agli orari di ingresso e di uscita dagli uffici. Stando a quanto chiarito dal Garante per la protezione dei dati personali, l’attività di verifica “non dovrà comportare la raccolta di dati dell’interessato in qualunque forma, a eccezione di quelli strettamente necessari, in ambito lavorativo, all’applicazione delle misure derivanti dal mancato possesso della certificazione”.
Le sanzioni
I lavoratori che saranno sprovvisti di green pass saranno infatti considerati assenti ingiustificati e scatterà, fin dal primo giorno, la sospensione dello stipendio (e di qualsiasi altra componente della retribuzione, anche di natura previdenziale) fino alla messa in regola. Qualora si tratti di aziende con meno di 15 dipendenti, al quinto giorno di assenza ingiustificata il datore di lavoro potrà sospendere il dipendente “per la durata corrispondente a quella del contratto di lavoro stipulato per la sostituzione”, spiega Palazzo Chigi, e in ogni caso per un periodo non superiore a 10 giorni “rinnovabili per una sola volta”. A quel punto, gli imprenditori dovranno segnalare il caso alla Prefettura per l’applicazione della sanzione amministrativa, che va dai 600 ai 1.500 euro. I giorni di assenza non concorreranno “alla maturazione delle ferie” e determineranno anche la “perdita della relativa anzianità di servizio”. Quanto ai datori di lavoro che non effettueranno le opportune verifiche, si parla invece di una sanzione amministrativa tra i 400 e i 1.000 euro.