Gli asset in gestione presso le reti sono notevolmente cresciuti: da 198 miliardi nel 2008 ai 745 miliardi del 30 giugno 2021 (dati Assoreti)
È lecito pensare che l’aspetto dimensionale, quindi la realizzazione di accorpamenti tra banche, sia un passaggio obbligato per dare vita al comparto bancario nazionale del futuro
“È lecito pensare, come auspicato in alcune dichiarazioni dal ministro del Mef, Daniele Franco, e dallo stesso premier Mario Draghi – ha detto Primanni – che l’aspetto dimensionale, quindi la realizzazione di accorpamenti tra banche sia un passaggio obbligato per dare vita al comparto bancario nazionale del futuro”.
Primanni, secondo lei, nel mondo delle reti, un mercato concentrato stimola la parcellizzazione?
A ben guardare il mondo delle banche reti, se da un lato sarà con molta probabilità oggetto anch’esso di processi di acquisizioni e fusioni, dall’altro (almeno nel breve termine), potrebbero generarsi paradossalmente anche spinte in controtendenza verso la parcellizzazione. Negli ultimi 10 anni, infatti, alla crescita complessiva della dimensione del mercato delle reti ha corrisposto il mantenimento di un elevato grado di concentrazione, ma anche la nascita di diversi nuovi player. Gli asset in gestione presso le reti sono notevolmente cresciuti: da 198 miliardi nel 2008 ai 745 miliardi del 30 giugno 2021 (dati Assoreti), ma la concentrazione è rimasta pressoché stabile. I primi cinque operatori (in ordine per total asset al 30 giugno 2021: Fideuram, Mediolanum, Fineco, Generali, Allianz) che 10 anni fa detenevano l’80% del patrimonio gestito dalle reti, lo conservano tuttora, e ciò anche tenendo conto dell’acquisizione di IWBank da parte di Fideuram. Nel frattempo, sono nati e si sono sviluppati nuovi operatori che sono diventati significativi, come per esempio, CheBanca! (468 consulenti) e Bnl Life Banker (539 consulenti).
La domanda di specializzazione avrà un effetto emulativo nel settore finanziario e porterà alla nascita di nuovi player?
Se è vero che gli italiani, in particolare le giovani generazioni, saranno sempre più informati e con maggiore consapevolezza ed esigenza di migliorare la gestione dei loro investimenti e che questo favorirà una ulteriore crescita dei principali operatori del mercato (la dimensione facilita gli investimenti necessari a supportare il processo di trasformazione digitale e di aumento della qualità del servizio), d’altro canto è ragionevole attendersi che ci sarà una sempre maggiore domanda di operatori specializzati e indipendenti. La nascita e l’affermazione di nuovi player già avvenuta con successo nell’ultimo decennio potrebbe poi stimolare un effetto emulativo che porterà alla comparsa di nuovi attori, che spingeranno verso un incremento del livello di parcellizzazione del mercato. Gli spazi di mercato non mancheranno: nei 16 mesi dall’inizio della pandemia fino a giugno (dati Banca d’Italia) i depositi liquidi delle aziende Italiane sono cresciuti di 90 miliardi di euro, un aumento record del 30%, ciò perché le imprese sono state “ristorate” (Governo Conte) e “sostenute” (Governo Draghi) dallo Stato. Allo stesso modo, nei medesimi 16 mesi, la ricchezza liquida delle famiglie è salita del 7,7% fino a superare la quota di 1.139 miliardi.
In questo riassetto del settore finanziario, che ruolo avranno le assicurazioni?
Anche il cambio di governance delle reti cui abbiamo assistito con la recente operazione che ha avuto a oggetto la rete ex Deutsche Bank Financial Advisors (Dbfa), e che potremmo osservare ancora nel futuro, potrebbe contribuire ulteriormente verso la differenziazione del settore. Abbiamo visto il passaggio dalle reti propaggine delle banche commerciali (Fideuram, CheBanca!, Banca Euromobiliare, Bnl-Bnp Paribas Life Banker, Widiba) all’affermazione di organizzazioni autonome e quotate (Mediolanum, Fineco e Azimut), a quelle controllate da gruppi assicurativi (Allianz, Banca Generali, Dbfa neo acquisita da Zurich). Alcuni osservatori, va detto per completezza, non escludono che anche Unipol, malgrado la non soddisfacente esperienza di Unipol Banca, nel futuro possa tornare a dotarsi di una propria rete di consulenti finanziari, magari collocata presso una delle sue banche partecipate (es. Bper e Sondrio). Tali dinamiche – che riflettono la sovrapposizione tra i business di banche e assicurazioni – dimostrano che c’è spazio anche per nuovi operatori, il che andrebbe verso la ulteriore parcellizzazione del comparto. Il rischio da evitare tuttavia è considerare la rete solo una semplice emanazione dell’impresa originaria. Ciò che invece serve è lo sviluppo di un modello di business consulente-centrico, fatto di una propria identità strategica, di un proprio modello organizzativo tipico delle banche specializzate, e da ultimo di un’adeguata dotazione di competenze, processi e supporti strumentali, che solo gli addetti ai lavori sono in grado di approntare e manutenere nel tempo.